La parte avuta dal “Migliore” nelle purghe staliniane dovrebbe far riflettere quanti oggi protestano perché in alcuni Comuni sono state tolte le intitolazioni di strade a Togliatti. Un importante libro di Renato Mieli ci ricorda chi fu realmente il capo dei comunisti italiani.
di Giovanni Lugaresi
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Notizie di stampa riferiscono che in certi comuni vengono tolte le intitolazioni di strade a Palmiro Togliatti suscitando proteste sul fronte di sinistra, antifascismo, eccetera eccetera.
Ma perché sorprendersi? Ci si sarebbe dovuto sorprendere a suo tempo, quando cioè avvenne l’intitolazione.
Che Palmiro Togliatti, definito in tono apologetico dai suoi “il migliore” (figuriamoci gli altri!), sia stato un uomo politico intelligente, colto, ciò non toglie militasse nella “parte sbagliata”, per usare una espressione cara ai dogmatici della sinistra, quando, bontà loro, si riferiscono agli avversari-nemici. Cioè il comunismo ateo, barbaro, disumano, degno erede di quel giacobinismo che aveva avuto nella cultura del sospetto uno dei suoi punti qualificanti e nelle conseguenti azioni delittuose la conclusione.
Ma Togliatti qui non ci interessa guardarlo dalla nostra posizione, cioè quella di uomini liberi, di cristiani figli di Dio, consapevoli della libertà che Dio ha dato ai suoi figli. No, vogliamo guardarlo dalla “loro” posizione, cioè dei compagni, o ex o post, chiamateli come volete, per vederci bene, chiaro, sine ira ac studio, come si suole dire.
E prendiamola da lontano. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato istituito dal Duce nel 1926, dal 1927 al 1943 processò 5.619 persone, ne condannò 4.596, mentre 988 furono assolte. Che numeri! – qualcuno potrà osservare.
Ma entriamo più nel vivo della questione. Intanto, una nostra osservazione. Se fu necessario un “Tribunale speciale”, significa che la magistratura ordinaria si rifiutava di procedere in una certa direzione, o no?
Seconda osservazione: tale tribunale emise 42 sentenze di condanna a morte, trentuno delle quali eseguite. Avete letto bene: 31!
In quel periodo, ci furono tantissimi comunisti italiani duri e puri, di provata fede antifascista, i quali, piuttosto che vivere in una patria considerata matrigna, preferirono emigrare nella grande patria dei lavoratori, fatta passare dai capi per una sorta di paradiso della libertà e del benessere. Ma non andò loro tutto e sempre bene.
Infatti, ci furono processi sommari, perché la fede comunista di tanti veniva messa in dubbio: libertà di critica, anche minima, non ce n’era in quel tal paradiso! Ergo… Ergo, duecento (diconsi 200) furono le condanne a morte (eseguite!) di comunisti italiani considerati traditori, mentre tanti altri finirono in galera – ci finì anche il cognato di Togliatti, Robotti!… E senza che “il migliore” alzasse un dito.
In realtà, Palmiro, che era un pezzo grosso (il numero due del Comintern) si rese complice delle purghe staliniane. Resta da chiedersi se convinto (e dunque consapevole) complice dello spietato dittatore, oppure per vigliaccheria, temendo per la propria incolumità nel caso in cui avesse speso qualche parola, avesse compiuto qualche azione a favore di innocenti.
Invece, niente: silenzio, approvazione tacita, appunto…
Ora, a fronte di queste proteste per la cancellazione di strade intitolate a Palmiro Togliatti, ci è venuta in mente una delle tante letture giovanili, che spaziavano, come per tanti autodidatti, da un autore politico a un romanziere, da un poeta a un saggista, da un memorialista a un drammaturgo. Nel caso di chi scrive: da Papini e Giuliotti a don Sturzo, da Prezzolini e Gobetti a don Mazzolari, da Bloy e Veuillot a Bernanos, da Luigi Einaudi e Diego Fabbri a don Giuseppe De Luca, da Ardengo Soffici e Marino Moretti a Renato Mieli. Ecco: Renato Mieli, appunto!
Correva il 1964 e il nome del figlio, Paolo, oggi famoso, era di là da venire.
Renato era un intellettuale, e soprattutto un galantuomo; comunista messo in crisi dalla rivolta d’Ungheria, aveva voltato pagina ed era uscito dal partito. Proprio in quel 1964, l’editore Rizzoli pubblicava “Togliatti 1937”, un’opera emblematica, ristampata soltanto ventiquattro anni dopo, e poi… non più!
Adesso sarebbe l’occasione giusta per ripubblicarla, a uso e consumo, per così dire, di quegli ex, post comunisti, o ancora comunisti a tutto tondo, i quali non sanno (o fingono di non sapere) dei duecento compagni italiani condannati e morte e uccisi nella patria dei lavoratori, nella terra della libertà, e forse non sanno (o fingono di non sapere) dei delitti di massa, di quelli di alti dirigenti (il vertice del partito comunista polacco, Kirov, eccetera)… le purghe staliniane, insomma.
Il libro di Renato Mieli è documentatissimo e dopo avere passato in rassegna i casi più eclatanti, l’autore rilevava che il punto da chiarire non era se Togliatti avesse collaborato alla politica repressiva, intrapresa da Stalin nel marzo 1937, ma come e perché lo avesse fatto.
“Qui il nodo da sciogliere: un nodo più intricato di quanto a prima vista potrebbe apparire (…). Il terrore genera, è vero, la sottomissione di chi non vuole a nessun costo soccombere. Però la sottomissione può assumere molteplici forme: dalla remissività alla complicità. Non è detto che si dovesse collaborare attivamente al genocidio che si andava compiendo sotto Jezov [Stalin, ndr]. Si poteva anche evitare di spingersi fino a tal punto e tentare, nei limiti del possibile, di non compromettersi con quella barbarie che oggi si deplora. Vi era modo e modo di comportarsi nei confronti di quel regime se non si voleva condividerne la responsabilità, pur non osando o non intendendo opporvisi”.
Invece?…
Ecco, questo fu (anche) “il migliore”, e a noi non disturba proprio che si cancellino le intitolazioni di vie comunali al suo nome!
Piuttosto, se non Rizzoli, potrebbe esserci qualcuno che vorrà ristampare il libro di Renato Mieli? Così, tanto per rischiarare la memoria degli italiani, ex, post, (o ancora) comunisti, e/o svelare ai giovani “di che lagrime grondi e di che sangue” quel regime, che ebbe in Togliatti un importantissimo esponente, se già non ne sono al corrente.
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Invece è opportuno che siano conservate. Così si saprà che in quel Comune Togliatti era stato venerato come eroe, e ci si chiederà chi poteva aver fatto una cosa simile.
Il 15 febbraio 1943, il “peggiore” fece pervenire a Vincenzo Bianco, funzionario del Komintern il quale gli chiedeva di far qualcosa per i tanti prigionieri italiani nei gulag russi, questa risposta: “Se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi. . . Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il più efficace degli antidoti”, Ci si aggiungano le nefandezze commesse nella guerra civile spagnola e avremo un profilo identico a quello del demonio. Cancellare ogni sua traccia: strade, enti, piazze, fondazioni. Così come sarebbe ora di rimuovere ogni testimonianza degli altri satanassi che rispondono al nome di Garibaldi, Mazzini, Cialdini, Cavour.
Che Togliatti fosse quello che l’articolo descrive, noi missini lo sapevamo da sempre! Per di più conviveva con Nilde Jotti e quindi sguazzava nell’adulterio totale…..dove sarà finito un tipo simile? La misericordia di Dio può arrivare anche all’ultimo istante, ma ci vuole un minimo di disponibilità da parte di colui che “diparte” da questa valle di lacrime. Secondo me ora starà malissimo coi compagni dell’Internazionale Comunista che, secondo Guareschi,aveva nell’inferno una folta sezione speciale (il Cominfern).
Lo sapevano anche certi estremisti di sinistra che litigavano col PCI. Era noto, ma dovevano nascondere la sporcizia sotto il tappeto.
Concordo con Rodbertus: anche nella mia città (rossa) c’è la via dedicata.
Per aver, nel 1977, da consigliere comunale MSI, rivelato la presenza di Nenni alla fondazione dei fasci e e aver denunciato l’opera criminale di Togliatti, rischiai la denuncia dopo che il PSI e il PCI mi subissarono di contumelie e di minacce, con una DC neutra e codarda. Caro camerata: il Cominfern esiste e, come tu sospetti, è pieno di vecchi e nuovissimi arnesi del comunismo.
Già l’articolista dice tutto con quel: “Se questo fu il migliore…”, se si è abbastanza vecchi e si ha ancora buona memoria…. non occorre altro per qualificare il personaggio ed i suoi estimatori.