di Clemente Sparaco
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La diffusione dei dati ISTAT su Natalità e fecondità della popolazione residente relativa al 2016 (28-11-17) fotografa il persistente inverno demografico del nostro Paese: 473348 nati, 12000 in meno rispetto al 2015, oltre 100000 in meno rispetto al 2008.
Se si va nel dettaglio dei dati, si scopre che i nati da entrambi i genitori italiani sono poco più di 373000, ossia il 78,8 % del totale, che sono diminuiti di 107000 unità in 10 anni (-22,3 %). Nel complesso, la diminuzione riguarda innanzitutto i primi figli, passati da circa 284000 a poco più di 227000 (il 20% in meno) ed interessa anche le donne straniere residenti in Italia, il cui comportamento riproduttivo si va lentamente omologando a quello delle italiane.
Cosa sottintendono questi dati?
Innanzitutto, che le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose, e questo è il portato del protrarsi della bassa natalità nel tempo, in secondo luogo, che c’è una “propensione decrescente ad avere figli”. Lo dimostra inequivocabilmente il dato della fecondità, ossia dei figli per donna in media, che è a livelli decisamente inferiori rispetto a quelli già bassi del 2008: 1,34 per donna (1,27 il dato delle sole italiane), a fronte di 1,45 del 2008.
Fino a che punto la crisi economica dell’ultimo decennio possa aver influenzato la fertilità è una questione aperta nella ricerca demografica. Certamente la disoccupazione ha una grande incidenza. Ma forse lo ha ancora di più la precarizzazione del lavoro. Essa si traduce in una situazione di instabilità ed insicurezza diffusa nei giovani all’inizio dell’età lavorativa, che ha un effetto immediato: il calo dei matrimoni: 189765 nel 2014 (57000 in meno rispetto al 2008 pari a -23%). I giovani, quindi, rinviano la formazione di una famiglia propria in ragione delle difficoltà legate al trovare, conservare e consolidare il lavoro.
Questo innesca una serie di conseguenze.
Se ci si sposa dopo i trent’anni la possibilità di avere figli diminuisce in misura proporzionale alla diminuzione della fertilità per quelle fasce di età. Non solo: diminuisce anche il tempo della fertilità, per cui ci sarà meno spazio per “pensare” al secondo o al terzo figlio. “Il dispiegarsi degli effetti sociali della crisi economica – si legge nel rapporto ISTAT – ha agito direttamente sulla cadenza delle nascite. Le donne residenti in Italia hanno accentuato il rinvio dell’esperienza riproduttiva”. Aumenta l’età media della prima gravidanza (oltre i 30 anni) e si sposta in avanti il periodo della fecondità. Aumentano in modo esponenziale le donne senza figli: nel Nord sono 1 su 4, nel Centro 1 su 5.
I ritmi di lavoro non danno tregua. Non permettono distrazione. Ti risucchiano nel vortice delle scadenze e delle incombenze. Le donne, in specie, ne sono travolte. Quante rinunciano al lavoro per la maternità e quante rinunciano alla maternità per il lavoro? In questo caso la politica, che mostra una scarsa volontà di operare nella direzione della conciliazione fra i tempi della vita familiare e i ritmi lavorativi, ha la responsabilità più grande. Quale tutela reale della maternità si dà nel nostro Paese, eccettuata quella che la Legge 194 del 1978 (la legge sull’aborto) portava strumentalmente nel titolo? Strumentalmente, perché essa è servita, di fatto, per autorizzare l’aborto, con la conseguenza di circa 6 milioni di feti soppressi dalla sua approvazione sotto avallo statale.
Anche in Europa il tasso di occupazione cala da donne senza figli a donne con figli, ma non nella misura che si osserva in Italia. Da noi la conciliazione fra lavoro e famiglia per le madri non è mai stata perseguita veramente, mentre nei paesi nordici l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro è stato accompagnato, fin dagli anni ’50, da politiche familiari e sociali mirate e da servizi efficienti. Ed è qui che si misura il livello di civiltà di un Paese che, non dico prima di pensare al fine-vita, ma almeno insieme, dovrebbe considerare l’inizio-vita, per quel attiene al diritto di ogni donna di poter concepire quanti figli insieme al compagno desidera concepire e per quel che attiene al diritto di ogni vita di essere custodita e valutata.
Ma è proprio qui che si misura la scarsa vitalità e il fallimento del sistema paese Italia.
8 commenti su “Sempre meno nati e sempre più fallimento del nostro sistema paese – di Clemente Sparaco”
La mancanza di fede porta con sè un’ implicita sfiducia nella vita, una pretesa di pianificare tutto nel dettaglio, una svalutazione a livello sociale della madre di famiglia che sta a casa e della casa, intesa come famiglia, si occupa, l’uomo che non cerca la moglie ma, la compagna di merende, la ragazza che non cerca il marito ma, il partito e quando e se arrivano i figli si fa tutti gli amiconi; questi i presupposti, essendo fatui cioè sterili, non possono portare la fertilità. La fede cambia la prospettiva sul matrimonio, sul diventare genitori, padre e madre, con ruoli precisi ed un impegno comune educativo che non può e non deve essere demandato ad altri, e che richiede un rapporto, del padre e della madre, con Dio profondo, sincero che aiuti a trovar per ogni figlio la strada giusta per lui e lui soltanto. Le persone che governano l’Italia, da più di quaranta anni, della famiglia si son fatte un baffo, causa l’arrembaggio che dovevano fare al potere, ai quattrini ed alla goduria e per mantenere le conquiste fatte hanno corrotto un popolo con i loro stessi vizi.
Sono pienamente d’accordo. E’ dalla spiritualità che bisogna cominciare per essere fertili e fecondi.
non posso che essere d’accordo con quanto scrive, Signora Irina.
Bisognerebbe subito intervenire, no reddito di cittadinanza e nemmeno l’appena votato reddito di inclusione che andrà quasi totalmente agli extracomunitari con due anni di residenza, ma ci vuole il reddito di maternità alle donne che fanno figli con basso o nullo reddito
Le ciffre nell’ Ungheria di Orbán (testo in ungherese, ma il tabello è intellegibile per tutti):
http://www.ksh.hu/thm/2/indi2_1_3.html
se la matematica non è un’opinione ed il significato dei numeri è univoco, beh, direi che parlan proprio da soli….
Tutto condivisibile. Ma avrete già capito chi occuperà il vuoto che intanto si sarà formato nei prossimi 50 anni. Gli islamici. E addio italiani…
Intanto, il governo ha provveduto a tagliare per consistenza e durata il già misero bonus bebè. Saremo sostituiti dagli immigrati, che in parte si mescoleranno con le nostre connazionali. Non a caso ci stanno inviando moltitudini di giovani africani.