C’era una volta l’educazione civica. C’era una volta anche la scuola. Una volta – quando ancora le parole avevano un senso e non erano utilizzate come ordigni imbottiti di idee degenerate – l’educazione civica era un rivolo collaterale della storia che si proiettava «verso la vita sociale, giuridica, politica: verso cioè i principi che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si concreta» (DPR 585/1958). Il suo insegnamento, infatti, era affidato naturaliter ai docenti di storia e, limitatamente alla scuola secondaria (ovvero medie e superiori), riguardava i rudimenti del diritto costituzionale, con accenni alla forma di governo e al funzionamento degli organi dello Stato.
Forse qualcuno, votando ieri il disegno di legge sulla «Introduzione dell’insegnamento scolastico della educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione» – nonché anche «sull’avvio di iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile nella scuola dell’infanzia» – pensava di fare una scelta “sovranista”. D’altra parte è pur vero che la Costituzione, in virtù del suo non ancora abrogato art. 1, attribuisce la sovranità al popolo italiano, incredibile dictu; sicché questo qualcuno poteva anche avere, in astratto, le sue buone ragioni.
Il fatto è che lo stesso qualcuno, per dolo o per colpa, ha trascurato tutta l’acqua passata sotto i ponti della fu pubblica istruzione a partire grossommodo dai reiterati incarichi (tre consecutivi, sotto i governi Prodi, D’Alema 1 e D’Alema 2) del fulgido genio di Luigi Berlinguer. Quel signore che, tanto per fare un esempio, si era inventato nientemeno che lo “Statuto delle studentesse e degli studenti” (abolendo per decreto il maschile generico), dove la scuola viene definita come «comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni» (DPR 249/1998). Un colpo d’ala che diceva già tutto sul radicale cambio di paradigma imposto d’imperio a un sistema educativo che aveva il difetto di funzionare a dovere. E dopo l’astro di Berlinguer, bisogna riconoscere come tutti gli occupanti della poltrona più delicata dell’esecutivo si siano rivelati – senza distinzione di sesso, razza e credo politico – pienamente all’altezza del predecessore.
Ne discende che l’educazione civica che oggi ambisce a fare – e farà, a partire da settembre – il suo ingresso trionfale come “insegnamento trasversale” nel monte orario obbligatorio, con valutazione finale autonoma, tramanda solo il nome di battesimo dell’originale (della sua omonima antenata) ma, di fatto, altro non è che il contenitore capiente, capientissimo, di ogni trovata partorita in sede europea e sovranazionale per annientare la nostra cultura e impedirne la trasmissione alle generazioni future. Per realizzare finalmente, a mezzo deculturazione massiva, l’asservimento definitivo di una nazione e del suo popolo sfibrato ai signori della finanza, della tecnocrazia e della necrocultura.
A dire il vero non ci voleva molto a capirlo. Bastava leggere. La portata distruttiva, simbolica e pratica, del testo approvato alla Camera trapela da ogni sua singola parola e va molto oltre la (già abnorme) incidenza oraria della nuova “materia” (un’ora alla settimana, rapinata agli insegnamenti obbligatori fondamentali). È di un’evidenza disarmante, che induce a chiedersi, davvero, come sia possibile rivendicare a parole una rinnovata dignità per l’Italia sulla scena internazionale e intanto contribuire nei fatti, con un carico da undici, allo spappolamento seriale dei cervelli a suon di pseudo-etica globalista, col pretesto di “educarli” al nuovo che avanza e all’utile economico (di qualcuno) che tutto deve sovrastare.
Il disegno di legge recepisce alla perfezione il comando superiore di dissolvere ogni contenuto culturale si annidi ancora tra le mura scolastiche di una nazione che di cultura sarebbe straricca, e fa da volano a tutta la paccottiglia beota apparecchiata per il suddito globale dai suoi inflessibili padroni.
CONTENITORE E CONTENUTI Basta leggere, si diceva. E infatti gli «specifici traguardi» della nuova educazione civica si dovranno riferire – oltre che en passant alla Costituzione italiana, alla storia della bandiera e dell’inno nazionale (giusto per pennellare il tutto con una mano di finto patriottismo) – ai seguenti ambiti imprescindibili: istituzioni nazionali, dell’Unione europea e degli organismi internazionali (ecco il nuovo “cittadino europeo”); Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile (ecco il nuovo “cittadino globale”); educazione alla cittadinanza digitale (ecco il nuovo “cittadino digitale”); elementi fondamentali di diritto, con particolare riferimento al diritto del lavoro (ecco il nuovo lavoratore iperspecializzato, sradicato e itinerante); educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile (tutti al seguito di Greta, che ci ha onorato di condurre le prove generali del settore); educazione alla legalità (vale a dire: la norma non si discute, la sua veste formale basta a renderla cogente e giusta); educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale (quale, a questo punto?).
Ma non solo. Sotto l’amplissimo ombrello della nuova educazione civica, verranno promosse l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere (idest: promozione del sesso multiplo e variegato sotto la veste dei c.d. diritti sessuali e riproduttivi), l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva (largo alle cooperative e ad altre entità portatrici di interessi privati perseguiti al riparo di subdoli intenti umanitari): insegnamenti finalizzati tutti, per commovente slancio ecumenico e trans-specista, «a rafforzare il rispetto nei confronti di persone, animali e natura». È prevista inoltre l’integrazione dell’educazione civica con «esperienze extrascolastiche che coinvolgano altri soggetti istituzionali, del volontariato o del terzo settore, con particolare riguardo a quelli impegnati nella promozione della cittadinanza attiva» (tutto fa brodo per distrarre dallo studio, in particolare se il brodo va a beneficio del mondo arcobaleno ed equosolidale).
Insomma, in linea con la Raccomandazione europea del 2006 (n. 962) sulle cosiddette “Competenze chiave per l’apprendimento permanente” – ovvero quelle, si spiega, «di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione» secondo il grande fratello di stanza a Bruxelles – recepita diligentemente dagli zelantissimi estensori della c.d. “buona scuola” al comma 7, con l’ultimissima riforma sulla educazione civica il governo “sovranista” fa proprio ahimé quel sistema devastante e rincara la dose di mangime avvelenato per lo studente di tutte le età. Ogni scolaro, identificato da codice a barre personalizzato, va inscatolato dentro la stia preparata per lui con i comfort di serie affinché non corra il rischio di voler pensare. Va cresciuto a suon di slogan di ordinanza, addomesticato dalle belle parole che suonano all’orecchio collettivo tanto edificanti da divenire addirittura incontestabili.
Per esempio la legalità, a cui bisogna educare tutti e a cui tutti si fanno educare con entusiasmo. Questo totem intoccabile, che sprizza autorevolezza al punto da sollevare a priori chiunque dall’onere della riflessione, serve a inculcare su vasta scala l’ossequio alla giuridicità formale, ovvero a tutto quanto venga sancito, seguendo i riti del sistema “democratico”, dall’autorità costituita. Ma l’esperienza insegna – come ci ricordano a ogni pié sospinto i benpensanti dalla memoria ferrea, ma sempre selettiva – che il fenomeno della legge ingiusta è ben noto ed è potenzialmente devastante: i totalitarismi del Novecento hanno dato di ciò prova inconfutabile. Nella “legalità” quale oggetto di culto scolastico ed extrascolastico viene assorbita e oscurata l’idea di giustizia e il suo valore sostanziale, allo scopo di consolidare la credulità unanime nell’infallibilità dell’istituzione e di indurre tutti quanti alla condiscendenza al potere, a prescindere. Tanti soldatini obbedienti, ligi e devoti al loro padrone.
Peraltro, il pacchetto di ore dedicate alla nuova materia di studio verrà affidato al miglior offerente in seno all’organico della singola classe, anche eventualmente in contitolarità (nel qual caso è prevista la nomina di un coordinatore): ciò significa che non è prescritta alcuna formazione specifica che dia titolo per blaterare excathedra di diritto, di Costituzione, di istituzioni nazionali e sovranazionali. Ciascuno sarà libero di improvvisare, al di fuori di ogni controllo e di ogni responsabilità, abbeverandosi alle fonti insindacabili del mainstream, col risultato che i contenuti elargiti a scuola coincideranno con quelli elaborati nei rotocalchi televisivi. E il mondo nuovo pacificato e omologato sarà più vicino.
DIGITALIZZAZIONE, CORRESPONSABILITÀ, ABROGAZIONE DELLE SANZIONI DISCIPLINARI Come se non bastasse, il programma contenuto nel testo normativo appena passato alla Camera prevede altre novità, tutte ben inquadrabili nel disegno disgregatore e anti-identitario che ha di mira la scuola italiana.
Ampio spazio verrà riservato, nelle scuole di ogni ordine e grado, allo sviluppo delle conoscenze e abilità digitali, al fine di conseguire «opportunità di crescita personale e di cittadinanza partecipativa attraverso adeguate tecnologie digitali». Un incentivo prepotente all’uso scolastico delle moderne tecnologie: il nuovo è bello, per definizione e per unanime convinzione. Ma non occorre certo dimostrare quanto l’assuefazione all’automatismo che la digitalizzazione porta con sé consolidi meccanismi mentali riduttivi capaci di deprimere e atrofizzare le facoltà superiori del soggetto in via di formazione, di inaridire le sue attitudini cognitive e speculative, di spegnere la sua creatività, di diseducarlo all’attenzione e di inibire sia i processi di memorizzazione, sia l’acquisizione della capacità di strutturare catene logiche e di fare collegamenti tra le diverse discipline. I nuovi robottini beoti e teledipendenti avranno anche l’avallo autorevole della scuola, che li premierà.
Ancora. Grande peso e dilatata estensione vengono conferiti a quel bidone magno che va sotto il nome di “patto educativo di corresponsabilità”. Un documento predisposto dalla scuola secondo i propri criteri (e più comunemente senza alcun criterio) in un trionfo di parole in libertà attinte al gergo iniziatico del pedagogismo di maniera, che viene sottoposto alle famiglie per la firma, prendere o lasciare. Di modo che, sotto l’inganno plateale della alleanza e della cooperazione tra scuola e famiglia, i genitori si trovano a sottoscrivere anticipatamente una procura generale per ogni attività sia introdotta, in sostituzione degli insegnamenti fondamentali, dallo slancio creativo del rieducatore di turno. Un altro trabocchetto della burocrazia nostrana, avvezza ai sotterfugi per procacciarsi l’accettazione previa del monopolio educativo. Come appare manifesto, dietro generiche etichette ormai famigliari, nel gioco di insiemi e sottoinsiemi di discipline e sottodiscipline, chiunque sarà autorizzato entrare nelle aule e arringare qualunque cosa a classi di studenti inermi.
Last but not least, la riforma sopprime tutto il sistema di sanzioni disciplinari nei confronti degli «alunni che manchino ai loro doveri nelle scuole primarie»: addio note, ammonimenti, sospensioni ed espulsioni, retaggio di un autoritarismo anacronistico. L’apparato disciplinare previsto dal Regio Decreto 1297 del 1928 diventa improvvisamente nella civilissima società rieducata civilmente un segno di scarsa civiltà, cassato come tutto ciò che non profuma di dialogo, confronto, pacifismo e condivisione: saranno l’educazione alla legalità e il patto di corresponsabilità a risolvere ogni situazione critica con la potenza dell’irenismo senza frontiere. Bulli bulletti e delinquenti in erba, integrati per decreto e graziati ipso iure.
IL SENSO DEL NUOVO CIVISMO SCOLASTICO OBBLIGATORIO Più di quanto già non avvenga, la scuola italiana sfornerà quindi eserciti di analfabeti scolarizzati, automi senz’anima e senza radici, senza vera formazione umana, senza storia e senza principi morali; ma bravi “cittadini”, molto attivi, molto cosmopoliti e soprattutto molto obbedienti, edotti di tecnologia, di mercato e di altre “abilità” e, così, proni a diventare tante docili rotelline dell’ingranaggio burocratico-industriale che si muove al ritmo dei ritornelli ipnotici in cui è condensata l’etica posticcia al servizio del potere costituito (sicché anche la coscienza, o quel che ne rimane, resta soddisfatta).
Con la nuova educazione civica è fornito in dotazione il ricco prontuario dei diritti e dei doveri del bravo ominide omologato, allevato in batteria: quel modello-base di homo novus e faber capace di adattarsi con flessibilità ai comandi del Leviatano e, insieme, all’imbarbarimento generalizzato dei costumi, del linguaggio, del pensiero: proprio come ci chiede l’Europa.
Per la scuola, intoniamo il de profundis.
3 commenti su “Pianeta scuola: se la ri-educazione civica piace anche ai sovranisti… – di Elisabetta Frezza”
Gentile dott. Frezza, grazie per questa ennesima illuminazione e per il suo infaticabile lavoro. Spero legga questo mio commento, perché avrei tanto voluto disturbarla privatamente ma non ho trovato una sua e-mail. Se desidera e la Redazione le fornisce il mio indirizzo e-mail, le sarei molto grata se mi contattasse anche privatamente. Sono una mamma con alle spalle una carriera scolatica fallimentare, oggi molto preoccupata di non riuscire a trasmettere ai figli quelle competenze di cui lei così spesso parla, stante che dalla scuola (sebbene non risediamo in Italia) non ci si può aspettare nulla di buono. Posto che la scuola parentale non è una strada percorribile, ci sono attività che una mamma può offrire ai figli per supplire alla mancanza di quegli stimoli di cui noi (classe 1980) abbiamo visto gli ultimi strascichi? Mi riferisco ad attività come analisi logica, memorizzazione et alia, quelle palestre per il cervello che oggi sono state smantellate una a una. Io qualche tentativo lo faccio, ma più guardo avanti più sono sfiduciata. Grazie ancora per il suo impegno. Un caro salut
Ogni giorno si sprofonda in po’ di più nel pantano. Il baratro sottostante è spalancato e capiente.
Grazie per le preziose riflessioni, dottoressa Frezza: ci aiutano a non lasciarci completamente andare e a resistere a oltranza, costituendo – almeno per me – un paracadute efficace.
Si avvicina l’apertura del nuovo anno scolastico, dal 1° settembre si torna in pista…più controcorrente che mai!
Rosa Maria Bellarmino
So bene di cosa parla, perchè lo vivo sulla mia pelle ogni giorno.
Ho girato molte scuole, da precaria, ma ho trovato sempre lo stesso asservimento e lo stesso grigiore di anime prone ad assolvere metodicamente i loro doveri: dall’altenanza scuola-lavoro, alla didattica digitale e, ora, all’educazione civica… Ho vissuto il timore di esprimere qualsiasi punto di vista politico differente dalla maggioranza, il disprezzo per un tipo di cultura che ancora difende la bellezza della riflessione e del testo scritto, e la pressione di misere gerarchie scolastiche e del loro stuolo numeroso di vassalli. Ho visto anche i ragazzi più irrequieti chinare il capo ed essere fagogitati dal pensiero unidimensione, sciorinato a getto continuo tanto da nuovi quanto da insegnanti della vecchia guardia. Come sopravvivo? Cerco di nutrire i miei figli con quello che ho amato e accetto di farli migrare, (quando la misura è colma…) di scuola in scuola, tradendo la mia fedeltà alla Costituzione e alla scuola pubblica.
Quando non posso esprimere dialetticamente il mio dissenso (e mi creda: la situazione è grave! I collegi sono ormai spalti riempiti per approvare progetti…), mi dedico al sabotaggio: in ottemperanza alle Linee Guida di Ed. Civica, oggi si fa flipped classroom in Didattica a distanza con lettura, analisi e commento dell’Apologia di Socrate spiegando il rapporto tra giustizia, politica e filosofia. Ancora: oggi si costruisce una lezione video su Scienza e Costituzione, poi per una didattica digitale consapevole si analizza il modo in cui la tecnologia influisce negativamente sul pensiero…Ecco servita “la consapevolezza” civica sul vostro stesso piatto d’argento! Lo so, è mera sopravvivenza e cedimento al compromesso, e aumenta anche il senso di solitudine, ma è l’unico modo che ho per difendere le rovine.
Già, rovine, perché quando gli schiavetti, indottrinati dagli ” altoparlanti” sul nuovo ruolo che deve avere il docente, si saranno dati da fare a barattare la vecchia e noiosa lezione con il video di un non so chi, più bello da guardare, arriverà il momento in cui loro stessi saranno sostituiti in virtù della spietata legge della concorrenza.
Anche per questo è necessario resistere.
Cristina M.