Grande l’indignazione da parte di chi, credente o con almeno un po’ di buon senso, ha potuto vedere la carnevalata del Met gala di New York, ampiamente descritto su Riscossa Cristiana riprendendo un pezzo di Ferraresi sul Foglio. Indignazione ancora più feroce se si pensa al grande contributo che la Santa Sede ha voluto dare all’iniziativa, soprattutto per mezzo del card. Gianfranco Ravasi, il quale evidentemente ha trovato le porte aperte anche della Sacrestia Pontificia che risulta dipendente dalle scelte dell’ufficio delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice diretto da mons. Guido Marini, già maestro delle sfarzose cerimonie dell’epoca Benedetto XVI e ora zelante ministro per la semplificazione liturgica del governo bergogliano.
Questa iniziativa, sbattutaci in faccia dai media, non è però un bizzarro fungo apparso in quattro e quattr’otto nel giardino della Chiesa; come per tutti i problemi di oggi affonda le radici nei decenni che ci precedono.
Dopo il Concilio Vaticano II ci fu urgenza di rifare completamente l’immagine della Chiesa, attratti dal crescente potere di telecamere e rotocalchi. Tutto doveva sembrare moderno, semplice, alla portata dell’uomo moderno. Le anticaglie risultavano non solo fuori luogo ma addirittura imbarazzanti. Questo spiega il grande accanimento verso l’arte sacra in generale cui assistiamo da un cinquantennio a questa parte. Varato il nuovo rito della Messa e accantonata per sempre la vecchia teologia che mal vi si intona, è stato il turno dei simboli. L’illumismo ecclesiale che mal sopporta l’esteriorità e la simbologia liturgica per ridurre la fede e il culto ad una faccenda squisitamente intimistica e personale, ha in realtà dato un peso enorme alla portata di questo patrimonio che, per forza di cose, è anche di valore artistico e storico. E’ partito così il restyling ecclesiastico che con grande coerenza -tocca riconoscerlo- ha attuato nella pratica ciò che si scriveva sui testi. Provo a fare un riassunto dei principali ambiti di intervento:
1) L’altare verso il popolo, vera grande novità. Esagerazione persino per il Lutero demolitore dell’Eucarestia, è stato il cavallo di battaglia del nuovo corso liturgico. Oggigiorno si ripete fino allo sfinimento che “conta la sostanza” e che “Dio non guarda le esteriorità” ma all’epoca significò molto arrivare a questo risultato per poter arrivare ad una nuova messa con una nuova teologia. Gli antichi altari non servono più, nei casi più drastici sono stati demoliti o “appianati” per permettere al sacerdote di utilizzarli dall’altro lato. Gli altari laterali hanno subito la stessa sorte in numerosissime chiese.
2) le balaustre. Cambiando la gestione degli spazi e soprattutto il modo di ricevere la Santa Comunione, le balaustre sono state quasi dappertutto rimosse; spesso riciclate per fare altro, molte volte dimenticate in qualche cantina.
3) i paramenti sacri. Il nuovo rito prevede grande sobrietà nei simboli e nei gesti, perciò anche il vestiario è stato notevolmente ridimensionato già nelle norme ufficiali, ancora di più nella prassi (perché una volta aperto il recinto…). A farne le spese: le coltri funebri, i paramenti neri, i manipoli, i veli da calice, le borse del corporale, le pianete. Ci furono diverse scuole di pensiero circa il pensionamento di questi paramenti: chi fu per la vendita, chi per il baule in soffitta, chi per il drastico falò dietro la chiesa (scelta tutt’altro che infrequente).
4) l’organo. Anche per gli strumenti musicali fu un brutto momento: se in poche occasioni si optò per la demolizione, ci fu un diffusissimo abbandono nell’utilizzo e nella manutenzione di questi preziosi strumenti che in molti casi sono inutilizzabili.
Per i numerosissimi edifici sacri costruiti in questo cinquantennio non ci fu problema perché fu possibile realizzarli in maniera completamente nuova e adatta ai tempi.
Il risultato? L’enorme patrimonio di suppellettili e paramenti sacri non fu più adatto al nuovo corso. Ci fu una massiccia alienazione (basti vedere ancora oggi come mercatini dell’antiquariato o siti online vendano sistematicamente questi oggetti, spesso anche reliquie!) o addirittura l’eliminazione fisica. Spesse volte questi oggetti vengono acquistati e utilizzati per usi profani. Alcune volte per rituali sacrileghi. Nel nord europa vengono vendute addirittura chiese intere e un’agenzia specializzata si occupa dello smercio dell’ingente arredo liturgico.
La liturgia si è così spogliata di tantissimi e potenti simboli che le si confacevano da secoli, lasciando un vuoto nei fedeli che vi assistono e che vengono sempre rimproverati di “non capire sufficientemente” e di essere “spiritualmente infantili” avendo bisogno di cose esteriori per pregare.
Le nuove generazioni di sacerdoti sono certamente più preparate dal punto di vista della tutela del patrimonio artistico -materia di insegnamento nei seminari- ma non hanno alcuna preparazione liturgica per poter valorizzare questi manufatti non solo dal punto di vista artistico ma anche spirituale, che sarebbe il vero fine di questi oggetti. Così oggi si trovano basiliche e cattedrali dove per vedere paramenti e argenterie tocca pagare un biglietto, mentre sull’altare maggiore il sacerdote celebra rivestito di paramenti dozzinali e con suppellettili da Ikea. Mi viene in mente un aneddoto: una zelante signora di parrocchia che lavorava come inserviente in un asilo di suore, notò che le bambini giocavano a vestire le bambole con pizzi e ricami sacri lasciati dalle reverende per farle giocare. Questo episodio può essere letto in due sensi: conferma la non-curanza verso gli oggetti sacri che sto descrivendo ed è a sua volta simbolo di una chiesa moderna che si trova a giocare con cose che non conosce!
Non ci si può stupire allora davanti allo squallore della moda newyorkese né tantomeno del contributo entusiastico di cardinali e monsignori. Il loro intento l’hanno raggiunto: profanare i simboli sacri. Utilizzarli a loro piacimento per comunicare qualcosa che non è più sacro ma altro, sia esso un significato intellettuale oppure erotico, come si è visto. I simboli sono così dei feticci, svuotati del loro significato. Ciò si può capire da diversi fenomeni, apparentemente diversi tra loro:
1) l’estetismo: la tendenza molto diffusa nel dare grande peso ai simboli sacri e alla loro giusta valorizzazione, senza però considerare il nocciolo della questione, ovvero la forma liturgica e la sua conseguente teologia. E’ il primo passo che può evolvere in qualcosa di buono, ma da solo è un disastro. Si vedono spesso chiese ben allestite e sacerdoti ben vestiti ma con ritualità da far accapponare la pelle. Per inciso: anche la high church anglicana utilizza pianete, argenterie e paramenti da urlo. Peccato siano protestanti.
2) l’erudizione: quando si valorizzano le forme e si inquadrano anche i contenuti corretti ma poi non si è in grado di trasmettere i loro significati alla comunità. E’ il vizio di certi ambiti tradizionalisti dove si da per scontato che tutti siano sbucati da un varco temporale e abbiano conosciuto gli anni ’40. Dare per scontato qualcosa nella liturgia ha portato solo ai disastri che sappiamo: occorre studiare, approfondire e soprattutto trasmettere e far capire.
3) il pauperismo: di gran voga negli ultimi anni. Benvenuti nel mondo in cui per sembrare poveri tocca spendere mucchi di soldi. E’ facile reperire su internet la quantità esorbitante di paramenti poveri che sono stati comprati Oltretevere per dare l’immagine del pontificato sobrio, alcuni utilizzati solo una volta e poi finiti chissà dove. Per dare qualche numero, papa Francesco ha finora utilizzato in celebrazioni pubbliche solenni (dunque senza contare le messe quotidiane): 70 casule bianche, 13 rosse, 18 verdi, 14 viola, 50 mitrie e ben 20 bastoni pastorali, uno più brutto dell’altro. Negli anni ’70 si spese una fortuna per rimuovere la tappezzeria rossa dalle pareti dei Sacri Palazzi e sostituirla con una più sobria moquette beige. Così l’effetto tristezza dilagò via via nelle comunità parrocchiali. Anche in questo caso i simboli sono utilizzati per veicolare un altro messaggio che non ha a che vedere col sacro: l’esaltazione di sé come moralmente superiore. L’effetto sulle masse è da sbadiglio: basti vedere il tracollo dei fedeli in piazza S. Pietro e giù giù fino alle parrocchie che ne sono affette.
4) il doppio fine: qui si va su un terreno pericoloso. Da una parte c’è il pregiudizio dei liturgisti radical chic di definire checche coloro che si occupano con dedizione di arredi e suppellettili sacre, dall’altra il sospetto non infondato che questo interesse abbia secondi fini. L’accostamento tra tema sacro ed erotismo è stato ben marcato anche nel red carpet newyorkese, dove croci e simboli sacri facevano bella mostra su abiti provocatori e scollacciati. Il tema blasfemo del religioso/a lussurioso non è certo una novità del settore. I simboli sacri purtroppo possono servire per questa diabolica commistione, facendo da schermo su situazioni personali di fragilità o di dubbia identità.
Tutte questi risvolti hanno un’unica identica radice: lo svuotamento del simbolo del suo significato autentico e l’inserimento di un nuovo contenuto arbitrario. A New York non si è trattato di un errore dunque. E’ una strategia ben mirata. D’altronde lo dice lo stesso card. Ravasi parlando del materiale prestato alla mostra:
“La selezione offerta dalla mostra è marcata da un’indubbia qualità sontuosa: essa è stata esaltata nell’epoca barocca ma è rimasta nell’ornamentazione liturgica dei secoli successivi. Si voleva, così, per questa via proclamare la trascendenza divina, il distacco sacrale del culto dalla ferialità quotidiana, lo splendore del mistero”
Della serie: della trascendenza divina e dello splendore del mistero ora non ci importa e ci teniamo a farvelo capire. Sugli effetti di questa secolarizzazione liturgica c’è poco da dire: il disastro è sotto gli occhi di tutti ed è ridicolo sostenere che si tratti di un incidente di percorso.
Lo scimmiottamento andato in scena l’altro ieri al Met gala è stata l’ennesima occasione per dileggiare la Chiesa del passato. Peccato che la Chiesa del presente non si sia accorta di essere stata essa stessa dileggiata da quelli che considera amici. Commenta infatti così Anne Wintour, organizzatrice dell’evento e direttrice di Vogue America:
“Com’è stato lavorare col Vaticano invece che soltanto con gli stilisti?
Da non crederci: non solo non rispondevano alle email. Non rispondevano a me. E quando ho chiesto perché, mi hanno spiegato che il Vaticano risponde solo alle lettere scritte a mano. Ma io sono ostinata, lo sanno tutti. Ho scritto lettere e mi sono presentata di persona. E quando il curatore Andrew Bolton mi ha detto che era contento perché dopo 10, forse 15 tentativi avevano mandato 5 paramenti dalle loro collezioni storiche, ho commentato: chiedine almeno altri 30. Alla fine, guarda caso, ne sono arrivati molti, molti di più. Infatti sarà un’edizione memorabile, probabilmente la più grande di tutte: oltre alle sale del Metropolitan Museum, gli abiti saranno esposti in altre gallerie compresi i bellissimi chiostri che ci sono Uptown. E non ci sarà solo moda ma anche arte e altri pezzi storici provenienti dal Met”.
Così coloro che spendono tante energie per essere al passo con le mode, vengono derisi comunque per essere antiquati. Avete voluto la bicicletta per inseguire il mondo? Ora pedalate.
21 commenti su “Salirò all’altare di Vogue – di Andrea Maccabiani”
Bellissimo articolo, complimenti!
Fellini in un suo film presentò una sfilata di abiti per religiosi. Tutto secondo la tradizione, ma con un crescente di bellezza e di attualità. Passò senza ostacoli forse perché il Vaticano II non era stato applicato in pieno. Certo è che Rahner, anche allievo di Heidegger, aveva preparato il terreno perché questo accadesse. Una volta ispiratrice dei Papi e della Chiesa era Santa Caterina, oggi abbiamo la Louise Rinsen, come ho già detto sino alla noia, sostegno spirituale e carnale di ben due membri del CVII. È incredibile come il pensiiero tedesco, nazistoide più che luterano, abbia trovato spazio nella Chiesa Cattolica dopo la guerra. L’espressione compiaciuta e volutamente mondana del Card. Ravasi può essere presa come simbolo di ciò che accade. Ma le profezie parlano di un futuro tragico
Dio non guarda le esteriorita’. E’ vero. E siccome bisogna guardare alla sostanza possiamo anche tralasciare paramenti e arredi sacri, chiese amorfe o sfilate modello giuditta, ma la concessione dell’eucarestia ai protestanti attacca la sostanza della fede e viene fatta passare come puro fatto esteriore, un mero atto convenzionale. Credo che la chiesa abbia da interessarsi d’altro che di cerimoniali e sfilate.
Siano lodati Gesù e Maria! Carissimo, il Signore guarda alla sincerità del cuore. Ma quando questa c’e, il comandamento é di amarLo con tutto il cuore, l’anima e la mente. Con tutto se stesso. Ora, noi non siamo angeli. Siamo uomini, materia e spirito. E non siamo manichei: la materia é decaduta, ma non é una cosa cattiva. L’uomo si esprime ANCHE grazie a segni fisici: i Sacramenti per essere valido devono avere una materia (non si può battezzare a mente, occorre l’impatto fisico). Così come se voglio adorare Dio lo farò mettendomi in ginocchio; se non lo fa, non lo esprime così profondamente come chi é genuflesso (malattie e sinceri impedimenti a parte…). Le Chiese devono esprimere il bello (che viene da Dio) ed a Dio devono dare culto con il massimo rispetto. É DOGMA di Fede che gli atti per una liturgia più povera siano scandalosi e non accettabili (se ha dubbi le cerco la citazione esatta). É come la Fede: se é vera, ci sono anche le opere fisiche, se no é la falsa fede luterana. Dio si s’adora in spirito e Verità, con un’esteriorità chiara ed univoca. Ave Maria
Il generale Foch era un vero credente. e partecipava, alla testa dei suoi soldati che lo volevano, all’eucaristia.
La tromba comandava il “riposo” e il “pied arm” durante la celebrazione, a seconda dei casi.
Alla consacrazione però la tromba dava l'”Attenti” e tutti scattavano sull’attenti. Il generale per primo.
Quella è la forma di massimo rispetto per un soldato davanti all’autorità. Un soldato in armi non si inginocchia.
Tra le altre cose che si narrano di lui, fu la richiesta da parte degli alti comandi di specificare quali fossero i soldati che partecipavano alla S. Messa, e la risposta fu:
“Non lo so, Un comandante Non si volta indietro, quando, alla testa dei suoi soldati si trova davanti alle Autorità, alla S. Messa mi trovo davanti alla massima delle Autorità”
Credo che questo spieghi molto, nella gestualità liturgica.
Non sono un generale, ma “da sempre” alle messe al campo scout era l'”Attenti”. e poi da parac e poi…per abitudine acquisita scatto sull’attenti alla consacrazione.
E non credo di essere irrispettoso
Se NSGC non avesse apprezzato le esteriorità del Culto dovuto a Dio, non avrebbe sgridato gli Apostoli per la faccenda del vasetto di alabastro con il suo prezioso olio profumato di nardo genuino.
Certo che il Signore non lo fece perché fosse vanitoso o gli piacessero i profumi. Apprezzò quel gesto perché era di autentica fede e di venerazione verso Dio.
Dio ama il Vero, il Bello perché sono qualità che gli appartengono nella misura della loro stessa perfezione.
I Cristiani ci hanno sempre creduto e hanno creato meraviglie in tutti i campi investendo tutte le loro migliori forze intellettuali, artistiche, economiche e il lavoro delle maestranze di tutti i tempi. SOLI DEO GLORIA.
Come possiamo non reagire al totale scempio del nostro immenso patrimonio di devozione ricevuto in eredità da due millenni di cristianità, distrutto o profanato?
Certo, siccome la Fede, nel contempo, una cosa molto semplice e molto complessa, ci vuole il giusto equilibrio tra la forma e la sostanza nella misura in cui la prima compenetra la seconda. Chi ci può dare questo equilibrio? Lo Spirito…
Santo.
Se tutte le creazioni umane di devozione verso Dio andassero distrutte, com’è nella natura delle cose terrene, penso che sarebbe doveroso per i Cristiani costruirne di nuove (…ma non come le costruiscono ora, però!!!!!)
Laudetur Iesus Christus.
Magistrale titolo dell’articolo. La vignetta sulla Croce che viene tolta in nome dell’Apostasia, mi ha fatto venire in mente la foto dei soldati americani che fissano la bandiera americana che viene issata ad Iwo Jima, ed ho immaginato allora una vignetta in cui gli stessi soldati americani fissano stavolta la Santa Croce a mo’ di bandiera come ad Iwo Jima……
Grazie Sursum Corda. Hai fatto giustissime precisazioni. Altro che “Dio non è un contabile…, conta la sostanza… Dio non guarda l’esteriorità”, formule abusatissime e meccanicamente ripetute nella neochiesa.
Si ricorda di Ravasi un bellissimo articolo “ai fratelli massoni”. Lo si ricorda anche in qualche rito sciamano. Gli si ricorda che Gesù, in fondo, “se l’era cercata!” Questo è! Il problema sta a monte.
Poiché non c’è limite al peggio, ora tocca pure leggere i blablablà degli organizzatori della (blasfema) sfilata del Met, che argomentano per convincere che il tutto è stato organizzato per avvicinare il profano al sacro.
Allora dovrebbero spiegare anche l’utilizzo di modelle popputissime e scosciatissime per indossare i sacri paramenti.
Sia mai che in questo ci sia qualche recondita finalità ecclesialpastoraldottrinal… che a noi del popolino sfugge.
Magari il cardinal Ravasi potrebbe portare chiarezza…
2) l’erudizione: CONCORDO all’ennesima potenza!!! ma con i numeri di sacerdoti e di fedeli che celebrano il VO………..comunque vale anche per il NO visto lo stato della catechesi a bimbi e adulti.
3) il pauperismo: così come la fede e la liturgia non appartengono al clero che devono essere solo amministratori fedeli, così anche le ricchezze delle chiese non sono loro. Materialmente appartengono al popolo di Dio che nei millenni, per pietas cristiana, si sono spesso tolti i soldi dalla bocca o direttamente o tramite i Principi o la Chiesa (ma sempre soldi del popolo sono…) .
Spiritualmente appartengono alla Gloria di Dio. Pensi il clero a mantenersi povero nella propria vita personale!!!! Faccia come il fraticello, col suo umile saio che però quando sale sull’altare rappresenta la persona di Cristo Risorto e Glorioso e rifulge dei paramenti più sfarzosi !!!!
Un pauso agli Ortodossi che hanno mantenuto la Tradizione nei paramenti, nella Liturgia, nei canti.
Giustissimo quello che dice Roberto. Esisteva nella religione ebraica la proibizione di fare immagini sacre. Ma gli arredi erano d’oro. Nel Cristianesimo la proibizione venne superata grazie all’immagine di Cristo sulla Sindone (allora era il Mandillion) e sul telo di bisso: la Veronica. La storia delle immagini nella religione cristiana è lunga e complessa. A Bisanzio ci fu un periodo di iconoclastia. Nell’Islam c’è sempre stata la proibizione delle immagini umane. Si tratta sempre nel cristianesimo di immagini con una grande bellezza, dalle icone sino alle apparizioni di Maria. La bellezza è connotato del sacro. Persino le povere immagini nelle catacombe hanno una loro bellezza. Con la perdita conclamata della fede anche la bellezza viene travolta sia nel sacro che nel profano. Quindi gli arredi sono passati da strumenti di venerazione verso il sacro a chincaglierie da vendere come antiquariato. Con la benedizione di Santa madre Chiesa.
L’imbelle Ravasi, dimostrazione dell’imbelle gerarchia cattolica che di cattolico non ha più niente.
A me sembra piuttosto una voluta PROFANAZIONE ed un insulto alla Fede dei semplici
La mente dell’uomo crea simboli ,basti pensare alla matematica. Il simbolo è una forza .Senza simboli l’uomo non esiste.
Roberto dice: “Un pauso agli Ortodossi che hanno mantenuto la Tradizione nei paramenti, nella Liturgia, nei canti”. Vorrei precisare che gli ortodossi (scismatici/eretici) non hanno mantenuto la tradizione (anche loro si sono aggiornati con “messe” tipo quelle della chiesa conciliare). La Tradizione intatta della Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica è mantenuta solo dai veri cattolici ossia i c.d. “tradizionalisti” o “sedevacantisti”. Solo loro mantengono l’intera liturgia, canti Gregoriani, sacramenti, sacerdozio, paramenti preghiere, ecc ecc della Tradizione cattolica. Sono gli unici che possono chiamarsi Cattolici (della Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica). I conciliari preferiscono lodare gli ortodossi (scismatici/eretici) piuttosto di ammettere questa realtà facendo finta che il Resto cattolico non esiste. Ma il Resto sta crescendo. Infatti sono non pochi che capiscono che la Fede e la Chiesa Cattolica istituita da NS Gesù Cristo oltre due mille anni fa non può essere quel abominio capeggiata ora da Bergoglio. Sia lodato Gesù Cristo!
Premesso che sono Cattolico e non voglio fare l’apologia degli Ortodossi (poi i conosco bene solo i Greci in realtà) devo dire che le tue affermazioni, salvo prova contraria, non mi sembrano corrette.
Come tu ben saprai, gli Ortodossi sono i Cristiani più vicini a noi Cattolici. Le questioni teologiche sollevate (delle quali la più famosa è il “filioque”) forse già avrebbero potuto essere dipanate all’epoca dello scisma (1054) se dietro non ci fossero state pesanti motivazioni politiche legate al primato del Papa. A differenza di tutti gli altri separati, gli Ortodossi hanno tutti i sacramenti validi e la continuità apostolica.
Abbiamo in comune 1054 anni di cristianesimo compresi tutti i Concili e il Credo di Nicea. Il Nuovo Testamento è stato scritto in Greco. E’ probabile che gli Apostoli e i discepoli giudei a Roma parlassero greco più che latino poiché il greco era la lingua franca del tempo.
Abbiamo in comune moltissimi importantissimi Santi e Padri della Chiesa.
….continua
Non mi risulta che gli Ortodossi abbiano modificato la Liturgia basata sul rito bizantino del IV secolo che comprendeva la divina liturgia di san Giovanni Crisostomo e quella di san Basilio Magno. Entrambe discendono dalla più antica divina liturgia di san Giacomo di Gerusalemme, che tradizionalmente è attribuita al primo vescovo di Gerusalemme, Giacomo il Giusto.
Il concetto di riforma liturgica non esiste per gli Ortodossi.
Quindi tutto nasce in comune. Poi si differenza nei secoli.
Detto questo, essendo io, come detto, Cattolico sostengo che la sola e unica Verità è professata dalla Chiesa Cattolica Apostolica e Romana. Chi vuole condividerla con Essa, deve rinunciare ai propri errori ed entrare in piena Comunione con Roma. Punto.
Quanto poi al Tradizionalismo, di cui mi sento parte, il discorso – come ben sa – è vasto ed articolato. Siccome suppongo che frequentiamo gli stessi siti, è inutile tornarci su.
Nunc et semper.
Beh se conosci solo in Greci…. Dal paese dove provengo io c’erano ortodossi di ogni specie e da ogni paesi.Sono nazionalisti e politicizzati. Fra di loro non si può certo dire che si amano. Ciascuno ha la propria liturgia comunamente moderna eccetto in certe occasioni. E poi cambia da nazione a nazione. Oltre 1000 anni di scisma contano..Al di la della risaputa questione del filioque il fatto che non sono obbligati ad assistere alla Messa ogni domenica, che non hanno i Dogma Mariani e che non hanno problemi riguardo celebrare con i protestanti (eretici) e solo la punta del iceberg per quanto le differenze con i Cattolici. Purtroppo in Italia gli ortodossi hanno una reputazione che non corrisponde al vero vissuto. Sia lodato Gesù Cristo!
Posso chiederle a quale paese si riferisce?