.
2 marzo 2015
.
Gli atti di Fede e le Crociate = = = = = = = = =
di Fabio Trevisan
.
“Gli atti di fede e le crociate, le gerarchie e le orribili persecuzioni non ebbero per scopo, come dicono gli ignoranti, la soppressione della ragione, bensì la difficile difesa della ragione”.
Ai giorni nostri questa frase di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), tratta dal saggio Ortodossia del 1908, potrebbe suscitare perplessità e preoccupazione. Qualche pensatore moderno potrebbe addossare allo scrittore inglese la qualifica di guerrafondaio giustificazionista di ogni crimine della Chiesa e così via di questo passo. Nessuno sembra preoccuparsi della difesa della ragione, come espresso chiaramente da Chesterton. Il grande pensatore cattolico londinese intendeva preservare, con la ragione, l’autorità legittima: “Se l’antico anello dell’autorità sarà spezzato dallo scetticismo, nello stesso momento vedremo la ragione traballare sul suo trono”.
Religione e ragione sedevano quindi sullo stesso trono, tanto che non poteva l’una prescindere dall’altra, essendo entrambe della stessa natura: “Di quanto la religione si allontana da noi, di altrettanto si allontana la ragione. Sono tutt’e due della stessa natura elementare ed autoritaria”. Cosa accadde quindi quando il laicismo separò la religione dalla ragione ? Non solo divise la dimensione pubblica e quindi la regalità anche sociale di Nostro Signore Gesù Cristo da quella intimistica privata, ma indebolì di fatto la ragione e scardinò dal trono l’autorità papale, come espresso brillantemente in Ortodossia : “Con una fune lunga e resistente abbiamo cercato di rovesciare la mitra dalla testa dell’uomo pontificale, ed è venuta giù anche la testa”.
Con questa efficace ed attuale immagine scaturita dalla feconda penna di Chesterton, egli ha posto in rilievo come il pensiero abbia a che fare con l’atto di fede ed è quindi necessario difenderlo, in quanto collegato alla realtà (“La ragione stessa è materia di fede ed è un atto di fede asserire che i nostri pensieri hanno relazione con la realtà”). La ragione, radicata nella Realtà onnisciente di Dio, era posta a servizio della Sua autorità, Logos e Amore, ed era messa a disposizione dell’uomo.
Pertanto, come giustamente argomentava il grande pensatore di Beaconsfield, non poteva l’uomo dubitare di Dio, Ragione Suprema, Bontà infinita. Egli stigmatizzava l’ideologia moderna di dubitare della Verità oggettiva: “Un uomo ha diritto di dubitare di se stesso, non della verità; questa proposizione è stata esattamente rovesciata. Oggigiorno ognuno crede esattamente in quella parte dell’uomo in cui dovrebbe non credere: se stesso, e dubita esattamente in quella parte in cui non dovrebbe dubitare: la ragione divina”.
Chesterton caldeggiava con quel suo stile paradossale impareggiabile che si tornasse a ragionare, che si capisse come la difesa dell’ortodossia e del dogma fossero indivisibili dalla salvaguardia della religione cattolica. Solamente nella tutela dell’ortodossia stava la prospettiva della salute e della salvezza dell’anima e per questi fini si doveva combattere. Una delle cose a cui l’uomo doveva assolutamente pensare, ribadiva nel saggio Ortodossia, era l’Assoluto: “Uno dei primi bisogni dell’uomo è quello di essere qualche cosa di più di un pragmatista”. Nel romanzo Uomovivo poneva il cappello sulla testa di ogni uomo poiché ciascuno potesse rendersi conto dell’autorità e della bellezza di essere creature ad immagine e somiglianza di Dio. Allo stesso tempo impediva che la mitra fosse levata dal capo del Pontefice.
A coloro che ancora oggi parlano dell’oscurantismo della Chiesa e condannano acriticamente le crociate, gli atti di fede e le gerarchie potremmo rispondere con Chesterton che furono baluardi per difendere la fede con la ragione.
Egli soleva dire: “La Chiesa deve avere molta cura nel precisare la sua dottrina affinché noi tutti possiamo vivere senza cura”.
1 commento su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
lI brutto è che la Chiesa stessa oggi si autoaccusa non solo di oscurantismo, ma anche di corruzione e di ogni sorta di mali passati e presenti, alterandosi poi curiosamente se i suoi eterni nemici trovano in questo l’occasione per attaccarla con la perfidia che li contraddistingue. Proprio ieri l’ineffabile mons. Galantino presente nella trasmissione domenicale “A sua immagine”, mentre riconosceva apertamente la corruzione all’interno della Chiesa sottolineando che non si può più continuare a “nascondere la polvere sotto il tappeto”, si mostrava irritato per la strumentalizzazione di questi fatti da parte dei soliti avversari. Ora dunque dico che veramente bisogna ritornare a ragionare e non cercare di fare tutto il possibile per accaparrarsi il plauso del mondo; ma piuttosto, onde evitare il ludibrio, operare in silenzio e nella giustizia con quella carità per cui “non sappia la mano sinistra ciò che fa la destra”. E’ questa la difficile, ma coraggiosa difesa della fede e della ragione.