Nel 2018 ricorrono il centodecimo anniversario della nascita e il cinquantesimo della morte di Giovannino Guareschi (Primo maggio 1908 – 22 luglio 1968). Riscossa Cristiana gli dedica queste due giornate nella certezza un cristiano della sua razza abbia ancora tanto da dire alle persone di buona volontà in tempi così difficili.
Giovannino Guareschi 2018: oltre a quello dei 110 anni della nascita, altri due anniversari tondi. Nel marzo 1948 usciva il primo volume all’insegna del Mondo piccolo: “Don Camillo” (Rizzoli); 22 luglio 1968: l’improvvisa morte dello scrittore nella casa estiva di Cervia. “Don Camillo”, nel frattempo, dai campi della Bassa aveva viaggiato in tutto il mondo, con qualche eccezione, per così dire, come si vedrà…
In Russia, c’era andato (attraverso le pagine del suo autore) travestito da “compagno” fra altri “compagni”, dopo una vicenda abbastanza movimentata in paese. E c’era andato, prima su un libro (Rizzoli, 1963), tornandoci in seguito con un film (Luigi Comencini regista, 1965). I titoli erano uguali: “Il compagno don Camillo”; le differenze, più di una, a incominciare dai personaggi “di contorno” ai due protagonisti…
Naturalmente, non era pensabile una traduzione dei racconti all’insegna del “Mondo piccolo” in Unione Sovietica, né, tantomeno, una proiezione dei film nelle sale pubbliche, e per ovvi motivi, in primis il forte, convinto, anticomunismo di Guareschi. Eppure… Eppure, come riferito sul periodico del Club dei 23 di Roncole Verdi “Il Fogliaccio” (n. 17, aprile 1996) da una giovane studiosa testimone diretta, a metà degli anni Sessanta Don Camillo apparve nella televisione pubblica sovietica, in francese. E fu scalpore!
“Mi ricordo molto bene – scriveva Vartui Kalpakgian, russo-armena attualmente residente in Italia – la scena dove Peppone fa il segno della croce (di nascosto dai propri compagni) mentre passa la processione con la statua della Madonna. Nessuno di noi credeva ai propri occhi! A un certo momento del film lo schermo televisivo s’annerì all’improvviso, e apparve la scritta ‘Interruzione per cause tecniche’, una cosa abbastanza consueta, perché la Tv sovietica degli anni ’60 aveva davvero molti problemi tecnici. Dopo qualche minuto, ecco che lo schermo si illumina di nuovo, e l’annunciatrice, senza nominare il film, come se questo film non fosse mai stato trasmesso, ci propone: il concerto di musica classica russa, registrato nella Sala Magna del Conservatorio di Mosca il giorno… dell’anno…”
Non riuscì mai a scoprire, la giovane studiosa in seguito approdata in Italia, per quale misteriosa via, il film “Don Camillo” fosse arrivato sui teleschermi dei cittadini dell’Urss, ancorché nella versione francese.
Ma i racconti dello scrittore della Bassa, in Russia ci sono poi arrivati senza difficoltà, una volta caduto il regime comunista. Ed eccoci a raccontare come è avvenuto lo “sdoganamento”, con una premessa…
Giovannino è uno degli autori italiani più tradotti nel mondo. In tutte le lingue, ad eccezione del cinese, e non per caso, perché poco si addicono le pagine di Guareschi a stati in cui imperversa una dittatura, soprattutto comunista, che impedisce l’ingresso di voci diverse da quella del… padrone! Era così fino a poco tempo fa anche in Russia e in Albania, ma imploso il regime, ecco nel nuovo clima di libertà (parola che fa rima con l’opera del Nostro!), le traduzioni di libri di Guareschi.
Olga Gurevich, classe 1974, è l’italianista dell’Univeristà di Mosca appassionata dell’autore di “Don Camillo”, e non soltanto – diciamo della letteratura italiana più in generale, ma con una specie di debole, appunto, per Giovannino.
Di sé stessa dice: “Sono nata ancora col regime comunista e sono stata fortunata nel vedere, da adolescente, il sistema crollare, quindi compiere gli studi nei primi anni di libertà e di tante speranze!”. Olga ha studiato nella appena nata (1992) facoltà di Lettere e di Storia nella nuovissima (“la più moderna”, osserva) Università degli Studi Umanistici, “con i migliori professori che da decenni attendevano la possibilità di insegnare liberamente!”
Quali studi ha compiuto la docente russa?
“Mi sono specializzata in Studi Classici, laureata con una tesi sul concetto della ‘Santa semplicità’ nelle Scritture, nella Patristica e nell’agiografia”.
Come mai, poi, l’incontro con la nostra lingua?
“La mia ‘prima’ lingua europea all’Università è stata quella italiana, appunto, insegnata dalla mitica professoressa Halina Muravieva, e l’Italiano è diventata la materia preferita in assoluto. Insegno Italiano, l’introduzione alla vostra cultura, cinema e letteratura, vari aspetti di traduzione e interpretazione. Ci sono voluti quindici anni di assiduo lavoro, per concludere (finalmente) il mio dottorato sull’opera di Guareschi, dopo aver pubblicato la traduzione di alcuni suoi titoli e avere conosciuto i figli: Albertino e Carlotta, che non è più fra noi” (ndr, e in quella grigia mattinata d’ottobre del 2015, nella chiesa di Roncole Verdi al funerale della ‘Pasionaria’, Olga c’era!).
Ecco, ci siamo, a proposito dell’incontro con l’autore di “Don Camillo”: quando e come avvenne?
“Nel 1994, dopo il secondo anno all’università, vinsi una borsa di studio per il Corso estivo dell’Università degli Studi di Milano sul lago di Garda – era anche il mio primo incontro con l’Italia, e anche con Guareschi. Una sera infatti ci fecero vedere ‘Don Camillo’, che mi colpì molto. Andando a cercare sulle bancarelle dei libri usati ci pescai proprio il primo ‘Don Camillo’”.
E che cosa la colpì di quel testo?
“L’umorismo, che ti fa ridere e piangere allo stesso tempo, la capacità di sdrammatizzare e di restare… sentimentale, il Cristo che parla e sorride, la prospettiva della speranza, della possibile riconciliazione…”.
Quanto alla scrittura?
“L’eleganza della semplicità. Il dialetto che non si vede, ma si percepisce. L’umorismo bello, limpido, leggero, quasi intraducibile”.
Prima di conoscere Guareschi, quali altri autori italiani le erano noti?
“I sommi del passato, naturalmente: Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, letti allora in russo, poi, Gianni Rodari conosciuto da ogni bambino sovietico, Natalia Ginzburg e Alberto Moravia, Umberto Eco, che aveva appena pubblicato in russo ‘Il nome della rosa’. Ma ritornando a quel corso sul lago di Garda, oltre a Guareschi avevo allora conosciuto Italo Calvino, Verga, Leopardi, e Giovanni Mosca…”.
Come e quando ha maturato l’idea di tradurre Guareschi?
“Quasi… fin da subito, direi. Ma la strada era molto tortuosa. I cattolici locali avevano rifiutato il libro come poco cattolico; le case editrici laiche lo trovavano troppo anticomunista. Diciamo, allora, che l’idea ha avuto tutto il tempo necessario per maturare bene. Dal primo tentativo alla prima pubblicazione, uscita su una rivista letteraria, sono passati dodici anni; per arrivare al primo libro, di anni ne sono trascorsi sedici”.
Quali opere di Guareschi ha finora tradotto?
“’Mondo piccolo. Don Camillo’ (2012; seconda edizione nel 2015), ‘La favola di Natale’ (2013), ‘Don Camillo e il suo gregge – diviso in due volumetti (2016), e mi accingo ad affrontare altri tre opere: ‘Diario clandestino’, ‘Il compagno don Camillo’, ‘Corrierino delle famiglie’”.
Ha incontrato particolari difficoltà nel rendere in russo la prosa di Giovannino?
“A volte le espressioni umoristiche, nonché i soprannomi dei ‘rossi’, la stanchezza dell’intensità…”.
Il pubblico dei lettori che reazioni ha avuto leggendo le tue traduzioni?
“I lettori mi stanno sempre a sollecitare: ‘Dai, fai presto a tradurcene ancora uno!’. Molti, peraltro, ci sentono la grande attualità anche per la nostra società oggi: così divisa, così piena di violenza e di paura, che ha tanto bisogno della speranza e del perdono”.
Per concludere, come sono visti dai lettori i dialoghi fra il parroco e il Cristo crocifisso?
“Che cosa pensino specificamente non lo so. Siccome non riesco a immaginare il testo di Guareschi senza questi dialoghi, ritengo scontato siano importanti per quelli che lo hanno amato… Peraltro, so che “Don Camillo” ha ottenuto un gregge di fedeli lettori, che mi tormentano in attesa del prossimo volume, e si tratta di persone diverse: preti e pensionati, studenti e insegnanti, gente semplice e persone colte, ortodossi e cattolici…”.