Santa Teresa o Madre Teresa? Perché continueremo a chiamarla madre – di Luciano Garibaldi

Un agile e avvincente libro di Riccardo Caniato ci fa comprendere la grandezza della famosa suora di Calcutta.

di Luciano Garibaldi

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zlbrcntPapa Giovanni Paolo II la proclamò Beata. Papa Francesco l’ha proclamata Santa. Ma tutti continuiamo a chiamarla “madre”. Madre Teresa di Calcutta. E lo ha fatto anche Riccardo Caniato, il giornalista e scrittore della Ares che alla santa più amata di tutta l’India (ma nata in Albania: il suo nome era Agnes Bojaxhiu) ha dedicato un agile ed avvincente volumetto: «Una matita nelle mani di Dio. Vita & santità di Madre Teresa».

Il libro, in sole 128 pagine, ripercorre la vita di Madre Teresa, soffermandosi sui passaggi salienti sia della vocazione sia dell’opera delle Missionarie e dei Missionari della Carità, le due formazioni religiose cui la Santa diede vita. Con stile giornalistico rivivono in queste pagine gli incontri, le rivelazioni private e gli aneddoti più significativi, attingendo anche agli scritti di Madre Teresa le riflessioni e i pensieri più folgoranti.

Una storia esemplare di bontà, di generosità e di amore, che ha inizio in terra macedone, a Skopje, dove Teresa vede la luce nel 1910. Appartenente a una famiglia benestante, di antica tradizione cattolica, Teresa conoscerà ben presto le conseguenze dell’odio politico e razziale. Suo padre, infatti, verrà avvelenato e morirà a Belgrado, dove si era recato per una riunione politica del suo partito. Autori del crimine, i dominatori turchi e musulmani. Teresa e i suoi fratellini trovarono nella loro madre, Dranafile, l’aiuto determinante per superare il dolore della perdita paterna. «Mia madre era una santa», dirà in più occasioni Teresa. Fu in quel contesto che Agnes maturò l’idea di farsi missionaria. Nel 1925 divenne parroco al Sacro Cuore, la chiesa di riferimento della famiglia, il gesuita Jambrenkovic che raccontò ai parrocchiani l’impegno dei gesuiti nella regione indiana del Bengala. Fu il racconto di quelle vicende a spingere Teresa a diventare religiosa e a recarsi in India.

Giunta a Calcutta, Teresa venne destinata, come primo incarico, ad un piccolo centro missionario ai confini della città, in veste di infermiera. Ben presto, le Suore di Loreto, che gestivano, a Calcutta, la St. Mary Hight School, la chiamarono come professoressa di religione, storia e geografia. Teresa si fece molto apprezzare ed ascoltare dai suoi allievi. Ma l’evento determinante per il suo futuro fu l’incontro della giovane monaca e insegnante con i bambini degli “slums”, le baraccopoli di Calcutta: gli ultimi, i dimenticati. Morivano di fame e di stenti. Mancavano di tutto. Teresa divenne la loro Fata. Ricambiavano la sua generosità e la sua assistenza con sorrisi e chiamandola «Ma», cioè “mamma”. Anche così, soprattutto così, è nata Madre Teresa. Tutto il suo tempo rimanente, la giovane suora albanese lo dedicava ad assistere i malati negli ospedali.

Nel 1946, terminata la seconda guerra mondiale, la capitale del Bengala si bagnò del sangue dei suoi figli per i cruenti scontri tra indù e islamici. In cinquemila caddero per le strade in quello che passerà alla storia come “l’eccidio di Calcutta”. Anche in quell’occasione, Madre  Teresa fu autrice di una serie infinita di opere di bene, assistendo i poveri che morivano sui marciapiedi, portando soccorso di feriti, di qualunque parte essi fossero. Nel dopoguerra, Madre Teresa diede vita ad un nuovo ordine monacale, le cui componenti avrebbero, da quel momento in avanti, indossato i “sari” bianchi (le tuniche tradizionali delle donne indiane), orlati di azzurro, in ossequio alla Madonna. Frattanto, Madre Teresa e le sue collaboratrici avevano perfezionato le loro conoscenze in materia di assistenza medica, per cui erano diventate preziose nell’assistere le persone affette dalle più gravi malattie.

Il 30 gennaio 1948 il mahatma Gandhi morì assassinato. Il suo testimone, per un mondo pacificato e d’amore, passava nelle mani di una piccola suora, Madre Teresa, e nelle sue sorelle, confluite nella «Congregazione delle missionarie della carità», da lei fondata. Per decisione di Madre Teresa, le Missionarie aggiunsero, ai tre voti tradizionali (povertà, castità e obbedienza), un quarto: servire tutta la vita i più poveri fra i poveri, senza accettare, in cambio, ricompense materiali. Da quel momento ebbe inizio, ad opera della Congregazione, la fondazione di ricoveri, di scuole, di orfanotrofi, di mense e convitti per i poveri, infine di lebbrosari e di case di cura per i malati di Aids.

La più celebre di queste opere è la «Casa del cuore puro», l’ospizio dei moribondi di Calcutta. Visitando questo luogo, papa Giovanni Paolo II pronunciò parole indimenticabili. Era il 4 febbraio 1986. Madre Teresa lo definì «il più ben giorno della mia vita».

Tre furono i Papi che dedicarono preghiera e gratitudine a Madre Teresa: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Papa Montini chiese a Madre Teresa di aprire un centro nella diocesi di Roma. Da quel momento, la Congregazione ebbe uno sviluppo imponente. Le missionarie si diffusero in tutto il continente americano; poi in Africa, in Europa e ancora in India dove, nel 1990, si contavano ben 153 case distribuite tra tutte le diocesi.

Madre Teresa morì il 5 settembre 1997. La Chiesa l’ha beatificata il 19 ottobre 2003 e l’ha poi canonizzata il 4 settembre 2016. Nel 1979 Madre Teresa era stata insignita del Premio Nobel per la Pace. In quell’occasione aveva rifiutato la sfarzosa serata di gala in suo onore, proponendo agli organizzatori di devolvere ai poveri la somma equivalente al costo della cerimonia. Premiata in America, ebbe un grande riconoscimento anche dall’Unione Sovietica, allorché l’allora presidente Mikhail Gorbaciov le consentì di aprire a Mosca la prima Casa della sua Congregazione.

Nel 1997, l’anno della sua morte (il 5 settembre), le sue suore erano 4.000, presenti nelle 605 case di missione sparse in 123 Paesi del mondo. Riccardo Caniato completa la sua descrizione di questa straordinaria suora raccontando i miracoli a lei attribuiti e riportando le più significative parti degli scritti di Madre Teresa. Nel libro è riportata anche l’omelia di Papa Francesco, pronunciata in occasione della canonizzazione della famosa monaca. Eccone un brano significativo: «La sua missione nelle periferie della città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri. Oggi consegno questa emblematica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità!  Penso che forse avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla Santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda, che spontaneamente continueremo a dirle “Madre Teresa”».

Con questo veloce e completo libro, Caniato aggiunge una nuova pagina al suo già ragguardevole album di autore profondamente cattolico. Con le Edizioni Ares, di cui è caporedattore ed editor, ha già pubblicato: Maria, alba del terzo millennio (con Vincenzo Sansonetti); La Madonna si fa la strada e Medjugorje Paradiso sola andata. Curatore del libro La Madonna di Civitavecchia di padre Flavio Ubodi, con Rosanna Brichetti Messori ha seguito l’edizione postuma del volume di monsignor Enrico Galbiati Maria Rosa Mistica e Madre della Chiesa, dedicata alle apparizioni di Montichiari, pubblicando poi anche i Diari della veggente Pierina Gilli, di cui recentemente abbiamo parlato su queste colonne.

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