di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani
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Padova aveva un sindaco in carica, eletto dai padovani. Ma questo sindaco è stato pugnalato da un’accolita di congiurati, votati all’unico ideale del proprio tornaconto personale. Con buona pace della città, di chi la abita, del bene comune.
In vista della nuova elezione, è tornata in scena la degenerazione senza precedenti di un costume politico.
Se la campagna elettorale ha avuto come unici criteri guida la pura diffamazione e il dileggio più grossolano lanciati contro l’amministrazione uscente – con la generosa collaborazione dell’intera stampa, locale e nazionale – dopo il primo turno trionfa brutalmente l’idea che qualunque mezzo possa essere impiegato per raggiungere il fine del potere, anche a sfregio del proprio decoro personale e del rispetto verso l’elettorato.
Sono scesi in campo, a rappresentare “il nuovo”, anzitutto il candidato del Pd, ultimo stadio cromatico di una sinistra sopravvissuta a se stessa per tre quarti di secolo in virtù della continua mutazione genetica, cui si sono uniti i congiurati di cui sopra, cascami di una sedicente destra nel frattempo omologata all’antico avversario. In seconda fila, destinata a diventare la prima, l’uomo per tutti i gusti prodotto dall’accademia e dalla chiesa ex-cattolica, una sorta di Macron di provincia, scelto perché in mancanza di idee proprie può essere il portatore docile di quelle dei suoi impresari.
Entrambi rappresentano al meglio il progetto politico mondialista preconfezionato altrove, guidato dalla plutocrazia finanziaria che ha dichiarato guerra alla sovranità degli Stati europei, alla cristianità e al suo sistema di principi etici, alla tradizione culturale europea e alla sua supremazia storica: tutte cose da abbattere attraverso la sostituzione etnica forzata dei deportati a pagamento e l’attacco alla morale famigliare e sessuale.
Che entrambi siano al servizio di questo progetto più ampio di distruzione etica ed identitaria risalta chiaramente dalle dichiarazioni programmatiche sulla “immigrazione”, dove si fa finta di non sapere che siamo di fronte a una deportazione organizzata anche ai danni della economia interna; e dal fatto che nessuno dei due ha sentito l’urgenza di mettere in agenda la difesa della famiglia, e in particolare dei più piccoli, dalle insidie prepotenti dell’offensiva contro-naturale. Anzi. Interpellati su come pensavano dovesse essere affrontato il drammatico attacco omosessualista e genderista nelle scuole di ogni ordine e grado, avevano risposto che «preferivano non prendere posizione». Del resto, della consistenza dell’orizzonte culturale di almeno uno dei due erano emersi solidi indizi da una edificante intervista in cui, quale ideale di uomo politico, veniva indicato Barak Obama, «uno che ha fatto la storia».
Poiché dunque la vittoria su chi si oppone al programma di distruzione identitaria, etica, etnica ed economica, deve essere assicurata a qualunque costo, non bisogna badare a spese. Così, dopo il primo turno, è entrato in funzione a sorpresa un piano evidentemente già predisposto: quello della grande ammucchiata, ovvero della coalizione di tutti i partiti e partitelli di tutte le fogge e di tutti i colori, stipati in unica lista contro l’ex sindaco troppo inviso ai poteri forti perché forte di un programma proprio, incompatibile con l’obiettivo egemonico altrui.
Quale sia l’effettivo panorama di idee e di interessi del duo Giordani-Lorenzoni emerge plasticamente dalla visita devozionale che essi hanno sentito il dovere di fare, subito dopo la formalizzazione dell’accordo elettorale, alla sede dell’arcigay, con relativo tributo della propria completa dedizione alla causa della pederastia organizzata. Atto capace anche di fornire ai propri padroni, e al loro tutore mediatico, una prova di diligenza e di assoluta abnegazione.
La truffa ai danni dell’elettore, che in confessionale o nel salotto perbene è stato istruito sul comportamento da tenere nel segreto dell’urna e rassicurato sulla sanità dei principi ispiratori del nuovissimo e moderatissimo pensiero politico, sta ad indicare – come si diceva all’inizio – che la fame di potere, da esercitare magari per conto terzi ma pur sempre in modo remunerativo, è capace di far perdere insieme il rispetto di sé e quello degli altri.
9 commenti su “Padova e il (mondo) nuovo al ballottaggio – di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani”
Il solito canovaccio preconfezionato al servizio del potere forte. Un minestrone di idee nefande riscaldato per almeno due repubbliche. Un potere di cui Bitonci, per quel poco che so, non si è voluto servire, e men che meno asservire. Speriamo che i padovani capiscano di aver davanti anzitutto un uomo, merce rara di questi tempi dove ogni parola o azione diventa animalismo politico o chicca da palcoscenico elettorale.
Forza Bitonci e forza padovani: questa può essere l’occasione buona per dare una vera svolta politica al servizio dell’etica e della morale. Quella vera!
Monica M.
Poveri padovani, siete messi proprio male. Quanto durerà questa follia collettiva (vedi appunto il successo travolgente di Macron in Francia)? Deus amentat quos vult perdere.
forza Bitonci
Bei numi protettori quelli delll’arcigay! Qui in Portogallo, a due giorni dal gaypride di Lisbona, un incendio apocalittico!!! Un saluto e una preghiera da Fatima, carissime, a voi e al caro Deotto!
Bruno PD
Un tempo sarebbe stato interpretato come un segno dal Cielo , ora nessuno ci fa più caso , parte pochissimi .
A tal proposito:
https://adelantelafe.com/portugal-los-incendios-fatima/
I demo -kat della “Nuova Bussola quotidiana” già preconizzano l’alleanza tra Renzi e Berlusconi nei ballottaggi, per fermare i cattivi populisti. I moderati non sono che ignavi nel senso dantesco del termine
Ottimo articolo! Aggiungo che il progetto del duetto di piantare non so quante migliaia di alberi mi sembra una compensazione per le quintalate di carta sprecate in volantini elettorali, che intasano la cassetta delle lettere e finiscono direttamente, regolarmente, subitaneamente nel cestino. Mi sembrano come quei grandi nomi della musica che criticano il riscaldamento globale e l’inquinamento, ma viaggiano da un capo all’altro del mondo con aerei privati che sputacchiano veleni ogni secondo! Ma certo, la facciata ecologico-ambientalista è importante e questi non sono cattivoni come Trump… Laudato sì!
Nel cestino? Ma no! NEL RICICLO!