Di Benigno Roberto Mauriello
Anche quest’anno, come consuetudine, ci si prepara a ricordare “il giorno della memoria”, il genocidio che portò alla deportazione e alla morte di sei milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti. Come al solito si condannerà ancora una volta la crudele ideologia nazionalsocialista e i suoi pochissimi epigoni. Eppure non è questo il problema. A fronte di uno sprovveduto e delle sue farneticanti provocazioni, nei cui confronti si levano a gara copiose grida di sdegno, si finge di non vedere e di non sentire quanto avviene nelle moschee e nei centri di cultura islamica, dove l’ideologia antiebraica e l’odio negazionista trovano ben altri consensi e forza virulenta. Per altro uno stato musulmano, l’Iran khomeinista, è diventato il paladino di questa ignobile causa proponendo non solo la distruzione di Israele ma arrivando anche a convocare a Teheran un convegno di “studi” negazionisti. Penso che tutto ciò non debba essere tollerato. Invito le autorità italiane a prendere provvedimenti drastici nei confronti di moschee e centri islamici, con il rimpatrio di tutti coloro che diffondono queste ideologie violente e dei loro proseliti, rivedendo, nel contempo, le relazioni bilaterali, diplomatiche e commerciali, con l’Iran.
Serve un segnale forte, altrimenti le cerimonie commemorative avranno solo il sapore dell’ipocrisia.
Un’altra considerazione si impone, tuttavia, alla nostra attenzione. L’olocausto degli ebrei è sicuramente il genocidio più noto, ma non l’unico, anche nella storia più recente. Il 24 aprile del 1915 il governo turco dell’epoca iniziò lo sterminio sistematico delle popolazioni armene cristiane nella penisola anatolica. Se il regime nazista è stato processato per i suoi crimini, atto di giustizia forse più formale che sostanziale, vista la sproporzione tra il male compiuto e le condanne e le riparazioni, l’attuale governo turco ha l’arroganza di non voler nemmeno riconoscere l’esistenza del genocidio degli armeni, mentre le sinistre e le altre forze della disgregazione premono per l’entrata della Turchia nell’Unione Europea, sperando di poter arrecare così quel vulnus decisivo all’Europa cristiana che non sono in grado di realizzare da soli. Se i principi hanno un valore, se ancora esistono degli ideali in grado di nobilitare il genere umano, non si può ignorare questa questione, in nome della realpolitik o dei gasdotti che dovrebbero attraversare il territorio turco. Anche in questo caso si deve chiedere a gran voce non solo il mea culpa verbale da parte del governo di Ankara ma il giusto risarcimento ai discendenti delle vittime, con la restituzione agli armeni dei loro beni in quella terra dove essi vivevano da millenni, molto prima dell’invasione turco-islamica.