di Giacomo Rocchi
“Oggi, a più di trent’anni dall’approvazione della legge sull’interruzione di gravidanza, la possibilità dell’obiezione di coscienza dei medici andrebbe semplicemente abolita”.
Come vedete, il grande maestro di diritto prof. Stefano Rodotà non ha dubbi e propone una soluzione semplicissima: se vuoi fare il medico, devi praticare gli aborti.
A leggere l’articolo apparso su “D” di Repubblica e ripreso da Micromega si comprende in che modo Rodotà giunge a questa conclusione, per lui del tutto logica: cancellando il bambino ucciso.
Secondo lui i medici che sollevavano obiezione non lo facevano per non uccidere bambini: “Quando la legge è stata approvata, la clausola dell’obiezione di coscienza era ragionevole e giustificata: i medici avevano iniziato la loro carriera quando l’aborto era addirittura un reato ed era comprensibile che alcuni di loro opponessero ragioni di coscienza“.
Avete capito? I medici potevano obbiettare solo perché, quando avevano iniziato a lavorare, l’aborto era un reato … i nuovi medici iniziano a lavorare quando l’aborto è un diritto e quindi non possono opporre “ragioni di coscienza”.
In questa frase è racchiusa la concezione che ha Rodotà, sia dell’arte medica che del lavoro dei giuristi.
I medici: la loro coscienza coincide (deve coincidere) con il dettato della legge: “il ginecologo sa che l’interruzione di gravidanza è un diritto sancito dalla legge, che rientra nei suoi obblighi professionali e non è più ragionevole prevedere una clausola per sottrarvisi“.
Rodotà sa che fare aborti è un lavoro “sporco”, tanto che, a suo parere, attualmente i medici non obbiettori sono “medici di serie B che fanno solo aborti, con il rischio di una dequalificazione professionale” (non sarà che la qualificazione professionale si ottiene curando il paziente e non sopprimendo bambini?). Strana, però, questa dequalificazione: quei medici garantiscono – a parere dell’illustre professore – “il diritto alla salute della donna, che è un diritto fondamentale della persona e non è mera assenza di malattia, ma benessere fisico, psichico e sociale“; perché dovrebbero sentirsi dequalificati?
I giuristi: la realtà è quella scritta nella legge? Rodotà pensa che ripetere più volte la parola d’ordine “interruzione di gravidanza” muti la sostanza dell’atto abortivo? Il compito del giurista è solo commentare la legge vigente (ovviamente “saggia”)? Fare finta che davvero gli aborti siano terapeutici (e per chi?).
In realtà il prof. Rodotà applica fino in fondo lo spirito della legge 194 – una legge che afferma il diritto ad uccidere bambini innocenti, le “non ancora persone”, per usare le parole della Corte Costituzionale: quando si è violato il diritto fondamentale alla vita, davvero è possibile rispettare la libertà di coscienza dei medici? E per quanto tempo ancora gli obbiettori di coscienza non saranno discriminati per legge (a partire dai bandi per l’assunzione riservati ai non obbiettori, che Rodotà propone)?