DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DI STUDIO SUL TEMA:
«I CATTOLICI E LA VITA INTERNAZIONALE»
Mercoledì, 16 luglio 1952
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Vi diamo volentieri il benvenuto, diletti figli e figlie, che in questi giorni vi siete dedicati allo studio del problema « I cattolici e la vita internazionale ».
A tale riguardo si è già molto parlato e discusso nel campo teorico e in quello pratico. Noi stessi, ripetute volte, — quando cioè si sono adunati intorno a Noi i partecipanti a Congressi, diretti a promuovere la unificazione europea e il ravvicinamento degli Stati in una più alta unità culturale e politica —, abbiamo manifestato il Nostro pensiero su tale questione. Perciò in questa Udienza generale non possiamo che restringerCi a qualche breve osservazione.
La unificazione internazionale fa notevoli progressi, nonostante i non facili e non prontamente superabili ostacoli psicologici. Poichè la tecnica, la economia, la politica, la necessità di una comune difesa urgono e sembrano potere e volere conseguire il loro scopo. Alla Chiesa e ai cattolici dei diversi Paesi è con ciò stesso commesso un ufficio, che richiede vigile attenzione e seria premura.
I cattolici sono in primo luogo straordinariamente atti a collaborare per creare un’atmosfera, senza la quale una comune azione internazionale non può avere né consistenza né prospero incremento. È l’atmosfera della mutua comprensione, i cui elementi fondamentali possono essere così indicati: reciproco rispetto, vicendevole lealtà, che riconosce onestamente agli altri gli stessi diritti, che si esigono per sé stessi, disposizione alla benevolenza verso i figli degli altri popoli, come verso fratelli e sorelle.
I cattolici di tutto il mondo dovrebbero propriamente vivere sempre in questa atmosfera. Essi stessi sono uniti in tutta la ricchezza della loro fede, e quindi in ciò che vi è per l’uomo di più alto, di più intimo e di più dominante, non meno che per le irradiazioni della loro fede nella vita sociale e culturale. I cattolici sono altresì educati fin dalla fanciullezza a considerare tutti gli uomini, di qualsiasi zona, nazione e colore, come creature e immagini di Dio, come redenti da Cristo e chiamati agli eterni destini, a pregare per loro e ad amarli. Non vi è nessun altro gruppo umano che presenti così favorevoli presupposti, in larghezza e in profondità, per la intesa internazionale.
Con ciò stesso naturalmente grava anche sui cattolici una grande responsabilità: debbono cioè innanzi tutto sentirsi chiamati a superare e vincere tutte le strettezze nazionali e a cercare un vero fraterno incontro tra Nazione e Nazione.
Abbiamo già altra volta osservato quanto sia necessario, se non si vuole intossicare ogni mutuo avvicinamento, un rispettoso riserbo e riguardo verso le sane particolarità culturali dei singoli popoli. Ora vorremmo aggiungere: Noi temiamo che ogni civiltà, la quale aspiri bensì a conservare i buoni effetti terreni — e sono in verità non pochi — della antica civiltà cristiana, ma che rifiuti, apertamente o larvatamente, il senso proprio di questa, è irrimediabilmente destinata a cadere vittima degli assalti del materialismo. Voi conoscete gli sforzi che si compiono per formare una cultura europea, di carattere, di spirito, di anima, non cristiana. Voi, figli della Chiesa — e non siete in Europa davvero né pochi né deboli —, avete il santo dovere di opporvi a tali tendenze. Voi renderete all’Europa futura il più segnalato servigio, se riuscirete a far sì che la genuina cultura cristiana, basata sulla fede cattolica, trovi dappertutto il rispetto delle sue libertà e delle sue facoltà, o almeno un pienamente riconosciuto diritto di cittadinanza.
Tali siano i vostri sforzi e le vostre inconfondibili speranze!
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