UN VELENOSO TRIANGOLO: IL LIBERALISMO, LA STAMPA SETTARIA, LA FAZIONE GIUSTIZIALISTA – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo


locke

John Locke

 

Il qualunque fautore della maldicenza giornalistica quale valido arnese della giustizia, dovrebbe rammentare che l’astratto codice della comunicazione, purtroppo condiviso dalla maggioranza dei pubblicisti, ha lontana origine dall’agnosticismo illuminato dell’inglese John Locke, un filosofo che contemplava  la tolleranza di tutte le religioni eccetto la cattolica.

Il moralismo su carta stampata ha lontana origine dalla mistificazione della libertà, attuata in Inghilterra durante l’insorgenza anticattolica orchestrata da Enrico VIII.

Locke, convinto sostenitore d’un regno dedito alla pirateria, iniziato ai misteri dell’usura e favorevole allo sfruttamento delle classi inferiori, elevò a rispettabile sistema filosofico la consolidata convergenza della falsa libertà con la feroce persecuzione dei cattolici.

Flagello dei prepotenti e fonte di una dottrina sociale, che condanna risolutamente l’errore dei protestanti e le imprese degli usurai e degli sfruttatori, la Chiesa cattolica costituiva, infatti, un ostacolo all’immoralità promossa dalla mitologia liberale intorno alla mano magica del mercato (inglese).

Un’intesa inossidabile, quella tra libertà e oppressione, vero è che, in Inghilterra, ancor oggi i cristiani possono essere licenziati se manifestano la loro fede e addirittura arrestati se dichiarano la loro etica sessuale. Di qui quel sistema della disinformazione, che è fondato sulla libertà concessa ai pensieri e alle chiacchiere rivolte contro il grande nemico romano.

Come dichiarerà un devoto discepolo dei filosofi inglesi, l’illuminato François-Marie Arouet detto Voltaire, alla libertà è assegnato il compito di abbattere l’odiata Chiesa cattolica, onde l’imperativo écrasez l’infame.

La politica conforme ai princìpi della libertà liberale approva, senza difficoltà, il funzionamento del tritacarne laicista altrimenti detto ghigliottina mediatica, strumento attivato da scrittori cialtroni e da giornalisti cannibali, megafoni impegnati a diffondere, in luogo di idee e notizie vere, filosofemi, leggende nere, pettegolezzi e gratuite offese alla dignità dell’istituzione, che ostacola l’attività del potere finanziario e contesta il delirio del salotto buono.

La non scritta legge degli informatori-diffamatori di scuola liberale & illuminista esclude solamente la pubblicazione delle notizie che potrebbero ledere l’onorabilità di persone al lavoro intorno alle macchine dell’empietà, dell’usura, della corruzione e del parassitismo.

Il ventre dell’ideologia liberale nutre un kgb in versione soffice, elegante e rispettabile. Associato alla giustizia invocata dai poteri forti e dalla canaglia, il giornalismo di stampo liberal-giustizialista infligge la morte civile ai nemici del popolo laicista.

Ai giornalisti allineati la legge liberale non vieta nemmeno la diffusione di notizie furtivamente estratte dai fascicoli della magistratura, dagli archivi di stato secretati o addirittura da lettere e documenti sottratti dalla scrivania di un capo di Stato, quale è Benedetto XVI.

E’ evidente che il giornalismo sguinzagliato, intende deprimere e disarmare i moderati, ossia le persone normalmente refrattarie alle sentenze e ai sofismi applauditi dal pubblico dei fannulloni politicanti, dei sapienti da bar, dei pensatori da trivio e delle calzettaie gongolanti al cospetto della ghigliottina ideale e perpetua.

Nel cuore segreto della libertà liberale pulsa una feroce intenzione persecutoria. Nel sapiente dosaggio delle notizie sulla pedofilia, ad esempio.

Statistiche inoppugnabili testimoniano che il disgraziato vizio è praticato in tutti gli ambienti religiosi e/o laici, secondo una graduatoria che pone l’ambiente cattolico all’ultimo posto. Se non che i media di scuola liberale capovolgono la verità dipingendo la pedofilia come un male prevalentemente o addirittura esclusivamente cattolico.

Un altro inquietante segnale è l’offensiva della stampa contro gli inalienabili diritti della persona umana. Dai pulpiti del giornalismo liberale predicatori obituari capovolgono l’elementare concetto di umanità e accusano d’immoralità i medici e gli infermieri che rifiutano, in obbedienza al giuramento di Ippocrate, di eseguire l’infame delitto d’aborto.

Travestito da sacrosanta indignazione, lo scandalismo è infine un’arma rivolta dai media contro la onorabilità dei politici non allineati e dei loro amici.

Ad esempio: la polizia di stato intercetta la conversazione telefonica di un uomo politico sgradito, il quale vanta la relazione in corso con la moglie di un ignaro galantuomo.

E’ evidente che la (illecita) diffusione a mezzo stampa di una tale chiacchiera devasta l’incolpevole marito di colei che è oggetto della vanteria mentre ferisce l’autorità dell’intercettato.  Per diffamare l’avversario politico in qualche modo colpevole di condivisione dei princìpi cattolici (la sacralità della vita di Eluana Englaro) si getta fango su cittadini estranei e del tutto incolpevoli.

La sacra libertà di stampa tollera che l’innocente sia offeso ed esposto alla laida risata dei lettori conformisti, per effetto di indiscrezioni diffuse da funzionari statali, che dovrebbero tutelare l’onorabilità di tutti.

L’indagine indirizzata alla ricerca del falso da dare in pasto alla pubblicistica, oltre che demenziale è delittuosa. Intollerabile è specialmente l’idea di una libertà funzionante a corrente alternata: clemente con il potere amico, feroce con gli oppositori.

Ora la restaurazione dell’ordine civile non può sottovalutare la minaccia costituita dalla mistificazione della libertà. Gli aspiranti alla credibilità politica devono chiedersi su quale fondamento giuridico operano quei magistrati giustizialisti che, in violazione del segreto istruttorio, comunicano alle redazione dei giornali amici notizie propalate da mentitori in cerca di visibilità e di compensi.

Si pongono le seguenti domande: i magistrati laici e di tradizione liberale, conoscono il confine che separa l’indagine seria dalla raccolta di pettegolezzi da lanciare contro l’avversario politico? Rispettano la differenza che corre tra le procedure conformi alla giustizia e l’andamento dei processi kafkiani? Rammentano la storia degli orrori commessi dal servilismo giudicante durante i secoli del totalitarismo? Conoscono lo svolgimento grottesco del processo che si concluse con l’omicidio sacrificale di San Tommaso Moro? Sanno che l’anticattolico Enrico VIII fu il fondatore della giustizia a senso unico? Hanno coscienza dell’esemplare bestialità dei tribunali atei, che hanno condannato a morte milioni di persone innocenti, ad esempio Luigi XVI, le carmelitane di Compiègne, le domenicane di Orléans, José Antonio Primo de Rivera, gli attivisti della Rosa bianca, i patrioti di Budapest, i critici di Mao? Hanno ricevuto la surreale notizia del senso di giustizia a monte dell’olocausto dei kulaki? Hanno contezza dell’ispirazione giustizialista dello sterminio nazista degli ebrei? Conoscono le curiose storie dei tre innocenti portatori di barba alla Terruzzi, fucilati nell’allucinata primavera del 1945, a seguito di sentenze di tribunali rivoluzionari, che identificarono le vittime innocenti con il vero Terruzzi, un gerarca da tempo rifugiato in Argentina?

E’ irricevibile la proposta di consigliare ai giudici la frequentazione di un corso di storia degli orrori causati dal giustizialismo deragliante?  E’ sovversiva la richiesta di rivedere i sacri canoni della libertà liberale? Ha senso, infine, la destra politica, che rivendica l’ascendenza liberale?

I politici che intendono riacquistare l’identità italiana non possono sottrarsi al dovere di un confronto serrato con l’ideologia liberale, pre-madre delle aberrazioni sanguinarie che hanno tormentato l’età moderna.

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