Un rovinoso interprete dell’opportunismo democristiano.
Di Piero Vassallo
Conformista fino a scadere nella frivolezza e mutante fino ad applicare alla politica il travestitismo di Fregoli, Paolo Emilio Taviani in gioventù ha rappresentato la grottesca e bellicosa parodia della modernizzazione littoria, nell’età matura ha riversato l’interpretazione progressista del fascismo nel motore del disastro democristiano.
Chi contempla l’assidua presenza di Taviani sui sentieri obliqui del malinteso, che ha marchiato il trasformismo modernizzante di Romolo Murri e di Jacques Maritain, non ha difficoltà a comprendere le ragioni che opposero l’intrepido negatore dell’eversione marxista (il politicante secondo cui “le brigate rosse non esistono, il terrorismo è fascista”) al cardinale Giuseppe Siri, che, invece, aveva denunciato tempestivamente l’intenzione sessantottina di scristianizzare i costumi del popolo italiana.
Sennonché la grigia leggerezza del pensiero tavianeo non regge il confronto con la sapienza cristiana dell’arcivescovo di Genova. Capolavoro d’umorismo oggettivo e involontario, il libro dell’incensiere Paolo Lingua, “Colloqui con Paolo Emilio Taviani”, scritto dalla ridicola intenzione di opporre la lungimiranza del modernizzatore Taviani alla miopia del tradizionalista Siri, infatti, ridicolizza e squalifica l’autore e il suo “eroe”.
L’ardimentoso Lingua, per ridimensionare la figura del grande cardinale, cita l’affermazione di Taviani, secondo cui, nel Medioevo, Siri “sarebbe stato un grande teologo della Sorbona … affrontava qualunque tema, dall’arte alla scienza e quasi sempre con grande competenza ma bruscamente buttava via tutto nel nome dell’ortodossia … rifiutava il cambiamento e la modernità”.
Il tronfio Paolo Lingua non si avvede che la sentenza di Taviani prima che ipocrita è intrinsecamente suicida, in quanto ammette che il rifiuto della modernità, dichiarato da Siri, aveva origine dalla sapienza, dalla competenza e dall’ortodossia, dunque che il conformismo dei democristiani modernizzanti e aperturisti si nutriva d’incompetenza, d’infedeltà e – in ultima analisi – di scarsa intelligenza.
Ridicolo oltre che falso è anche il giudizio su Paolo VI che, secondo Lingua, sovrastava Siri intellettualmente “soprattutto nell’analisi del mondo moderno”: il carteggio Siri-Montini (pubblicato recentemente) dimostra, invece, che il cardinale Montini (fin dal 1958) condivideva il giudizio di Siri sull’inaffidabilità del patito democristiano e, eletto papa e fatta l’amara esperienza dell’avversione dei cattoprogressisti, riconosceva apertamente le ragioni di Siri.
Veritiera è la testimonianza di Taviani, raccolta da Lingua, sul sostegno che la sua politica ottenne dalla massoneria e dagli altri poteri forti attivi nella tormentata città di Genova.
L’approvazione massonica alla politica del centrosinistra Taviani l’aveva ammessa nel suo libro di memoria. L’appoggio degli altri poteri forti lo ha confessato a Lingua il quale oggi può rammentare le fatidiche parole di Taviani “si poteva tirare dritto, senza preoccuparsi più del necessario dell’arcivescovo di Genova, in quanto … il mondo imprenditoriale privato, per non parlare delle aziende dell’Iri, si adattò a trattare con i reali vincitori, ovvero democristiani e socialisti”.
Vincitore Taviani e perdente Siri? Paolo Lingua ne è sicuro. Ma gli ideali della modernità ammirata e obbedita da Taviani, prima sono finiti sotto le macerie ingloriose del muro di Berlino infine sono bruciati nella carta stampata dal finanziere liberale, il truffatore Madoff.
La figura del gongolante aperturista Taviani, l’uomo che dileggiava l’arretratezza del cardinale antimoderno, oggi rappresenta “il malinconico passato di un’illusione”.
Siri, ai lettori dei suoi scritti, assume invece la figura dell’osservatore lungimirante, che annunciava la spaventosa involuzione gnostica (nichilista) delle filosofie moderne e la loro squallida fine.
Taviani ha vinto al tavolo effimero della massoneria e dei poteri forti. Siri ha vinto davanti alla storia, che ha confermato i suoi giudizi e le sue previsioni, e davanti ai sovrastanti poteri del denaro e della spocchia, che lo hanno inutilmente isolato e deriso.