UNA PROPOSTA. DIAMO IL NOBEL PER LA PACE 2013 A SATANA – di Roberto Dal Bosco

In una lieta e festosa atmosfera, il 10 dicembre 2012 è stato consegnato a Oslo il Premio Nobel per la Pace, assegnato quest’anno, come è noto, all’Unione Europea. Tutti contenti. In fondo, gli unici che non potevano gioire erano i milioni e milioni di bambini assassinati col crimine dell’aborto, spensieratamente difeso dalla UE. Oltre 5.000 bambini soppressi al giorno avrebbero fatto schiattare di invidia i vari Hitler, Stalin, Pol Pot, e simili compari in genocidi. Del resto, un bambino a che serve? Non va a votare, non guadagna (e quindi non può essere tassato) e non va a fare la spesa (e quindi non può essere un disciplinato consumatore). L’amico e collaboratore Roberto Dal Bosco ha scritto alcune riflessioni, che condividiamo in toto e che Vi proponiamo.

PD

 

UNA PROPOSTA. DIAMO IL NOBEL PER LA PACE 2013 A SATANA

di Roberto Dal Bosco


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Anche quest’anno i Nobel si sono prodotti nel loro consueto spettacolo di mostruosità ideologica e mediatica. Il premio più ambito del mondo (d’accordo, dopo l’Oscar, che però riguarda un mondo dorato ancora più lontano: solo al controverso Al Gore è stato concesso di vincerli entrambi) non riesce a trovare un anno in cui riesca a non rendersi equivoco o ridicolo. Quest’anno le critiche per il Nobel alla letteratura non sono mancate; hanno premiato Mo Yan, uno scrittore – autore del romanzo da cui il regista Zhang Yimou adattò lo stupendo Sorgo Rosso – che turba la anime belle occidentali, non essendo un cinese che odia il suo governo come il dissidente Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace 2010. Proprio il Nobel per la pace quest’anno fa virare l’intera faccenda verso la farsa spinta.

Dare il premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, che è corresponsabile dei massacri libici dell’anno passato (in particolare, hanno menato le mani francesi ed inglesi) pare uno scherzo di cattivo gusto, una deliberata presa per i fondelli del senso di realtà. L’Europa che dopo aver orridamente martoriato Gheddafi vuole invadere la Siria; l’Europa che in tempo di pax eurasiatica lascerebbe volentieri che gli Stati Uniti piazzassero nuovi missili americani ben puntati su Mosca; l’Europa incapace di risolvere le proprie contraddizioni economiche e criminali; l’Europa che avrebbe chiuso un occhio per una escalation della guerra in Georgia, l’Europa che è incapace di garantire pace e sviluppo alle sue ex colonie; l’Europa rimilitarizzata, rinuclearizzata, da strategie da nuova guerra fredda: questa Europa merita un premio della Pace? Non meriterebbe neanche se ad assegnare un premio non fosse il Comitato Nobel ma gli organizzatori della pesca di beneficenza di una sagra di paese.

Ciò detto, la vergognosa storia del Nobel non ha davvero limiti. Lo diedero a Kissinger, un uomo le cui mani grondano di sangue di tutti i tipi (sangue cileno, sangue di Timor… secondo la famiglia del presidente DC, gocciolano anche del sangue di Aldo Moro). Lo hanno dato ad Arafat ed al Dalai Lama. Poi, come da vecchia tecnica diabolica di mischiare il male con il bene per far perdere completamente la cognizione di quest’ultimo, lo hanno dato anche a Madre Teresa, che è forse l’unica che un premio di quella portata se lo meritava davvero: anche solo per il fatto che ebbe il coraggio di proclamare che la più grande minaccia alla pace mondiale si chiama aborto.

Il surreale Nobel ad Obama, un Nobel “preventivo” vinto non appena l’hawaiano-keniota era stato eletto, rafforzò il senso di (tragi)commedia dell’assurdo della cerimonia: Obama, infatti, stava preparando il cosiddetto Surge, ossia l’intensificazione dell’intervento militare nel buco nero dell’Afghanistan.

Sì, la vergogna del Nobel dura da moltissimo.

Prendiamo, per esempio, il tremendo Nobel per la letteratura 1906. Probabilmente, l’apice dell’infausta storia del concorsone scandinavo.

A vincerlo, primo italiano nella storia, fu tale Giosuè Carducci. Un personaggio di estrema mediocrità letteraria, le cui memorabili poesie («La nebbia agli irti colli/piovigginando sale») sono costante oggetto di parodia da parte dei poveri studenti obbligati a studiarselo in tutto il ciclo elementari-medie-superiori, un personaggio che è finito nella storia della letteratura, nella storia d’Italia, e soprattutto nella storia del premio più prestigioso per un motivo semplice semplice: Carducci era massone sino al midollo.

Gran Maestro del 33° grado di Rito Scozzese antico, il “poeta”, fondatore di diverse logge, era in ottimi rapporti con i ministri del Regno d’Italia (tutti massoni) e con il leggendario Ernesto Nathan, l’ebreo inglese fiancheggiatore di Mazzini, ultra-massone e anticlericale con la bava alla bocca, premiato per queste virtù con la poltrona di Sindaco di Roma dal 1907 al 1913.

Il Giosuè era uno che ci andava giù leggerino, come testimonia questo bel poema:


A te, de l’essere

Principio immenso,

Materia e spirito,

Ragione e senso


Mentre ne’ calici

Il vin scintilla

Sì come l’anima

Ne la pupilla;


(…)


A te disfrenasi

Il verso ardito,

Te invoco, o Satana,

Re del convito.


Via l’aspersorio,

Prete, e il tuo metro!

No, prete, Satana

Non torna in dietro!


Vedi: la ruggine

Rode a Michele

Il brando mistico,

Ed il fedele


Spennato arcangelo

Cade nel vano.

Ghiacciato è il fulmine

A Geova in mano.


Meteore pallide,

Pianeti spenti,

Piovono gli angeli

Da i firmamenti.


Ne la materia

Che mai non dorme,

Re dei i fenomeni,

Re de le forme,


Sol vive Satana.

Ei tien l’impero

Nel lampo tremulo

D’un occhio nero,


(…)


Tu spiri, o Satana,

Nel verso mio,

Se dal sen rompemi

Sfidando il dio


De’ rei pontefici,

De’ re cruenti;

E come fulmine

Scuoti le menti.


(…)


E splendi e folgora

Di fiamme cinto;

Materia, inalzati;

Satana ha vinto.


Un bello e orribile

Mostro si sferra,

Corre gli oceani,

Corre la terra:


Corusco e fumido

Come i vulcani,

I monti supera,

Divora i piani;


Sorvola i baratri;

Poi si nasconde

Per antri incogniti,

Per vie profonde;


Ed esce; e indomito

Di lido in lido

Come di turbine

Manda il suo grido,


Come di turbine

L’alito spande:

Ei passa, o popoli,

Satana il grande.


Passa benefico

Di loco in loco

Su l’infrenabile

Carro del foco.


Salute, o Satana,

O ribellione,

O forza vindice

De la ragione!


Sacri a te salgano

Gl’incensi e i voti!

Hai vinto il Geova

De i sacerdoti.


Questo inarrivabile capolavoro anticristiano si chiama Inno a Satana. Una lirica finalmente davvero satanista, senza infingimenti, da far invidia ai gruppetti di black-metal (il sottogenere musicale a più alto tasso di idee diaboliche, stranamente popolare, curioso, in Scandinavia). Queste stupende parole, fanno mostra di sincerità finanche nei testi adottati dalla Scuola pubblica italiana. Ricordo all’epoca quando, liceale, mi imbattei  in questo testo: mi chiesi, perché mai l’adolescente dovesse essere prono al cercare l’immaginario demoniaco (è una fase della vita in cui la pulsione a testare i limiti del proprio mondo si fa sentire… ) in film orrorifici e gruppi di heavy metal, quando nel noioso testo di Letteratura Italiana era presente un simile capolavoro di nichilismo demoniaco? Di anticristianismo netto e senza compromessi?

A nostro avviso, il Carducci è più lucido, più pericoloso di Nietzsche,  che è un altro “grande” pensatore entrato nella Scuola pubblica italica dopo anni di giusto ostracismo grazie all’oculato sdoganamento by Adelphi (con i Cacciari, i Severino, i Vattimo etc. in coda scodinzolanti). Nietzsche in fondo era solo uno sfigato che voleva fare l’esteta, senza avere carisma e neanche le finanze necessarie, tanto che finì pazzo a rotolarsi nei suoi stessi escrementi (un grande modello per i nostri studenti, eh). Nietzsche, oltre che un impolitico, era un impotente, quantomeno politicamente: Nietzsche non pranzava coi ministri e con i sindaci, Nietzsche non aveva influenza sulla rete di potere europea del suo tempo. Carducci sì.

Con probabilità, i contatti di Carducci a Roma, maturati tutti in loggia, arrivavano fino in Svezia e Norvegia. Altro motivo per premiare col Nobel un poeta da molti ritenuto mediocre non ve ne sono. E anche le motivazioni con cui gli diedero il Nobel tradiscono la simpatica voglia di eliminare le radici cristiane d’Europa – cioè, come noto, è quello che la UE vuole programmaticamente fare da anni, apertis verbis. Nel libro di Aldo A. Mola Giosué Carducci, scrittore, politico, massone si dice che: «Nel 1906 ebbe il premio Nobel per la letteratura perché dette voce a un ideale di validità universale: saldare la classicità greco-latina con l’Europa contemporanea». Unire l’antichità pagana e la contemporaneità (parentesi: lo possiamo considerare il sogno proibito del nazismo) significa dimenticarsi quello che vi è stato in mezzo: duemila anni di civiltà cristiana.

È davvero il piano sotto gli occhi di tutti: sradicare il cristianesimo dal continente (dal mondo), sostituirne le radici con altre radici. Greche, Romane, classiche, pagane, sataniche: qualsiasi cosa va bene purché sia usata in senso anticristiano.

Quando leggiamo che il belga Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo, sarà colui che probabilmente riceverà il premio a Oslo, le cose si chiariscono. Van Rompuy, che si dichiara cattolico ma è pro-aborto (bella lì!), frequentatore del Gruppo Bilderberg al quale si deve la sua fulminea ascesa dalla nullità al potere (è quanto sostengono europarlamentari birichini come Mario Borghezio e Nigel Farage), è in odore di massoneria da anni. Nello specifico, si parla della loggia Solvay, attinente al suo amico magnate del bicarbonato.

Vien da pensare che, 106 anni dopo, il network “europeo” che assegna i premi (e quest’anno pure li riceve…) sia lo stesso. Lo stesso – meravigliosamente ripreso e commentato da un recente contributo del sito effedieffe.com: “Kubrick ci aveva avvertito” – che emerge dalle indiscrezioni del processo contro Dominique Strauss-Kahn. Il quale, mega-satrapo del Partito Socialista Francese e presidente del Fondo Monetario Internazionale, faceva inenarrabili orge nei privé di Lione con gruppi di amici e le di loro mogli, le quali non sempre erano consenzienti (e a volte, al brutale sesso di branco, pare non fossero consenzienti neanche le escort assunte per la bisogna): l’accusa, a quanto è stato ricostruito dai giornali (delle istruttorie francesi non si hanno dati certi e non trapela quasi mai niente, pena denunce pesanti: la Francia è un paese serio), ha sostenuto che tutti i membri dei festini erotomani «si conoscevano tutti come membri della Massoneria francese». Sono gli stessi con le mani in pasta dappertutto, dal Fondo Monetario Internazionale (dove stava il porcellone e presunto stupratore par excellence, il DSK che a processo mette in soggezione la magistrata facendole capire che lei di libertinaggio non sa niente), all’Unione Europea. Soprattutto l’Unione Europea, che ha come epicentro quella che forse è la città più massonica d’Europa, Bruxelles (in realtà, se la gioca con Firenze). Un istituzione, quella Europea, su cui girano le voci più maledette. Come quella che vorrebbe che Marc Dutroux, il mostro di Marcinelle, fosse stato il pusher dei bambini che alcuni circoli eurotici utilizzerebbero come rito di iniziazione (e di perenne ricatto, del tipo: «se parli di quel che facciamo, ti mostriamo al mondo per quello che sei e che hai fatto qui a questo bambino»). Sono solo voci, rumors, chiaro. Ma il fatto che misteriosamente Dutroux sia riuscito a fuggire alla cattura – una volta persino dal cellulare della Polizia! – per poi continuare le sue pratiche assassine oltre ogni abominio, certo può permettere qualche sospetto sulle aderenze superiori del pedo-mostro.

A tutto questo ben di Dio, è andato il Nobel per la pace.

Insomma, il Nobel sempre là va a parare. Mettila come vuoi, ma sono sempre i cappuccetti a spuntarla, che tu te ne accorga o no.

Ecco dunque la nostra modesta proposta per il 2013. Una proposta per risparmiare tempo, e premiare finalmente il pezzo grosso della massoneria internazionale, ispiratore della maggior parte dei Nobel per la pace, cioè  il maestro del guerrafondaio Obama, l’amico dei pedofili dell’Unione Europea, il sicuro consigliori di Kissinger, il probabile suggeritore di tanta politica di Arafat e delle leggi abortiste del governo di Pechino, l’amicone del Dalai Lama nonché l’oggetto della sopracitata poesia di Carducci.

Credetemi, sapientoni scandinavi: risparmieremo tempo.

Noi diciamo: Nobel per la pace 2013 a Satana!

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