di Lino Di Stefano
Sullo sfondo della piccola regione, il Molise, precisamente là dove essa confina coll’Abruzzo meridionale, si consuma la tragedia di un uomo, Carmine Di Ianni, incaricato di difendere il sito archeologico di Piana Fusaro, ricco di importanti reperti di origine sannitica. Ma, la scomparsa e la morte del menzionato guardiano costituiscono solo l’’incipit’ di una complessa serie di vicende che, in alcuni casi, ha dell’incredibile e del misterico ove si pensi al felice intreccio che Daniele Lombardi, autore del romanzo – ‘La confraternita del Lupo’ (Volturnia Ed., Cerro al Volturno, Isernia, 2011) – è riuscito ad ideare e portare a compimento.
Molisano di nascita e di sentimenti, sebbene residente in una regione limitrofa al territorio che ha, tra l’altro, dato i natali al grande Pontefice Celestino V, al secolo Pietro Angeleri, mi sono trovato a mio agio nella lettura e nell’esame del romanzo che ha come centro d’irradiazione San Pietro Avellana – per alcuni storici, Tito Livio (X–XLV), ‘in primis’, l’antica città sannita di Volana – . Lo scenario, infatti, entro il quale si articolano le laboriose vicissitudini – ‘habitat’, diciamo così, racchiuso nel perimetro avente come centri abitati Vastogirardi, Agnone, Carovilli, Staffoli, Capracotta, Castel di Sangro e San Vincenzo al Volturno, etc. – è da me ben conosciuto sicché ho seguito, passo, passo, la ricostruzione dell’Autore immedesimandomi negli eventi narrati con viva e sentita partecipazione.
Conoscevamo, dagli storici e dalle vestigia “quae extant” – e non sono poche, basti pensare alla celebre ‘Tabula agnonensis’ conservata al British Museum – che i Sanniti, in particolare prima della conquista romana, consumatasi nel 295 a. C., erano un popolo dai costumi “semplici e severissimi”, come ci informa, con la sua autorità, Vincenzo Cuoco, nell’affascinante romanzo storico–filosofico ‘Platone in Italia’; sapevamo sempre dallo storiografo di Civitacampomarano nonché da altri studiosi che essi avevano una lingua autonoma, l’osco, e delle particolari tradizioni legate allo sviluppo della loro civiltà; eravamo informati, altresì, della semplicità di costumi di questa nazione e dell’educazione spartana che vigeva nella sua prassi quotidiana, ma avevamo contezza solo in parte di alcune cerimonie e di alcuni riti rasentanti la barbarie.
Avevamo contezza, sempre da Vincenzo Cuoco, che i Sanniti “non conoscono lusso se non nelle armi” e che, inoltre, sempre a detta dello storico di Civita, “peccato che i sanniti disprezzino troppo le arti belle!” – da qui la dispregiativa insinuazione dei Sibariti: “Samnis sporcus homo”, come leggiamo ancora, nel capolavoro cuochiano ‘Platone in Italia’ -, ma la ricostruzione di alcune pratiche barbariche operata da Daniele Lombardi lascia il lettore oltremodo frastornato. Ma, torniamo, come si dice, ‘in medias res’. Dopo la scomparsa, inizia da parte degli investigatori ufficiali, l’Arma dei Carabinieri, e da parte di alcuni giornalisti della zona nonché da parte di semplici cittadini la ricerca del guardiano Carmine Di Ianni.
Il lavoro degli inquirenti e, in particolare, di alcuni giornalisti e di alcuni congiunti dell’uomo svanito nel nulla è laborioso e capillare, ma esso, per un bel po’ di tempo, non produce risultati concreti dati, altresì, la delicatezza dell’operazione e le voci incontrollate che parlano di responsabilità dei Sanniti! I personaggi, in vario modo, coinvolti nelle vicende sono numerosi e tutti con una fisionomia propria ad iniziare dai tre Di Ianni – Carmine, la vittima, Salvatore suo fratello e Giulia, figlia di Salvatore – proseguendo con i rappresentanti dell’Arma – il tenente Castrilli, il maresciallo Guidi, il brigadiere Sarracino, l’appuntato Ferretti e il milite Mingardi – e finendo con i giornalisti Giorgio Vincenti e Chiara Mandelli i cui contrastati ed ambigui rapporti vivacizzano una parte del libro.
Attorno ai citati protagonisti, si muovono altri interpreti delle vicende non meno rilevanti per l’economia di una trama che, talvolta – “si parva licet componere magnis” – assume toni enigmatici ed arcani che rimandano a qualche luogo del grande romanzo, ‘Malombra’, di Fogazzaro e, specialmente, laddove lo scrittore vicentino evoca, da una parte, momenti di tensione spirituale, e, dall’altra, atmosfere dense di occulte spiritiche presenze. I Carabinieri si muovono parallelamente, e qualche volta in competizione, con i due giornalisti menzionati non solo nell’affannosa ricerca di Carmine Di Ianni, ma, pure nell’individuazione dei segreti motivi di questa storia – per un lasso di tempo – così inafferrabile ed inquietante.
Poi, pian piano, i contorni iniziano a delinearsi anche perché, ad un certo punto, scompare anche Dorina, figlia di Antonino, sacrificata in una macabra cerimonia arcaico–medievale ispirata dai famigerati conti Borello, veri ed autentici aguzzini della zona e capi della cosiddetta ‘Confraternita del lupo’. E sarà proprio Giulia Di Ianni, in una profetica visione – raccontata a Davide Correi, sotto mentite spoglie l’Autore del libro – a rivelare, son sue parole, la presenza di “un guerriero enorme , con l’armatura e la spada (…) non di epoca medievale”. “Sannita!”, esplicherà, Davide. E, proprio Giulia, sarà, in seguito, la prossima vittima sacrificale di un macabro rituale – fa dire l’Autore a Laura Montese, madre di Giulia – “conosciuto dai conti Borello in epoca medievale e che il nostro ‘meddix’, il capo della confraternita ne venne in possesso venticinque anni fa”.
Carmine Di Ianni verrà, in seguito, ritrovato, dopo una morte violenta, ed anche Dorina e Giulia dovranno pagare il loro tributo a causa della malvagità, della morbosità, dell’ignoranza e della superstizione di una sètta esoterica – costituita anche di cittadini di San Pietro Avellana, al di sopra di ogni sospetto – improponibile sia nel Sannio arcaico e medievale, sia, ancora, in epoca contemporanea visto e considerato che gli avvenimenti si svolgono, quasi trent’anni fa, in un grazioso paese alto–molisano. Come ho, più volte asserito, gli avvenimenti aventi come sfondo il perimetro intorno a San Pietro si pregiano di una lunga serie di protagonisti che, nel bene e nel male, si alternano sul palcoscenico delle vicende in questione.
Uno di questi risponde al nome di Vincenzo Massimo Mariani, cattedratico di storia romana, senza il cui autorevole intervento, dal punto di vista culturale, l’intricata situazione si sarebbe, forse, impantanata nelle secche dell’omertà e della diffidenza locali. E proprio in un colloquio col professore, Davide e Giorgio – già sulla buona strada, così come l’Arma, per la soluzione del caso – ricevono le coordinate, nel senso stretto del termine, e le cifre per sciogliere l’enigma – per stringere il cerchio intorno alla sètta autrice dei misfatti. I casi narrati da Lombardi sono oltremodo complicati sicché solo un accostamento ragionato del lettore, segnatamente molisano, alla fonte – costituita dal libro – può permettergli di gustare e di apprezzare la fatica dell’Autore.
Redatta con vivacità letteraria, padronanza dei fatti narrati e ‘pathos’ partecipativo, ‘La confraternita del lupo’ rimane un romanzo, dai toni storici, che si fa pure apprezzare per l’impianto ideativo sostenente un ordito abbastanza felice anche quando, in esso, taluno episodio si presenta macabro e con qualche oscenità. Un libro da leggere, dunque, anche per la pregevolezza della veste tipografica sciorinata dalla Volturnia Edizioni. Basti, all’occorrenza, dare uno sguardo all’indovinata copertina per comprendere che si tratta di un frontespizio in linea con l’impostazione misterica del volume.