Giovannino Guareschi fu un uomo di forti passioni, e tra queste c’era sicuramente la politica. Un impegno che si sviluppò soprattutto dopo la tragica esperienza del lager. Il Guareschi di prima della guerra era stato un uomo molto diverso, che come moltissimi italiani era riuscito a vivere e lavorare senza necessariamente sposare le tesi del Regime. Dopo il ritorno a casa nel ’45, tutto cambiò e Giovannino si gettò con foga nell’agone del giornalismo politico. Aveva visto il totalitarismo fascista, quello nazista e pure l’ombra lunga del Bolscevismo che avanza sull’Europa. Era più che sufficiente.
Si schierò e scese in campo con tutta la potenza della sua penna per difendere la libertà da una possibile dittatura comunista, e soprattutto per difendere i valori più profondi in cui credeva, e che possono essere riassunti nel trinomio Dio, Patria e Famiglia. Tutte e tre maiuscole. Ma sì.
Questi valori di riferimento lo collocavano ipso facto a Destra, nello schieramento politico. Definizione che peraltro Guareschi non diede mai di sé, quella di uomo di destra. Preferiva il temine, molto più significativo, nobile e corretto, di Reazionario. Uno cioè che reagisce, risponde, non sta fermo e imbelle di fronte al male, all’ingiustizia, agli inganni.
Non sembra proprio che gradisse altri termini che solitamente vengono usati per indicare gli appartenenti al mondo di Destra, come “conservatore”, o l’ambiguo e infido “moderato”.
Conservatore lo era di tutto ciò che era bello, vero, buono. Moderato – grazie al Cielo- proprio per niente.
Dopo essersi battuto contro la minaccia del Comunismo, per tutti gli anni’50 e ’60 si battè contro l’imbecillità in politica, la disonestà, la corruzione morale. E colpiva a sinistra e a destra. Mentre gli italiani si dividevano tra filo-sovietici e filo-americani, e mentre l’ipotesi del centro-sinistra al governo prendeva sempre più piede, Guareschi rimase un uomo libero, la vera e propria coscienza critica del Paese: all’attacco di comunisti e democristiani, cercando di somministrare agli italiani gli antidoti adeguati contro i veleni che li intossicavano, dall’odio ideologico alla brama di guadagno a ogni costo e con ogni mezzo; dall’abbandono dei punti di riferimento morali di sempre al riversamento del cervello all’ammasso, che fu un concetto che non smise mai di sottolineare, profeta inascoltato, visto che gli italiani hanno continuato a farlo, prima seguendo la parola d’ordine della politica, più tardi quella della pubblicità e delle sirene del consumismo.
Guareschi impegnò tutto il suo talento e la sua vita al servizio delle coscienze, e del vero bene comune, con un realismo appassionato, consapevole di tutte le imperfezioni umane, senza moralismi né utopismi pericolosi.
Così come non fu mai uomo di partito, sebbene non avesse mai nascosto le proprie simpatie per la monarchia, soprattutto come sistema di valori, al di là di quello che Casa Savoia aveva combinato, allo stesso modo nessuna formazione politica è mai riuscita a far propria la testimonianza di Guareschi.
Direi che l’unico partito che c’è andato più vicino è la Lega, anche se è indubbio che il creatore di Mondo piccolo non avrebbe gradito- lui che era cresciuto coi racconti del libro Cuore e la bolsa retorica risorgimentale- le istanze secessioniste della vecchia Lega di Bossi, così come certe peripezie della famiglia del leader maximo varesotto. Forse avrebbe potuto interessarsi a ciò che sta emergendo con Salvini. Forse. Di certo non con quel “centrodestra”, il “polo moderato” creato e rappresentato negli ultimi 25 anni da Silvio Berlusconi.
Si può tranquillamente dire che il berlusconismo è l’esatta antitesi del pensiero politico di Giovannino.
Guareschi era un uomo libero, un uomo vivo, troppo per i gusti del potere. Così come nel 1961 i potentati DC esercitarono una pressione decisa sull’editore di “Candido” perché quella voce scomoda venisse messa a tacere, così non riusciamo proprio a immaginare un Guareschi opinionista sulle reti Mediaset o sui giornali dell’azienda. Quando il “Candido” chiuse, Guareschi si congedò dai lettori con parole tristi e ironiche, con un’editoriale intitolato “il congedo dell’ometto”, dove scriveva: “Dice Giovannino che vi lascia un’eccellente situazione: miracolo economico, miracolo governativo e via discorrendo. Se ne va, quindi, tranquillo perché meglio di così non potrebbe andare. E anche peggio di così non potrebbe andare. La democrazia ha raggiunto l’«optimum» nei due sensi opposti (positivo e negativo) e, non potendo andare né più in alto né più in basso, le conviene fermarsi. Quindi, dice sempre il Giovannino, statevene tranquilli: se la sua presenza non poteva migliorare di un milionesimo di millimetro le cose, la sua assenza non potrà peggiorarle di un miliardesimo di milionesimo di millimetro, Vi saluto anche io e, se non potremo più tenerci visti, cerchiamo di tenerci pensati.”
Era il congedo di uno che passava per umorista, e che paradossalmente era in realtà uno degli italiani più seri e veri mai esistiti.
Il berlusconismo è l’esatto opposto, nonostante che fin dal momento della sua famosa “discesa in campo”, tanti buoni cattolici sono stati tratti in inganno dalle parole del Cavaliere Mascarato. Molti credettero che il patron di Mediaset fosse un difensore dei valori non negoziabili. I fatti dimostrano che non è stato così. E la cosa non può stupire. La storia di Silvio Berlusconi è lì a dimostrare che i valori della famiglia, della vita, dell’umanesimo cristiano, non gli sono mai importati più di tanto. La cultura politica, il pensiero ideologico in cui il Cavaliere si è formato è molto più vicino a quello che combattè Guareschi di quanto un’opinione pubblica un po’ ingenua non si sia mai accorta.
Guareschi, come ben sappiamo, morì nel fatidico 1968. Ebbene, Berlusconi è stato il perfetto realizzatore della Rivoluzione del ’68 .Lo scriveva già anni orsono il filosofo Mario Perniola, scomparso recentemente, che fu autore di numerose opere filosofiche, intellettuale di chiara fama, docente di Estetica per molti anni presso l’Università di Roma, e che nel 2011 pubblicò un prezioso pamphlet: Berlusconi o il ’68 realizzato.
Secondo Perniola, Berlusconi ha dato un apporto determinante affinché si realizzassero in Italia gli obiettivi del ’68. Qualcuno- immaginiamo- storcerà subito il naso. Quella del ’68, obietteranno, fu una ribellione giovanile, a sfondo marxista-leninista. Niente affatto. I cattivi maestri del ’68 appartenevano a una diversa corrente ideologica. Berlusconi, come sostiene Perniola, ha portato a termine un progetto rivoluzionario che era stato teorizzato già negli anni Venti del Novecento dal movimento austriaco Sexpol, il cui principale animatore era Wilhelm Reich, psichiatra che inventò la cosiddetta “liberazione sessuale”. Reich e i suoi pensavano che sottraendo i bambini all’autorità dei genitori li avrebbero “liberati” dalla sedicente repressione genitoriale e dall’autoritarismo patriarcale. Occorreva quindi sottrarre ai genitori l’educazione dei figli e attribuirla alla società. Attenzione: la società, e non solo lo Stato. E per società si intende anche la cultura, i mass media. Quello che ai tempi di Reich era decisamente velleitario, cioè che una minoranza “illuminata” potesse avere una influenza significativa sulle coscienze, si è realizzata dopo il ’68 con la comunicazione globale, e con i suoi mezzi, in primis la televisione. Forse Berlusconi non avrà mai nemmeno sentito parlare di Sexpol e Reich, ma è un dato di fatto che è stato profondamente influenzato dallo spirito del ’68, il cui slogan più celebre, “l’immaginazione al potere”, calza a pennello col suo stile, con le sue strategie aziendali e politiche. In Berlusconi si ritrova quella volontà di potenza, quel trionfalismo farneticante, quella estrema determinazione di destabilizzare tutta la società precedente da cui il Sessantotto fu pervaso. In primo luogo l’attacco alla famiglia, ma anche al lavoro, alla scuola, all’università, e soprattutto alla religione. Il discredito della famiglia tradizionale, la deregolamentazione della sessualità, l’ostilità nei confronti delle istituzioni, viste come repressive, il vitalismo giovanilistico, il trionfo della comunicazione massmediatica, l’oblio della storia e il presentismo spontaneistico, tutto questo- che era progetto e sogno nel 1968, con Berlusconi è diventato realtà.
Tutto ciò ha a che fare con Guareschi e i suoi ideali? Decisamente no. Chi volesse raccogliere l’eredità morale e politica del grande scrittore della Bassa, deve lavorare sodo per costruire un modello molto diverso di Destra.
9 commenti su “SPECIALE GUARESCHI Sono un reazionario, postero mio diletto – di Paolo Gulisano”
MAH, allora il male assoluto…Tutti gli altri solo maletti…Mi sembra davvero un po’ semplicistico…
Berlusconi ha le sue colpe. Ma non ricordo che i governi da lui presieduti abbiano sfornato un solo provvedimento anti cristiano. Andiamoci piano a sparare giudizi. Gli si potrà rimproverare di non aver realizzato i programmi promessi. Ma avete presente chi erano i suoi nemici ?
Gaetano
Partire da Guareschi per crocifiggere il povero Silviuccio! Questa è veramente forte. Un altro intelletto folgorato dall’antiberlusconismo. Per la sinistra giacobina, radicale, pro-gender ecc. ecc, cui ora presta la sua voce la marmaglia sanculotta grillina, il Berlusca è il male assoluto. Per la sinistra post-comunista ora democratica (epurata dai suoi figli spirituali grillini) Berlusconi è sempre stato il male assoluto. Per i cristiani adulti Berlusconi è il male quasi assoluto (quasi, perché più in là c’è comunque Satana, per il momento almeno, fino a quando cioè Satana non sarà ufficialmente sbianchettato dall’orizzonte del progressismo cattolico). Per molto leghisti che si sono attaccati al suo carro per convenienza senza mai ringraziare, Berlusconi rimane il piduista, corruttore, mafioso di sinistrorsa narrazione. Per i destrorsi reazionari Berlusconi è il male assoluto in quanto quintessenza del liberalismo nichilista, fratello vincente del marxismo sessantottino. Tale comica uniformità mi ricorda la folla acclamante Barabba: preferisco il puttaniere, di gran lunga.
Contento Lei! personalmente, sono lieto di essere un destrorso reazionario
Sono anch’io di destra, ma non così fanatizzato da cadere nell’irrazionalità. Compiacersi dell’etichetta di “destrorso reazionario” può anche andar bene come segno di anticonformismo ed indipendenza di giudizio sbattuti in faccia allo “spirito del mondo”, ma non quando tale compiacimento si avvita in se stesso fino a partorire ragionamenti faziosamente assurdi.
Confermo il mio parere
Meglio cattolici seri, che destrosi, centrosi o sinistrosi. Tutte etichette ridicole e a volte purtroppo non sono solo le etichette ridicole. Guareschi è sopra le parti, perchè una persona retta e di buon senso, che andava sempre nella direzione della Verità.
Però si dichiarava reazionario
Ma scusi, è evidente che Guareschi preferiva definirsi “reazionario” perché disdegnava provocatoriamente altre più accomodanti etichette, cioè nel senso da me indicato sopra, non perché intendesse sposare una “ideologia” reazionaria. Lei fa finta di non capire. O per caso vuole impersonare un nuovo tipo di “trinariciuto” di colore diverso dall’originale?