… Per quanto nella relazione di Kasper vi siano anche molti passaggi che, in sé, non pongono problema, non si può negare che ogni capoverso, ogni riga trasudino dell’idea di un innaturale dialogo tra i valori del mondo e la morale cristiana. Un cavallo di Troia penetrato nella cittadella cattolica, al tempo stesso, come fine e come mezzo.
di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro
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Un ospedale da campo in cui a malati, feriti e moribondi si dice che stanno bene così come sono. Di tornare al primitivo stato di salute neanche se ne parla e dei medicamenti, specialmente se sgradevoli al palato, men che meno. A voler mettere a frutto la metafora cara a papa Francesco ed entrata nell’immaginario collettivo cattolico a furor di media e di omelie, non si può definire diversamente il senso della relazione con cui il cardinale Walter Kasper ha aperto al concistoro sulla famiglia. Non ci possono essere dubbi quando dice “Dobbiamo però essere onesti e ammettere che tra la dottrina della chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani si è creato un abisso”: non ci sono dubbi perché tutto il suo ragionamento non è centrato sul recupero delle pecorelle fuggite dal gregge e sulle cause della fuga, ma sulla necessità di adeguarsi alla nuova situazione. Il pastore non solo deve sapere dell’odore delle sue pecore, ma soprattutto di quelle che se ne sono andate.
Che qualcosa di nuovo stia accadendo dentro la Chiesa è sottolineato dal clamore suscitato in tutto il mondo dallo scoop del Foglio che ha pubblicato lo scritto del cardinale. Può illudersi che tutto sia tranquillo solo chi mette sul bilancino le parti conservative e rassicuranti del discorso di Kasper illudendosi che siano almeno un milligrammo in più rispetto a quelle innovative e inquietanti. Come se una sola ombra di disordine non bastasse a turbare un ordine di origine celeste.
La notizia c’è, e non riguarda soltanto i giornali, i quali per loro natura rincorrono i bambini che mordono i cani invece dei cani che mordono i bambini. C’è anche per i fedeli di ogni ordine e grado e per ogni creatura razionale esistente sulla faccia della terra, perché la Chiesa deve, o dovrebbe, parlare a tutti gli uomini indistintamente testimoniando ovunque la stessa verità. E se i giornali fanno festa davanti al bambino che morde il cane per il semplice fatto che è accaduto qualcosa di nuovo, credenti, diversamente credenti, agnostici e atei devono capire se quel qualcosa sia buono o cattivo e non possono far festa a prescindere.
Basta fare la conta di chi festeggia e chi no per comprendere che il cardinale Kasper, citato nel primo Angelus di papa Francesco come “un teologo in gamba, un buon teologo” per il suo libro sulla “Misericordia”, questa volta ha dato un bel morso al cane. Ciò che emerge dalla sua relazione è il disegno di una Chiesa prossima ventura completamente liquida e sempre più ignara dei sacramenti. E non è un caso che il tracciato cominci in chiaroscuro dal matrimonio, così tentato e flagellato dalle concupiscenze più subdole e dunque così vulnerabile. Ma, al di là del merito, è prima di tutto il metodo a inquietare. Un misto di soggiacenza alle voglie del mondo e di desiderio di spalancare i battenti della cittadella all’assediante furioso. Bisogna replicare la strategia adottata durante il Vaticano II, dice pacificamente il cardinale: “Il Concilio, senza violare la tradizione dogmatica vincolante ha aperto le porte”. E’ la strategia che nasconde dietro un insignificante permanere della lettera il mutamento della prassi. Il modernista don Ernesto Buonaiuti l’aveva teorizzata in un vero e proprio protocollo: “Fino a oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma, fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro che devono essere riformati. Ecco il vero e infallibile metodo; ma è difficile. Hoc opus, hic labor (…) Il culto esteriore durerà come la gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice e liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato”.
Non è necessario attribuire al cardinale Kasper le stesse intenzioni di Buonaiuti. Altri tempi, altri sogni, altre teorie, che comunque conformano a propria immagine e somiglianza la prassi. Bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di ammettere che la pastorale, questo concetto talismano che oggi serve a giustificare ogni cedimento, è sempre figlia di una dottrina. E’ vero che, in omaggio alla deriva illuminista, spesso la prassi finisce per mangiarsi una dottrina non vigile. Ma è lecito chiedersi dove nasca una pastorale devastante se non nel grembo di una dottrina almeno in nuce problematica.
Per quanto nella relazione di Kasper vi siano anche molti passaggi che, in sé, non pongono problema, non si può negare che ogni capoverso, ogni riga trasudino dell’idea di un innaturale dialogo tra i valori del mondo e la morale cristiana. Un cavallo di Troia penetrato nella cittadella cattolica, al tempo stesso, come fine e come mezzo. L’uno e l’altro si sono saldati nel lavoro di distruzione dei concetti di natura e di persona che avevano caratterizzato la teologia fin dai suoi albori.
Il pensiero ormai dominante anche nella chiesa cattolica che soggiace al discorso del cardinale Kasper si trova anticipato da Enrico Chiavacci in una riga del “Dizionario enciclopedico di teologia morale” pubblicato nel 1973: “la vera natura umana è di non aver natura”. Da cui segue come corollario che la morale diviene autonoma dalla fondazione metafisica della natura umana e che l’amore, inteso solo sul piano naturale, diventa l’unica regola del comportamento umano.
“I nuovi moralisti, definiti da qualcuno ‘pornoteologi’” ha spiegato in proposito Roberto de Mattei “sostituivano alla oggettività della legge naturale, la ‘persona’, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’‘etica della situazione’. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita ‘funzione primaria di crescita personale’, anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui ‘ho bisogno dell’altro per essere me stesso’, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare”.
Nel 1966, la Conferenza episcopale francese produsse la “Documentation catholique” nella quale di “catholique” rimaneva solo il titolo e veniva sancita autorevolmente la fine della teologia classica. “All’indomani del Concilio” dicevano i vescovi francesi “la cristologia esige una speciale attenzione. Nell’ordine teologico, si tratta, ad esempio, della necessità di mantenere i concetti fondamentali di natura e di persona. A tale riguardo, la filosofia moderna pone nuovi problemi: l’accezione dei termini ‘natura’ e ‘persona’ per uno spirito filosofico è diversa da quella che era nel quinto secolo o nel tomismo. (…) Quali concetti della natura e della persona si debbono usare affinché possano esprimere, per i nostri contemporanei, la verità delle definizioni dogmatiche?”.
L’esito finale di tale premessa poteva essere solo l’impossibilità di accedere alla verità delle definizioni dogmatiche che i vescovi francesi dicevano pelosamente di avere ancora a cuore. L’attacco alla teologia del V secolo e al tomismo non era casuale poiché significava distruggere la definizione di persona formulata da Boezio poi ripresa, tra gli altri, da San Tommaso. “Persona” diceva Boezio “est rationalis naturae individua substantia”, “La persona è la sostanza individuale di una natura razionale”.
La relazione del cardinale Kasper è fatta di questa stoffa, buona per sventolare la bandiera bianca dentro la cittadella di Dio assediata. Dare per scontato che si debba ricorrere alle categorie del pensiero e del costume moderni significa omettere la mediazione necessaria di concetti e di un linguaggio “naturalmente” veri. La verità non è soltanto dogmatica e soprannaturale, così come la verità dei dogmi non è il solo punto fisso da mantenere dentro al pensiero cattolico. Esiste una verità “naturale” del linguaggio e dei concetti assolutamente indispensabile anche per fini unicamente religiosi. Per cui non è possibile intercambiare impunemente i concetti classici di natura e di persona con quelli moderni. Non si possono esprimere agli hegeliani le verità dei dogmi usando termini hegeliani, ai cartesiani usando termini cartesiani, ai kantiani usando termini kantiani, usando termini marxisti con i marxisti e via elencando. Perché la filosofia moderna è essenzialmente antinaturale e la Grazia opera sulla alla natura, non sull’antinatura.
Nel saggio “L’eresia del XX secolo”, Jean Madiran definisce questo fenomeno come una debacle teologica che “si basa sull’immaginario. E’ una mitologia. Non parte da una concezione falsa fra natura e grazia ma da un disconoscimento radicale dell’ordine naturale, il quale porta con sé anche un disconoscimento dell’ordine sovrannaturale. Non si fonda su un aspetto della realtà svalorizzandone o sfigurandone altri aspetti: essa si trova tutta intera fuori da ogni realtà, sta in un limbo ideologico verbale. Non disconosce la realtà naturale e non si inganna: la respinge, distoglie da essa le anime per indirizzarle altrove, verso il nulla”.
L’atto fondativo di tale azione, come prescritto nel protocollo Buonaiuti è l’aggressione al sacramento, ciò che nel mondo è segno del divino, della presenza di Dio tra gli uomini: ciò che, in definitiva, è principio e garanzia di ordine terreno poiché trasmette la Grazia proveniente dall’ordine divino. Dunque, l’obiettivo è quello di penetrare nella teologia cattolica e pervertirla fin nella radice.
I veri nodi che hanno imbrigliato la teologia cattolica e che lo hanno soffocato sono stati l’abolizione del peccato e la separazione tra fede e sacramenti. Il sacramento è, insieme, vincolo e mezzo per proteggere le creature dal peccare. Ecco qui il tema fondamentale, dimenticato e negletto: il peccato. Ecco lo scandalo, la vergogna senza la quale l’uomo è incomprensibile. Va bene il mistero pasquale, va bene la Resurrezione, va bene il trionfo della pietra rotolata. Ma non esiste alcuna garanzia che le nostre anime siano preservate dalla morte ineluttabile. Il peccato porta con sé il mistero della dannazione eterna.
Ed ecco qui spuntare nella storia, insieme all’incarnazione, il sacramento, il mistero che è nello stesso tempo fondamentale per salvare l’uomo dalla sua condizione di peccatore. Una chiesa senza sacramenti è semplicemente impensabile, una terra di nessuno, o se va bene un ospedale da campo, dove l’uomo si salva da sé.
La discussione in corso intorno alla riammissione delle coppie divorziate risposate è estenuante, per certi versi assurda. La vera domanda è molto più semplice: da che cosa l’uomo deve salvarsi? Ma da che cosa si deve salvare se si predica o si lascia intendere che l’inferno non esiste o, se esiste, è vuoto?
Cristo non si è fatto crocifiggere per salvare gli uomini dalla guerra, dalla povertà, dall’invidia, dal matrimonio andato male, dalla tristezza. Lo ha fatto per salvarli dalla dannazione eterna. E i sacramenti sono il mezzo per uscire da questa terribile malattia.
Il vecchio Catechismo di San Pio X spiegava che “I sacramenti sono segni efficaci della Grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificarci”. E poi che “sono efficaci della Grazia perché, con le loro parti che sono sensibili, significano o indicano quella Grazia invisibile che conferiscono; e ne sono segni efficaci perché significando la Grazia realmente la conferiscono”.
Quando portarono a Gesù un sordomuto supplicandolo perché gli imponesse le mani, Lui gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua, poi, levando gli occhi al cielo, sospirò e disse “Effatà” e l’uomo guarì. Gesù, che era Dio, avrebbe potuto ridare l’udito e la parola al sordomuto col semplice comando della sua volontà. Ma il contatto delle dita e della saliva significava e conferivano realmente la grazia della guarigione. Era l’immagine del sacramento, dell’irrompere della Grazia nella vita dell’uomo trasformando in rito le azioni e la materia quotidiana. La chiesa non potrà mai privarsene, pena la sua fine.
In un mondo privato dell’ancoraggio insieme carnale e spirituale dei sacramenti, il peccato non può più essere vinto perché non viene più riconosciuto e combattuto per quello che è. E l’uomo si perde, ognuno è nessuno e, come spiega Marshall McLuhan “il più grande statista potrebbe essere confuso con un lacché. In termini liturgici, la perdita dell’identità significa perdita della vocazione religiosa, e il permissivismo morale significa perdita del bisogno della Confessione. Laddove molti ricorrevano alla Confessione e relativamente pochi alla Comunione, ora pochissimi si confessano mentre molti ricorrono alla Comunione”.
Come diceva Gilbert Keith Chesterton, una chiesa siffatta può piacere al mondo, ma non gli fa alcun bene: “La Chiesa non può muoversi coi tempi; semplicemente perché i tempi non si muovono. La Chiesa può solo infangarsi coi tempi e corrompersi e puzzare coi tempi. (..) E la Chiesa ha il compito di salvare tutta la luce e la libertà che può essere salvata, resistere a quella forza del mondo che attrae in basso, e attendere giorni migliori. Una Chiesa vera vorrebbe certo fare tutto questo, ma una Chiesa vera può fare di più. Può fare di questi tempi di oscurantismo qualcosa di più di un tempo di semina; può farli il vero opposto dell’oscurità. Può presentare i suoi ideali in tale e attraente e improvviso contrasto con l’inumano declivio del tempo da ispirare d’un tratto agli uomini qualcuna delle rivoluzioni morali della storia, così che gli uomini oggi viventi non siano toccati dalla morte finché non abbiano visto il ritorno della giustizia. Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo”.
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fonte: Il Foglio
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10 commenti su “Una Chiesa che può piacere al mondo, ma che non gli fa alcun bene – di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro”
Vorrei aggiungere qualcosa a questo bell’articolo di Gnocchi e Palmaro, come sempre incisivi e giustamente impietosi nelle loro analisi della crisi della Chiesa. Si tratta della frase del cardinale Kasper: “Il Concilio, senza violare la tradizione dogmatica vincolante, ha aperto le porte”. Le ha aperte, come ricordano i due autori, all’aggiornamento di roncalliana memoria, con le conseguenze terrificanti che sono sotto gli occhi di tutti. Che il Concilio abbia “aggiornato” la Chiesa ai valori del Secolo mantenendo intatta “la tradizione dogmatica vincolante” e’ un ritornello che sentiamo ripetere da cinquant’anni. Ora, vorrei chiedere al cardinale Walter Kasper, da semplice credente che si e’ studiato (come tanti altri) i testi del Concilio, se egli considera conformi alla “tradizione dogmatica” ossia al dogma della fede, le seguenti proposizioni e concetti che si ricavano da certi testi del Concilio :
1. l’art. 22.2 della costituzione conciliare “Gaudium et spes” nel quale si afferma che “Infatti, con l’Incarnazione, il Figlio di Dio si e’ unito in un certo modo ad ogni uomo”, concetto ripetuto senza lo “in certo modo (quodammodo)” dal Catechismo della Chiesa cattolica e da Giovanni Paolo II. Ma sostenere essersi il Figlio di Dio unito con l’Incarnazione “ad ogni uomo” non significa estendere l’Incarnazione ad ogni uomo e donna e quindi divinizzare l’uomo? Si tratta di un errore cristologico gia’ combattuto da S.Giovanni Damasceno e confutato da S. Tommaso. Il Verbo, incarnandosi, si e’ unito unicamente all’individuo concreto Gesu’ di Nazareth, individuo storicamente esistito, non ad ogni uomo. Nell’Incarnazione la natura umana e quella divina si sono unite nella persona di Gesu’ Cristo Nostro Signore ma senza confondersi (una sola persona, due nature, come ha sempre insegnato la Chiesa ossia il dogma della fede). E la natura umana del Verbo incarnato era simile alla nostra in tutto tranne che nel peccato e per questo era perfetta. Perfetta quindi in Lui, in Gesu’, non in noi, che restiamo sempre afflitti dalle conseguenze del peccato originale (concetto scomparso del tutto dalla dottrina e dalla pastorale della Gerarchia cattolica attuale – e come mai e’ scomparso, cardinale Kasper?).
2. L’art. 22.2 della costituzione “Lumen Gentium” sulla Chiesa, nel quale si introduce un nuovo concetto di collegialita’, che diminuisce il Primato di Pietro: “D’altra parte l’ordine dei vescovi, il quale succede al collegio degli apostoli nel magistero e nel governo pastorale, anzi, nel quale si perpetua il corpo apostolico, e’ anch’esso insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potesta’ su tutta la Chiesa, sebbene tale potesta’ non possa esser esercitata se non col consenso del Romano Pontefice”. Questo articolo, contro tutta la tradizione della Chiesa, attribuisce chiaramente al Collegio dei Vescovi con il suo Capo (il Papa) la summa potestas iurisdictionis su tutta la Chiesa, con l’unico limite di non poterla esercitare senza l’autorizzazione del Papa. In tal modo, dopo una lunga battaglia in Concilio, si ritenne di aver salvato il Primato di Pietro dall’attacco neomodernista. Ma lo si e’ salvato solo a meta’, solamente per l’esercizio della summa potestas. Infatti, la sua titolarita’ (e questa e’ la grande ed esiziale novita’) e’ ora attribuita a due soggetti: al Papa da solo ed al Collegio dei Vescovi con il Papa (e non al Papa da solo e al Papa con il Collegio: al Collegio con il Papa). Questa doppia titolarita’, un’autentica mostruosita’ giuridica e teologica, puo’ forse far capire perche’ nella Gerarchia attuale regnino sempre piu’ il caos e l’anarchia, testimoniati da ultimo anche dagli inaccettabili e straordinari attacchi del cardinale Maradiaga al cardinale Mueller? Cosa ne pensa l’eminenza Kasper?. Non posso dilungarmi troppo in questa sede. Mi limito a ricordare, come radicalmente contrari a tutta la Tradizione della Chiesa:
3. La nuova definizione allargata di Chiesa di Cristo (“Lumen Gentium” art. 8.2 e decreto “Unitatis Redintegratio sull’ecumenismo, art. 3) che non coincide piu’ esclusivamente con la Chiesa Cattolica (come per il passato) ma comprende ora anche “elementi di santificazione e di verita’” che, pur appartenendo alla Chiesa di Cristo, si trovano al di fuori della Chiesa cattolica. La Chiesa di Cristo, allora, “sussiste nella Chiesa cattolica” e “sussiste” in questi altri elementi (in tutte le altre denominazioni cristiane [eretiche e scismatiche] non cattoliche, come si dice oggi); i quali elementi “spingono verso l’unita’ cattolica” e sono da ritenersi anch’essi, nonostante le loro “carenze”, in quanto tali “strumenti di salvezza”!
4. L’introduzione del principio della creativita’ nella liturgia ad opera della costituzione “Sacrosanctum Concilium” sulla liturgia, principio sempre giustamente aborrito da tutto il Magistero anteriore: non sara’ questo rivoluzionario e non cattolico principio la causa principale del caos liturgico attuale, con le sue molteplici aberrazioni (“Sacrosanctum Concilium”, artt. 37-40)? Il cardinale Kasper ha un’opinione in proposito?
5. La costituzione “Dei Verbum” sulla divina Rivelazione, la quale all’art. 11.2 presenta un testo che sembra negare il dogma dell’inerranza delle S. Scritture perche’ scrive che “i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verita’ che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture”.
6. Per concludere, ma ci sarebbe ancora molto da dire, per esempio sulla liberta’ religiosa, il cui concetto sempra ripreso integralmente dalle filosofie secolari, ricordo che la Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sulle religioni non cristiane rappresenta un’impressionante rottura con tutta la Tradizione ossia con l’insegnamento plurisecolare della Chiesa. Non vede piu’ i membri delle altre religioni come anime da salvare mediante l’esempio e la conversione, traendole dalle tenebre in cui senza loro colpa si trovano: li vede come portatori di fedi che concorrono anche loro ad una valida concezione della divinita’, onde i cattolici dovrebbero, “mediante il dialogo e la collaborazione”, si capisce “sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscere, conservare e far progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (art. 2.5), dove “essi” si riferisce ai fedeli delle altre religioni! Insomma, una “missione” al contrario, a rovescio!
sarebbe proprio interessante conoscere ,punto per punto ,il parere di Benedetto XVI !
Aspettiamo di vedere i risultati di questo sinodo sulla famiglia: potrebbero essere del tutto diversi da quello che si aspetta il mondo. Ho appena letto un’intervista di oggi al card. Muller su Vatican Insider ; consiglio vivamente di leggerla.
Per quanto riguarda invece l’intervista concessa dal S.Padre al Corriere, devo ancora leggerla tutta; ne ho solo visto qualche stralcio e devo dire che ne sono stata confortata.
Coraggio!
Sulle interviste, invece e sul loro effetto confortante, direi sarebbe meglio sorvolare e anzi, oggi, che avendo ricevuto le Ceneri dovremmo riflettere di più sul senso della nostra vita, facciamo il proposito di pregare con maggior fervore per il Papa, i sacerdoti e per la salvezza della nostra Santa Chiesa. E la quaresima sia per tutti noi tempo di penitenza e di vero pentimento per i nostri peccati.
Proprio non vedo da quale stralcio si potrebbe trarre un minimo di conforto. Ma forse sono troppo cattolica.
Claudia, è stata confortata dal cedimento sulle unioni civili?
Marcus
No affatto. Ho letto oggi tutta l’intervista. Sulle unioni civili non ho capito, è ancora una di quelle risposte non chiare che non si capisce dove vada a parare.
Il conforto di cui parlavo in precedenza è nella risposta alla domanda sulle Humanae vitae, quando parla della forza di Paolo VI di andare contro la maggioranza.
Che dire? Non so. Anch’io, cara Tonietta, ho iniziato la quaresima con i suoi propositi. Prego inoltre di non lasciarmi dominare dallo sconforto e di mantenere la serenità del cuore, per poter essere pronta ad affrontare anche avvenimenti gravi in futuro e prendere le mie decisioni.
Bene le osservazioni dei due autori. A me sembra che non abbiano ancora affrontata un’altra problematica: quella che il Magistero di sempre della Chiesa e in particolare gli interventi dei recenti Papi. La situazione della Chiesa è drammatica: “analfabetismo religioso”, “eclisse dell’orizzonte escatologico”, “penombra teologica”, eresie imperanti e dilaganti, “apostasia silenziosa” che ormai è diventata di massa, ecc. (Card. A. Comastri ed altri). Ignorare tutto questo, significa, a mio avviso, operare una discontinuità con i pronunciamenti dottrinali effettuati dal Magistero richiamato. Mi chiedo: come e con cosa e con chi rievangelizzare? Con l’armata Brancaleone o con l’esercito di Franceschiello? Grazie a Dio che molti operano nel silenzio per la gloria di Dio e che Supplet Maria Mater Ecclesiae! Viviamo, di conseguenza, i tempi dell’Anticristo, ovvero nella riproduzione storica delle lettere giovannee in cui molti anticristi operano indisturbati all’interno della Chiesa, pur essendo “non dei nostri”. Mi pare che su tali argomenti ci siano molti “Cani Muti”! (Is 56,10). Non si può ridurre il tutto ad una “pastorale da campo”, con una pastorale “sanitaria”, umanitaria, da buon samaritano, da Croce Rossa benché benemerita. Oltre a questo, primariamente è necessario evangelizzare come ai tempi delle prime comunità cristiane. Ed è, inoltre, importante recuperare l’identità cristiana e cattolica! Come ha osservato Bartolomeo Sorge, l’impegno della Chiesa non è tanto la “civilizzazione”, certo anche questa, ma è necessario predicare e vivere la “speranza che non delude!” La Chiesa, secondo l’autore citato, da tempo si sta adeguando alla mentalità del mondo e poiché non gradisce richiami alla penitenza, alla conversione ecc. ripiega su attività umanitarie. La religione umanitaria sarà il cavallo di battaglia dell’Anticristo. Anche J. Ratzinger, in Creazione e peccato, ha osservato che la Chiesa ha mutilato la Parola di Dio. Al convertitevi e credete al vangelo, ha rimosso l’imperativo categorico della conversione. Credo che manchi, purtroppo, la consapevolezza di essere minoranza cristiana e che il Signore sta operando per purificare la sua Chiesa per creare veri cristiani, da confluire nel “piccolo resto”. La Grande Tribolazione è alle porte! L’Anticristo è alle porte! Ignorare tutto questo, qualsiasi pastorale è disincarnata! Per i tempi non certo facili che incombono sul mondo e in particolare sul popolo cristiano, auspichiamo la seconda Pentecoste che abiliti il popolo di Dio al martirologio. Non mi dilungo, perché queste problematiche le ho affrontate nelle mie pubblicazioni sull’Anticristo che deve ritornare, anzi pare che sia già nato!, sull’escatologia e sull’Europa apostata ecc., dell’Editore Fede & Cultura di Verona. Non intendo fare propaganda. Anzi, se mi li chiedete, ve li spedisco gratis. Parola di diacono.
Ci stiamo avvicinando al 5° centenario di Martin Lutero e prolificano già le commissioni interconfessionali di studi e celebrazioni dell’evento. Non ci sarebbe da stupirsi, in questo clima, se fosse proposta la canonizzazione del fondatore del luetranesimo e, forse chissà, anche di Giovanni Calvino, John Knox ed Enrico VIII. Ma, in quest’ultimo caso dovrebbero revocare la canonizzazione di San Tommaso Moro, che ci rimise la testa per difendere l’indissolubilità del matrimonio. Chissà se Kasper, Maradiaga & C. ci stanno pensando ?
Condivido l’articolo dalla prima all’ultima riga.
Se avesse ragionato come Kasper, Dio non avrebbe distrutto Sodoma e Gomorra!
L’indissolubilità del matrimonio è di DIRITTO DIVINO, chiunque proverà a rimuoverla si estrometterà ipso facto dalla Chiesa, indipendentemente dall’ufficio che ricopre e dal consenso che potrà trovare presso il mondo e presso i cattolici, per cui non credo che i progressisti presenti al sinodo possano tentare di percorrere una simile strada.
Secondo me il vero pericolo è che si tenterà di rendere ordinari i riconoscimenti di nullità da parte della Sacra Rota, così la dottrina resterà (apparentemente) immutata ma di fatto si introdurrà il “divorzio”.
Preghiamo affinchè tutto ciò non avvenga.