Questa sì che è profezia. Intervista all’Instrumentum Laboris Amazzonico

Buongiorno dottor Laboris, la ringrazio per aver accettato questa intervista. Come? Posso chiamarla Instrumentum? Ah, benissimo. Ho una serie di domande che ci tenevo a farle, visto che i nostri lettori non hanno ben chiaro dove vuole andare a parare; inizio subito.

M.M. Come si propone di essere questa nuova “Chiesa dal volto amazzonico” di cui tanto si narra nel suo testo?

I.L.A. Vuole essere samaritana e profetica attraverso la conversione pastorale.

M.M. Certo, ma come pensa di fare per riuscirvi?

I.L.A. Ascoltando i popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico.

M.M. Ci sono anche altre voci che intende ascoltare?

I.L.A. Ascoltare il canto che si impara in famiglia come modo di esprimere la profezia nel mondo amazzonico.

M.M. Ammetterà anche lei però che non sempre in passato la Chiesa è stata maestra di profezia.

I.L.A. In questo passato la Chiesa è stata a volte complice dei colonizzatori e ciò ha soffocato la voce profetica del Vangelo.

M.M. Nel caso incontrasse delle resistenze come dovrebbe comportarsi?

I.L.A. Da un lato, sarà necessario indignarsi, non in modo violento, ma fermo e profetico.

M.M. E dall’altro lato?

I.L.A. Una Chiesa profetica è quella che ascolta le grida e i canti di dolore e di gioia.

M.M. Va bene, ma cerchiamo di andare oltre. Ce la fa a elaborare un pensiero compiuto che definisca un po’ meglio i contorni di questa profeticità?

I.L.A. In breve, una Chiesa profetica in Amazzonia è una Chiesa che dialoga, che sa cercare accordi e che, da un’opzione per i poveri e dalla loro testimonianza di vita, cerca proposte concrete a favore di un’ecologia integrale.

M.M. Ma certo, quella della Laudato Si’. Tuttavia ci è giunta voce che è sua intenzione anche “generare processi di apprendimento che aprono cammini per una formazione permanente sul senso della vita integrata al suo territorio e arricchita da saggezze ed esperienze ancestrali”, non è vero? Cosa invitano a fare tali processi?

I.L.A. Tali processi invitano a rispondere con onestà e stile profetico al grido per la vita dei popoli e della terra amazzonica.

M.M. Pare quasi di sentirlo questo grido. Se i popoli gridano la Chiesa cosa fa?

I.L.A. Una Chiesa profetica non può smettere di gridare per i diseredati e per coloro che soffrono.

M.M. Dunque sarà una specie di grido corale, un urlo liberatorio da parte di popoli, terre amazzoniche ed alti prelati. Del resto sembra che ormai il momento sia giunto, cosa dice?

I.L.A. È il momento di ascoltare la voce dell’Amazzonia e di rispondere come Chiesa profetica e samaritana.

M.M. Già, samaritana in effetti si abbina bene. Ma tutta questa profezia, dove porta esattamente? Ad esempio, cosa propone di nuovo e diverso per la vita consacrata?

I.L.A. Si propone quindi di promuovere una vita consacrata alternativa e profetica, intercongregazionale, interistituzionale, con un senso di disponibilità a stare dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuole stare.

M.M. Intercongregazionale? Interistituzionale? Ma siete sicuri di non essere voi quelli con cui nessuno vorrà più stare se continuate ad utilizzare un linguaggio simile? La vita consacrata dovrà essere alternativa a cosa esattamente? Le parrocchie, tanto per allargare il discorso, come dovranno posizionarsi?

I.L.A. Alcune parrocchie, da parte loro, non hanno ancora assunto la loro piena responsabilità nel mondo multiculturale che richiede una pastorale specifica, missionaria e profetica.

M.M. Non l’avrei mai detto. Cosa comporta ancora il fatto di gridare con questa voce forte e chiara, e da dove si può partire?

I.L.A. La voce profetica implica un nuovo sguardo contemplativo capace di misericordia e di impegno. Come parte del popolo amazzonico, la Chiesa ricrea la sua profezia, a partire dalla tradizione indigena e cristiana.

M.M. A questo punto mi deve togliere una curiosità: lei per caso conosce quel tale che va in giro per salotti travestito da monaco? No? Strano, sembra proprio di sentir parlare lui! Fa niente, andiamo avanti. Crede che sia realistica questa vostra idea di ecclesialità amazzonica?.

I.L.A. Essere Chiesa in Amazzonia in modo realistico significa porre profeticamente il problema del potere, perché in questa regione le persone non hanno la possibilità di far valere i loro diritti contro le grandi imprese economiche e le istituzioni politiche.

M.M. Per mirare a tali ambiziosi obiettivi occorre certamente avere degli alleati. Come intendete muovervi in tal senso?

I.L.A. Allearsi ai movimenti sociali di base, per annunciare profeticamente un programma di giustizia agraria che promuova una profonda riforma agraria, sostenendo l’agricoltura biologica e agroforestale. Assumere la causa dell’agroecologia incorporandola ai loro processi formativi per una maggiore consapevolezza delle stesse popolazioni indigene.

M.M. Agroecologia eh? Interessante… Signor Instrumentum, devo essere sincero: non so se la situazione mi è più chiara di prima, ma ormai siamo in conclusione. Proviamo a sintetizzare tutto il suo contenuto in un pensiero?

I.L.A. La voce dell’Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede (Parte I), si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per un’ecologia integrale (Parte II) e per nuovi cammini al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia (Parte III).

M.M. Ok, come non detto.

NB: le risposte sono tratte integralmente e senza alcuna modifica (a parte i grassetti) dall’Instrumentum Laboris.

11 commenti su “Questa sì che è profezia. Intervista all’Instrumentum Laboris Amazzonico”

  1. Finché non ho finito di leggere tutta “l’intervista” pensavo che le risposte fossero una simpatica invenzione di M.M.
    E invece posso solo aggiungere questa faccina:
    😱

  2. Idem come sopra, non ho finito di leggere, credevo fosse un gioco di parole… profezia eh.
    Signore vieni presto in nostro aiuto!

  3. Anch’io pensavo fosse un’intervista sullo stile di Aldo Maria Valli, fatte per ridicolizzare certe mode clericali (meglio, pretesche, come si diceva dalle mie parti popolarmente).

  4. Forse è proprio questo il modo giusto di rapportarsi con questi neocattolici, aperti a tutto (proprio a tutto), meno che a ciò che è veramente cristiano e cattolico. Basta lasciare che si seppelliscano da sé nel ridicolo.

  5. jb Mirabile-caruso

    Siamo di fronte alla FOLLIA, dettata ed imposta alle popolazioni da FOLLI in possesso di un potere finanziario FOLLE anch’esso per le sue inconcepibili dimensioni. Alla domanda cosa fare, la mia mente corre alla disperata ricerca nella Storia di un simile precedente. Non lo trova. E allora? Allora meno male che credo in Dio! In verità, mi avviene di riflettere, anche se fossi un ateo – di fronte ad una incombente Dittatura della Follia – un Dio dovrei pure inventarmelo per evitare di diventare folle anch’io!

  6. Alberto Scarioni

    Anche io ho inizialmente sperato che fosse una fantasia umoristica tendente al grottesco, ma purtroppo via via leggendo ho iniziato a temere che fosse tutto “vero” come confermato poi alla fine: e ciò senza nessun mio particolare acume, ma solo perchè la triste realtà supera la fantasia e forse neanche l’apprezzabilissimo Manfredini avrebbe potuto inventarle tanto grosse. Il guaio è che non solo è tutto vero, ma è anche tutto molto pericoloso perchè i cattolici (ex) invece di autoseppellirsi nel ridicolo, come giustamente commenta il lettore Marco Boggia e come sarebbe logico, si autoesaltano sempre più, e sempre più insediano questa nuova chiesa “profetica” nel suo comodo posticino nel Mondo. Visto che appare evidente che Nostro Signore sta separando le pecore dai capri, bisogna essere a tutti i costi dalla parte buona e, tanto per cominciare, lasciare queste “profezie” a chi le inventa e a chi le manovra.

  7. Nel contestare con chiarezza praticamente tutto quanto ha detto il prof Laboris, mi limito ad alcune osservazioni solo sulla Terza Parte, l’unica ecclesiale (le due parti precedenti sono un trattato socioecologico!) e, proprio per questo, la più equivoca e deludente:
    – il volto amazzonico della Chiesa presenta una fisionomia sociologica, culturale, indigena, mai riferita al suo Volto Sponsale, al Corpo Mistico, alla Traditio Apostolica (vedi nn. 107, 111, 114, 116)
    – in liturgia (culmen et fons!), l’Instrumentum raccomanda di assumere “riti, simboli, stili celebrativi delle culture indigene a contatto con la natura nel rituale liturgico e sacramentale”. Invita così a sostituire i simboli e riti biblici dell’intera storia della salvezza scelti personalmente da Cristo con “nuovi segni, nuovi simboli, diverse forme di bellezza indigena” senza i quali la liturgia rimarrebbe “un pezzo da museo o un possesso di pochi”. Espressioni volutamente vaghe (se non offensive!) che preludono paurosamente a un tale snaturamento della liturgia da non fondarla più sulla comunione col Risorto (“come tralci alla Vite”) e sul suo Sacrificio Eucaristico ma su credenze pagane, facendola divenire praticamente eretica (nn. 124, 126). Già si sono diffusi abusi (quando non sacrilegi, taciuti dai Vescovi!) nella celebrazione dell’Eucaristica e nella liturgia in genere da lasciare allibiti.
    – l’affermazione del valore del celibato sacerdotale, anziché tradursi in esortazione ad una formazione seria e generosa dei seminaristi al celibato è improvvisamente trasformata in un progetto di formazione di sacerdoti coniugati. Il motivo della “carenza” di sacerdoti (motivo più numerico che ascetico!…) è contraddetto dall’evidenza della maggiore disponibilità dei sacerdoti celibi rispetto agli eventuali coniugati (n. 129). Un’iniziativa poi che, nel tempo, porterà i giovani a prestare minore attenzione alla chiamata al celibato, accolto con gratitudine quale dono della condivisione del celibato di Cristo.
    – va ritenuta una lacuna grave (secolarizzata e pseudofemminista) il non sottolineare e promuovere innanzitutto il ruolo materno ed educativo della donna quale mamma nella famiglia (n. 129)
    – l’invito ad una nuova vita consacrata (129) “alternativa, profetica, intercongregazionale, interistituzionale” che propone ai religiosi e religiose di “disimparare modelli, ricette, schemi e strutture prefissate” altro non è che privarla dei propri fondamenti biblici, della identità carismatica di ciascun Istituto, della spiritualità del proprio Fondatore/ice, della propria storia ecclesiale e congregazionale, perciò in pratica ad affossarla! Esattamente quanto fatto dal “riformatore” Lutero!
    Ritengo sia gravissima l’irresponsabilità di papa Bergoglio che vorrebbe privarci della Chiesa cattolica, nostra Madre, e consegnarci ad una “Chiesa amazzonica”, una madre….surrogata!.

    1. Carissimo, se è pur vero che non abbiamo qui sulla terra un intercessore presso Dio del calibro di Abramo (che pure non riuscì ad evitare la rovina di Sodoma e Gomorra), cerchiamolo nei cieli: primo nella Madonna Santissima, poi nei grandi Santi come P.Pio. Altro non possiamo materialmente fare. Non posso credere che, nonostante questi potenti aiuti, il Padreterno voglia infliggerci un castigo così grosso da restare privati delle verità custodite da sempre dalla nostra Santa Chiesa. Ma dobbiamo passare attraverso una prova. Non scoraggiamoci e non prefiguriamoci chissà che. Queste preoccupazioni non fanno altro che accrescere la nostra pena e di ciò sappiamo bene chi ne gode.
      Preghiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la nostra mente. Più di questo non v’è altro.

      1. Grazie sig.ra Tonietta per l’invito alla preghiera e a non lasciarci scoraggiare! Perché di questi tempi lo scoraggiamento è quasi d’obbligo. Ma il cristiano non si deve mai rassegnare, dunque armiamoci (del Santo Rosario) e preghiamo!

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