“UNO DI NOI”. EVITIAMO GLI EQUIVOCI – di Marisa Orecchia

di Marisa Orecchia (*)

 


1dnMi  giungono  dai Centri di aiuto alla vita e dai Movimenti per la vita   aderenti a Federvita Piemonte domande  sull’iniziativa Uno di Noi, lanciata  dal Movimento per la Vita italiano e sottoscritta in questi giorni da gran parte  dell’associazionismo cattolico.

Le domande riguardano non tanto l’opportunità  di apporre la propria firma, come singoli,  quanto quella  di attivarsi  per la raccolta  di firme, come   associazioni pro life.

Domande legittime, vista  la situazione  delle associazioni piemontesi appartenenti  a Federvita,  alcune  delle quali espulse  dal MpV nazionale,   e tutte   ostracizzate  a causa della   vicinanza dei loro  aderenti al Comitato Verità e Vita.

So bene tuttavia che le domande   che mi sono rivolte  appartengono alla categoria delle domande retoriche.  Tutti  infatti,  come sempre, anche per la campagna Uno di Noi, si impegneranno. Ci  vuol ben altro che l’anatema  di Casini  per scoraggiare un vero pro life.

E allora firmiamo e facciamo firmare, anche se non possiamo nasconderci  alcune perplessità.

Non tanto per l’incertezza del risultato. Le battaglie per la vita vanno fatte, sempre, a prescindere da quelli che  possono  o sembrano essere i   risultati immediati.

Che tuttavia il risultato possa  apparire un po’ aleatorio  lo scrive lo stesso  presidente del MpV sul   mensile Sì alla Vita  del  Maggio 2012 “ Naturalmente non sappiamo se, una volta raccolte le adesioni,  otterremo i provvedimenti  richiesti. La nostra speranza è concreta.  Ma, in ogni caso, se l’iniziativa avrà una straordinaria partecipazione di popolo, vi sarà già una vittoria sicura   per l’effetto  educativo derivante  dall’occasione di parlare in tutta Europa del più fragile degli umani come ”uno di noi” e perché finalmente dovrà essere ascoltata in Europa la voce di chi non ha voce” (pag. 16).

L’articolo 11 del Trattato di Lisbona, da cui prende  avvio  questa   petizione,  non prevede infatti  per le Istituzioni europee l’obbligo di attuare quanto richiesto  dalle firme raccolte,  in questo caso la cessazione delle sperimentazioni sugli embrioni  umani,  ma solo il compito  di organizzare un  dibattito nel merito.

Che  non è poco, ovviamente,  anche se questa Europa   che misconosce le radici cristiane,  che stigmatizza e minaccia  gli Stati  membri che  non assicurano  libertà di aborto, che  cofinanzia  congruamente   le politiche  antivita dell’UMPFA, che  spinge a favore del riconoscimento  e del matrimonio delle coppie omosessuali  e quindi della disgregazione della famiglia,  lascia ben poco a sperare  sull’esito di un serio e pubblico dibattito  sul rispetto dell’embrione umano.

Ma non è questo il punto.

Il punto è che un  vero movimento pro life non mette in atto  un grande schieramento di popolo e di associazioni  per chiedere  la cessazione delle sperimentazioni sull’embrione umano.

Un  vero Movimento pro life  non  può limitarsi a chiedere la cessazione delle sperimentazioni.

Deve chiedere la cessazione della produzione di embrioni umani.

Perché è qui la ferita   inferta  all’umanità di  ciascuno di quegli embrioni: l’essere stati prodotti come oggetti, avviati all’impianto o  soprannumerari, destinati in  minima percentuale alla nascita, prodotti per  lo più per la morte.

Che siano usati per le sperimentazioni,  trattati come carne  da laboratorio, è solo uno  degli insulti, il più ripugnante forse, ma  proprio per questo  da tutti  immediatamente  percepibile, cui possono essere assoggettati.

E’ la fivet,  produzione di embrioni fuori del grembo materno,  la madre di tutte le ingiustizie che  l’embrione, una volta prodotto, è costretto a patire. La fivet in sé,  anche con tutti i paletti e i distinguo con cui  vogliono abituarci a  considerarla.

Certo, una battaglia contro al fivet è una battaglia immane, impopolare perché tocca interessi  consolidati, incompresa perche urta contro  il buonismo di  troppi – che male c’è a dare un figlio ad una coppia che lo desideri?- ma è una battaglia cui un  vero movimento per la vita non  dovrebbe sottrarsi.

E  invece, come al solito, assistiamo ad una piccola battaglia  di retroguardia.

Che al di là  dei risultati, che pure ci si augura che almeno in sede politica ci siano,  in campo educativo produrrà una  sorta di eterogenesi dei fini.   Sarà sì l’occasione di “ parlare  in tutta Europa  del più fragile tra gli umani come “uno di noi”,come  scrive Casini, ma   servirà  soprattutto  a consolidare l’ opinione, già  diffusa,  che   della fivet, cosa buona in sé, siano da riprovare solo alcuni  esiti  aberranti, quali la sperimentazione sugli embrioni.

 

(*) presidente Federvita Piemonte

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