Con “Tornare umani” (Edizioni Solferino, pp.280 € 17,50), Susanna Tamaro ha ripercorso, attraverso 34 brevi capitoli e tre vite esemplari in appendice, il periodo della pandemia Covid 19 con tutte le ripercussioni sul piano sociale che ha portato, auspicando il ritorno a una riflessione pacata su quanto è avvenuto dal gennaio 2020 fino ai nostri giorni.
Il significato dell’angelicare
Come ha sottolineato l’autrice fin dai primi capitoli, per poter interpretare al meglio il significato storico del vaccino, dall’antipolio all’antitetano all’antivaiolo, solo per fare alcuni riferimenti, è necessario rendersi conto che il mondo sempre più insalubre in cui viviamo (dal maneggiamento dei bancomat all’uso del Pos sino al carrello del supermercato), contrassegnato da una fastidiosa ingerenza della cosiddetta “civiltà elettronica”, permette di angelicare, ossia leggere la realtà attraverso la lente del bene o della visione realistica; purché si guardi, osserva sempre la Tamaro, senza infingimenti, da una postazione come la sua: “Sono un’appassionata naturalista, vivo in una casa circondata dai boschi”. Questo presupposto “angelicamento” non solo manifesta il disincanto del mondo, ma rileva quella che la Tamaro chiama “scimmietà”, ovvero l’annullamento della capacità di analisi e di riflessione della persona umana. Se è vero che tutto il vivente è sotto il segno della relazione e della comunicazione, è altrettanto vero che le stesse relazioni possono essere apportatrici di virus.
La tristezza
Dal quarto capitolo l’autrice inserisce nel titolo un ideogramma cinese, non solo per la manifesta familiarità con il mondo della Cina, attestata dalla pratica di arti marziali, dall’assistenza medica di un medico cinese, ma soprattutto dall’insegnamento della sua maestra, Hong Hing, di calligrafia cinese, ma anche per una visione alternativa ai valori dell’Occidente. Tale contesto culturale orientale è importante per poter collocare la critica che la Tamaro riserva al mondo occidentale: “Il virus si è abbattuto sulla nostra società gaudente e, in pochi mesi, l’ha trasformata in un mucchio di rovine (…) si è insinuato in una società inseguita da una muta di veltri ululanti – il veltro dell’apparenza, del successo, della competizione sfrenata (…) in pochi decenni la società degli umani è stata trasformata nella società degli squali”. Le osservazioni critiche che Susanna Tamaro riserverà nel libro al mondo occidentale (dalla gestione pandemica alla finanza), anche se talvolta fondate e obiettive, non possono prescindere da questa sua particolare visione “orientaleggiante” delle cose. Da questi elementi, sovente ripetuti nel libro, non si può prescindere e pertanto, a mio avviso, il suo orientamento è ben lontano dalla concezione cristiana della vita.
Ubique daemon
Non posso nascondere una cocente delusione, a proposito di questo saggio della Tamaro, non solamente per le cadute contradditorie che esplicita, come l’assunzione di un titolo, nel settimo capitolo, in cui si evoca la presenza in ogni luogo del demonio dopo aver asserito una manifesta estraneità nell’ambito trattato: “La teologia non è il mio campo”. Ma, soprattutto, per le superficiali incongruenze di cui è infarcito il libro, testimoniate da alcune frasi qua e là disseminate, come: “Appena è stato disponibile ho subito scaricato l’app Immuni (…) sono una devota della mascherina e continuerò a usarla nei luoghi affollati (…) anche da noi c’è stato un tentativo scientifico di confinamento, quello che abbiamo visto attuare a Vo’ Euganeo dal professor Andrea Crisanti e dall’intelligente linea del presidente della regione Luca Zaia”.
Infodemia
Il termine “infodemia” (che dà il titolo a un altro capitolo del libro) sintetizza due termini: primo, la massa di informazioni (info) cui siamo sottoposti e, secondo, la pandemia (demia) in cui ci hanno massacrati quotidianamente durante il Covid 19. La paura della morte non ha tuttavia aperto un orizzonte religioso-metafisico cui collocare la visione pandemica, ma ha, tutt’al più, lambito qualche riflessione di natura etica, come espresso nel testo dalla Tamaro, dando l’opportunità di stilare delle regole e prescrizioni di carattere igienico e sentimentale: “Nutrirsi bene: frutta, verdura in abbondanza (…) non fumare, non eccedere nel bere alcolici (…) cercare di stare il più possibile in un habitat naturale, a contatto con prati e alberi. Non covare ostilità nel proprio cuore ed essere aperti verso gli altri”. Non mancano nel libro difese strenue del povero pangolino, della biodiversità nel mondo, dell’energia pulita, come ha sottolineato l’autrice riguardo le sue convinzioni personali: “Già da vent’anni la mia casa è alimentata a energia solare, riciclo tutto ciò che posso, non sperpero, non viaggio da anni in aereo, ho l’orto, il frutteto, le galline ovaiole, le api”. Le preoccupazioni di Susanna Tamaro e del suo impellente appello al “tornare umani” non rimandano tanto alla prospettiva della salvezza cristiana dell’anima, ma piuttosto a una dimensione orizzontale di rispetto della creatura umana, dell’ambiente, riassunta nella frase: “Sono passata sulla Terra e l’ho danneggiata il meno possibile!”.
Conclusioni
Confesso la grande delusione dopo aver letto questo libro e non condivido le analisi esposte da Susanna Tamaro, in quanto rispecchianti la dimensione in cui si colloca l’autrice: “Il “qui e ora” è la dimensione in cui amo vivere”. Il fatto, ribadito dalla scrittrice, di non provare grande trasporto per le opinioni che appassionano la gran parte degli esseri umani è un’ulteriore contraddizione di chi, come lei, vorrebbe occuparsi delle vicende dell’umanità senza considerare il vissuto, spesso sofferto, di ogni singola persona. Non mancano condivisibili affermazioni, come ad esempio quella dell’assordante silenzio dei sindacati durante il periodo Covid in cui vigeva l’aut aut: “O il vaccino o il lavoro” o la richiesta di perdono da parte delle istituzioni e dai media che ci hanno quotidianamente lacerato, per non parlare della deriva transumana che la Tamaro ha correttamente percepito. Quel che rimane dopo la lettura del volume della Tamaro è un sapore amaro poiché, nonostante qualche felice intuizione sotto la patina superficiale della denuncia, si scorge una visione orizzontale e deprimente della vita umana. Visione rinvenibile in frasi come queste: “Il racconto della Creazione presente nella Bibbia si trasforma in una narrazione a cui più nessuna persona che si considera razionale è in grado di credere (…) Come facciamo a essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio, se altro non siamo che cugini delle scimmie?”.
2 commenti su “Va dove ti portano Zaia & Crisanti. A proposito dell’ultimo, perdibile, libro di Susanna Tamaro sulla pandemia”
Susanna Tamaro: “Come facciamo a essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio, se altro non siamo che cugini delle scimmie?”.
Cugini delle scimmie, gentile Tamaro, NON furono né Adamo né Eva. Lo fu – a causa della disubbidienza di Adamo – il “suo” primogenito Caino, ma NON lo fu il “loro” secondogenito Seth. Tutti e quattro fuori dall’Eden, iniziano due filoni procreativi: uno che fa capo allo scimmiesco Caino il quale, in assenza di una femmina scimmiesca, procrea con una femmina di sembianza divina dando così inizio ad una sorta di redenzione procreativa senza averne contezza. L’altro filone procreativo che fa capo ad Adamo avviene, questa volta, con una femmina di divina sembianza dando così inizio a quel filone procreativo divino come Dio Creatore intese che fosse.
Avvenne che, tanto tempo dopo, – racconta la Bibbia – che gli uomini del filone divino osservarono che le femmine facenti capo al filone di Caino – in forza della loro appartenenza divina – erano diventate assai belle e desiderabili e con esse si accoppiarono. Con quest’altro ulteriore errore si perdette l’originaria purezza divina, entrambi i filoni diventando impuri.
Interviene a questo punto il Creatore con la Sua decisione di umanizzare il Suo unico Figlio Gesù senza che questo processo subisse la perdita della purezza divina originaria: da qui la scelta di una particolare ragazza allo stato verginale che – per intervento dello Spirito Santo – concepisce e mette alla luce il Bambino Gesù, Colui che con la Sua morte riscatta dal peccato originario tutti gli Umani che – con l’esercizio del loro libero arbitrio – decidono di accettare di essere riammessi nell’originario Eden, Anima e Corpo così come Adamo ed Eva lo furono.
Come vede, gentile Susanna Tamaro, la presenza nella nostra specie Umana della somiglianza scimmiesca non ha nulla a che fare con l’originario progetto di Dio, ma solo ed esclusivamente all’errore di Adamo di non ubbidire alla Sua raccomandazione che, solo immaginativamente, viene espressa con il non mangiare dall’albero della conoscenza del male e del bene. Noi Umani siamo di fatto le sole creature – uniche nella creazione – che congiungono la materialità animale alla spiritualità Divina attraverso il nostro essere, al contempo, e materia in forza del nostro Corpo e spirito in forza della nostra Anima. E siamo anche “eterni”, come lo sono tutti gli Spiriti dell’Universo, il nostro Supremo Creatore compreso!
Certo, tutto ciò che è umano è perdibile. Ma Susanna Tamaro ha un pregio, quello di dire quello che pensa e di riconoscere eventuali errori. L’onestà intellettuale ormai è merce rara per cui, nel caso dei vaccini e dell’obbligo vaccinale, mi sembra che ne abbia riconosciuto la libertà di scelta di fronte alle imposizioni del NOM. Se poi ha delle posizioni che sfiorano il panteismo si confronterà con chi ritiene che solo ‘Cristo è l’unico salvatore del mondo’, convincimento che non credo le sia estraneo.