Paolo Gulisano è un autore eclettico e poliedrico. La sua produzione è prevalentemente di tipo saggistico: volumi su autori della Letteratura del fantastico come Tolkien (del quale è uno dei maggiori esperti), C.S. Lewis, Mary Shelley, e poi volumi sulla storia della Scozia, dell’Irlanda, testi su Melville, Barrie, Newman,Chesterton… Paolo tuttavia da anni si cimenta anche con la narrativa: Dopo un romanzo di fantastoria (Il destino di Padre Brown) e uno – il prodigio di Lisbona- in cui gioca con la storia vera romanzandola, il nostro finalmente ha scritto egli stesso un romanzo fantastico, un po’ Steam Punk, un po’ Fantasy, un po’ Science Fiction con un pizzico di distopia. Ne è venuto fuori questo I Crononauti e l’incredibile viaggio. (Elledici, euro 9,90). La Redazione di Riscossa Cristiana ha incontrato Gulisano (che di Riscossa è una delle firme) per una chiacchierata sul suo nuovo libro.
Mario Corso. Paolo, ci hai tutti abbastanza sorpresi con questa tua nuova fatica letteraria. Si tratta di un romanzo fantastico, ma come tu stesso hai descritto nei tuoi saggi la letteratura fantastica ha diversi filoni. Il tuo libro dove si colloca precisamente?
Paolo Gulisano. Direi che ho voluto realizzare un romanzo che avesse gli elementi dell’avventura e della fantasia. Mi sono ispirato a una serie di maestri, alcuni dei quali sono già stati l’oggetto dei miei studi, e altri dei quali non avevo mai parlato, e tra questi Jules Verne. Ma tra gli ingredienti c’è anche un po’ di Stevenson, dei romanzi del filone utopico e un pizzico di Tolkien. C’è una fantascienza collocata però retroattivamente nel XIX Secolo, secondo i dettami della Fantasy Steam Punk. C’è il mito di Atlantide, che oltre ad essere un classico della narrativa dell’immaginario, era un’idea che ossessionò tutta la vita Tolkien. C’è il tema del viaggio nel tempo, che personalmente mi ha affascinato fin da bambino. E a proposito di antiche frequentazioni: Il protagonista della storia è nientemeno che un giovane Jules Verne, il grande scrittore bretone signore incontrastato dell’800 narrativo, che per me è stato il mio primo maestro già nell’infanzia. In sintesi, potremmo dire – come recita il sottotitolo del libro – che si tratta del racconto di un incredibile viaggio immaginario.
M.C. La grafica della copertina, peraltro molto accattivante, porterebbe a presumere che si tratti di narrativa per ragazzi, invece tu scrivi che si tratta di un libro per lettori dai 7 ai 77 anni e oltre, perché?
P.G. Questa espressione è una citazione di un altro autore a me caro, C.S. Lewis, che per l’appunto diceva che un buon libro merita di essere letto dai 7 ai 77 anni. Io mi auguro che sia un buon libro, che dia ai lettori una storia piacevole, divertente, emozionante, e magari trasmetta loro anche qualche spunto di riflessione.
M.C. Ad esempio?
Non voglio fare spoiling, ma vi do alcune informazioni essenziali: la storia inizia con un vecchio scrittore impegnato a terminare il suo ultimo libro, il centesimo. Arriva un visitatore improvviso, un uomo giovane che però il vecchio scrittore mostra di aver già incontrato moltissimo tempo prima. Si tratta infatti non di un essere umano normale, ma di un uomo proveniente dal futuro: un futuro apocalittico in cui l’umanità è quasi scomparsa e dove sopravvivono pochi gruppi di persone. Il visitatore si chiama Edom. L’incontro tra i due rivela che l’anziano scrittore ha conosciuto Edom quando era bambino, e che ha vissuto delle avventure con un gruppo di uomini provenienti dal futuro: i Crononauti. I Crononauti, provenienti da un futuro di devastazione, sono uomini che viaggiano nel tempo grazie a delle particolari tecnologie e tentano di salvare il mondo dal cataclisma che lo ha reso inabitabile, intervenendo sulla storia passata. Purtroppo, però, i sette membri dell’equipaggio sono stai separati a causa di un incidente. La tecnologia sulla quale facevano affidamento, a causa degli sbalzi cronologici, non riusciva più a metterli in comunicazione. Ma ora, grazie all’incontro tra Giulio e Edom, sarà possibile rintracciare il resto del gruppo. Nel corso di vari episodi di questa ricerca assistiamo alle avventure di Giulio con gli uomini e le donne venuti dal futuro, tra cui il Capitano Nemo, Phileas Fogg, Michele Strogoff. Avventure che anni dopo sarebbero diventate le storie raccontate da Verne nei suoi libri. I suoi romanzi quindi non furono altro che la sua straordinaria biografia camuffata.
M.C. Ma ci parlavi anche di valori presenti in questa storia, e non solo di avventure…
P.G. Perché i Crononauti hanno affrontato questa impresa? Per cercare di correggere la Storia, di cambiare il passato per modificare il futuro. Un’impresa utopica. Venuti per insegnare, in realtà si troveranno a imparare. Essi vengono da un mondo in cui Dio è stato tolto di mezzo, sostituito dalla Scienza e dalla Politica. Troveranno nel XIX Secolo la presenza di una fede ancora non liquefatta. In particolare il Crononauta che si farà chiamare Michele Strogoff resterà colpito dalla spiritualità ortodossa russa.
M.C. Come il tuo amato Tolkien sei riuscito a parlare anche tu di Dio in una storia fantastica…
P.G. Era inevitabile. Quale argomento è più importante e più degno di essere narrato che la storia della ricerca di Dio, della ricerca della salvezza?
M.C. Quindi, tornando alla domanda se questo è un romanzo per ragazzi, potremmo dire che lo è, ma che può interessare anche un pubblico adulto?
P.G. Io ho voluto scrivere per raccontare una bella storia, la storia di un incontro imprevisto, di un viaggio per diversi continenti, ho voluto divertire i lettori mettendoli a parte anche di mie passioni (non per niente le avventure toccano ad un certo punto anche l’Irlanda), ma ho voluto anche trasmettere alcuni valori che mi sono molto cari, dalla Fede all’amicizia, all’amore per la giustizia alla difesa dei diritti dei popoli oppressi, fino all’attenzione che bisogna avere per la presenza nel mondo del male.
M.C. Tu hai scritto molto sugli autori dell’area anglosassone, su un autore americano, Herman Melville, e su uno italiano, Guareschi. Questa volta a ispirare il tuo nuovo libro è un francese, Jules Verne. Come si spiega che, a tutt’oggi, in molti subiscono ancora il fascino dei romanzi di Verne, uno scrittore del 1800?
P.G. Con una battuta potrei dire che prima che francese Verne era bretone, quindi un Celta, dotato dell’immensa immaginazione di questo popolo che non è solo delle Isole Britanniche. Quindi dopo essermi occupato della narrativa celtica, da Re Artù al Fantasy contemporaneo, era doveroso dare spazio anche a questo autore. Tuttavia, come ho già detto, la mia frequentazione di Verne è molto antica. È un autore che nell’infanzia mi ha dato molto. Tra l’altro, indagando la sua biografia, ho scoperto che era un uomo di profonda e solida fede, e che aveva un giudizio molto negativo sulla Rivoluzione che aveva stravolto il volto della Francia alla fine del ‘700. Aveva scritto persino un romanzo sulla tragica epopea vandeana. Di Verne ho sempre ammirato la straordinaria immaginazione. In una pagina del romanzo gli faccio dire queste parole: “L’immaginazione… il mio segreto. Sapessi quanti, in questi anni, mi hanno fatto i complimenti per la mia immaginazione. Se sapessero qual è il mio segreto… ciò che ha dato spunto alle mie storie.”
M.C. Quale romanzo di Verne nella sua vasta produzione preferisci e perché?
P.G. Credo che il romanzo che ho più amato e che più ho letto sia stato Viaggio al centro della Terra. Non c’era storia di viaggio che mi incantasse di più, da ragazzo, nemmeno tra le opere epiche e mitologiche, fino a quando – naturalmente- non scoprii Il Signore degli Anelli. Voglio però aggiungere un’altra preferenza: tra i personaggi di Verne quello che mi è più caro – e nel romanzo la predilezione traspare chiaramente – è il Capitano Nemo, il misterioso comandante del Nautilus, eroe solitario, ma allo stesso tempo guida capace del suo equipaggio che combatte l’iniquità.
M.C. Un tema che ti appassiona e che svolgi in modo intrigante quando ad esempio ci descrivi l’azione dei Servizi Segreti inglesi…
P.G. Proprio così. Ma qui ci dobbiamo fermare perché altrimenti si arriva davvero allo spoiling!
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2 commenti su “Paolo Gulisano ci racconta "L'incredibile viaggio" – di Mario Corso”
Ma il “MARIO CORSO” autore dell’intervista è il famoso “PIEDE SINISTRO DI DIO” che giocava nella grande Inter di Herrera?
Anche se in redazione il nerazzurro prevale a maggioranza bulgara, non è lui. Ci piacerebbe.