Di P. Giovannoni Cavalcoli, OP, Facoltà Teologica di Bologna
Le recente firma del decreto col quale il Papa dichiara le virtù eroiche sia di Pio XII che di Giovanni Paolo II, ripete in qualche modo una dichiarazione simile: la beatificazione sia di Pio IX che di Giovanni XXIII. Sia nell’uno che nell’altro caso, due Pontefici assai diversi tra di loro, eppure, per chi sa vedere, reciprocamente complementari e soprattutto testimoni di quella “ermeneutica della continuità”, con la quale Benedetto XVI ci invita a leggere il passaggio storico della Chiesa dal periodo precedente al Concilio Vaticano II a quello seguente, la medesima Chiesa, una nella sua immutabile divina essenza, eppure sempre meglio conscia di se stessa, delle sue ricchezze, della sua bellezza, della sua tradizione. E’ proprio dei robusti organismi viventi sapersi adattare al variare delle circostanze mantenendo intatta, anzi rafforzando la propria identità. Così è avvenuto per la Chiesa dalla fine dal Concilio ad oggi, nonostante i ben noti equivoci e le ben note difficoltà interne delle quali essa soffre.
In Pio XII rifulgono in modo speciale alcune caratteristiche del Pontefice santo: la chiarezza, ricchezza e profondità della dottrina, l’energia, la tempestività e la saggezza nella confutazione degli errori, l’alta pietà religiosa (non per nulla scelse il nome “Pio”), la forte consapevolezza della sua insostituibile missione di Papa come guida della Chiesa e apostolo di Cristo (pensiamo all’enciclica programmatica Summi Pontificatus), l’eroica prudenza, l’ardente carità e il lucido coraggio con i quali seppe condursi nello sconvolgente dramma del conflitto mondiale, denunciando le origini e le cause dei mali, appoggiando le forze sane, trattando con i governanti, proteggendo oppressi, confortando sofferenti, ergendosi contro l’ingiustizia, promovendo la pace, indicando la via della ricostruzione di una nuova società e di un rinnovamento della Chiesa, che già precorrono le indicazioni del Vaticano II, offrendo ad imitazione di Cristo preghiere e sacrifici e la sua stessa vita. Meritatamente gli è stato quindi chiamato “Defensor civitatis”. E’ il Papa dello sposalizio tra umanesimo e cristianesimo (distinzione senza separazione, unione senza confusione), dello “umanesimo dell’Incarnazione” per usare un’espressione del Maritain.
Nel breve spazio di questo articolo, non posso che ricordare brevissimamente i punti principali della dottrina di Pio XII, dottrina che tocca tutti i princìpi fondamentali della vita umana e sociale, civile ed ecclesiale, dell’ordine naturale umano e di quello soprannaturale della grazia, del rapporto fra scienza e fede, tra liturgia e vita cristiana, tra il fine della Chiesa e il fine dello Stato, tra gerarchia, clero, religiosi e laici, tra la Chiesa e i non cattolici, dalla cristologia alla mariologia, dai sacramenti alla morale cattolica, dall’agiografia alla storia della Chiesa, dall’apostolato dei laici (la “consecratio mundi”) al rinnovamento della vita consacrata, dai doveri della vita quotidiana alla natura della mistica, dall’amore per la patria all’ordine giuridico internazionale.
Dopo la grande enciclica Summi Pontificatus, nel 1943, nel pieno della guerra, abbiamo due documenti che prospettano all’umanità un ideale divino di pace, di giustizia e di comunione dell’umanità con Dio, la Mystici Corporis: la Chiesa come “corpo mistico” di Cristo, e l’invito a fondare questa umanità sull’ascolto della Parola di Dio, la Divino afflante Spiritu, dedicata al rinnovamento degli studi biblici (si assume “ecumenicamente” il metodo storico-critico dei “generi letterari”, riaffermato poi dalla Chiesa del postconcilio).
Del 1947 è la Mediator Dei, poderoso documento sulla dignità della liturgia e del sacerdozio, oggi più che mai attuale (vi si parla tra l’altro, del sacerdozio comune dei fedeli, poi ripreso dal Concilio).
Il 1950 è l’anno di due importantissimi documenti: l’Humani Generis e la proclamazione del dogma di Maria assunta in cielo anima e corpo. Nel primo documento il Papa, con acuto discernimento critico e pastorale saggezza, condanna una serie di errori – ritorno di modernismo – insinuatisi all’interno della Chiesa col pretesto di ammodernare la teologia cattolica: evoluzionismo dogmatico (relativismo modernista), evoluzionismo antropologico (negazione del peccato originale: esegesi liberale protestante), storicismo (Chenu), esistenzialismo (Heidegger), immanentismo (Blondel), idealismo (vedi l’interpretazione idealistica di S.Tommaso fatta da Rahner), integrismo (la grazia non gratuita e soprannaturale, in quanto definisce, “integra” e completa la natura: De Lubac).
Nel 1949 era stata comminata la scomunica ai cattolici che avessero aderito al comunismo ateo e materialista, dopo che già nel 1937, nell’enciclica Divini Redemptoris quella filosofia era stata severamente condannata da Pio XI (“comunismo intrinsecamente perverso”), il quale pure nel 1938 aveva condannato il nazionalsocialismo germanico nella Mit brennender Sorge.
La proclamazione del dogma dell’Assunta è il vertice della fervidissima devozione di Pio XII per la Madonna, che si accompagna con un’accentuata stima per la dignità della donna, che egli manifestò in vari modi ed occasioni per tutto il corso del suo lungo pontificato, con molti discorsi dal 1939 al 1958, sottolineando, alla luce del racconto genesiaco della creazione, la pari dignità di uomo e donna sia dal punto di vista della natura che da quello della persona, nella reciprocità delle loro doti naturali, “volute dal Creatore”, e respingendo così implicitamente la millenaria concezione della superiorità e dominio dell’uomo sulla donna. Questo tema è nuovo nella storia del magistero pontificio e, come è noto, sarà ampiamente ripreso e sviluppato dal Concilio e dalla Chiesa postconciliare.
La proclamazione pontificia delle “virtù eroiche” destituisce definitivamente di fondamento, con la stessa autorità infallibile della Chiesa, ai rimproveri che da tempo sono stati mossi a Pio XII di non aver denunciato l’hitlerismo e di non aver difeso gli Ebrei dalla persecuzione nazista. Non mi fermo su ciò, dato che esiste un’abbondante letteratura. Ricordo solo le testimonianze di gratitudine che sono venuta al Papa da numerosissimi Ebrei salvati da lui e dai suoi collaboratori, nonché l’argomento sempre valido, legato a somma prudenza, che se il Papa si fosse espresso con maggiore chiarezza, non avrebbe fatto che provocare un ulteriore incrudelirsi della persecuzione, allora effetto di forze soverchianti, come si mostrò nei fatti (vedi per esempio l’intervento dell’episcopato olandese, che non fece altro che spingere Hitler ad invadere anche la neutrale Olanda, dove furono rapiti a Edith Stein e Tito Brandsma, martiri ad Auschwitz).
Del resto, non era difficile capire che cosa pensava il Papa, solo che ci si fosse ricordati del suo insegnamento sull’universalità dei diritti umani e della legge morale naturale, al di là di ogni differenza di cultura, di popolo, di razza o nazione, dell’odio che egli provava per ogni forma di totalitarismo ed oppressione dell’uomo ed e alla stima soprannaturale che egli nutriva per il popolo ebraico come popolo dell’Antica Alleanza, popolo del Messia.
Persistere pertanto nelle accuse sembra a questo punto segno di ostinata malafede o pretesto per infangare un grande Maestro, Apostolo e Pastore che ha indicato alla Chiesa e all’umanità le vie di una “nuova cristianità” (per dirla col Maritain), mettendo in guardia dalle insidie presenti all’esterno e all’interno della Chiesa stessa e precorrendo gli insegnamenti innovativi e provvidenziali del Concilio Vaticano II, dove numerosi sono i riferimenti al grande Pontefice, ignorati solo da coloro che all’ermeneutica della continuità e della tradizione preferiscono quella modernistica e corrosiva della rottura.
1 commento su “Pio XII verso la gloria degli altari”
il grande Papa della notte, del settembre 1948, dei 300.000 baschi verdi della Giac. Da ricordare che allora la Giac aveva 3.500.000 di aderenti!