Il 23 agosto scorso, presso il santuario di Madonna di Strada a Fanna (Pordenone), si è svolto il 46° convegno annuale degli amici di “Instaurare omnia in Christo”, ossia dell’attività del periodico cattolico, culturale, religioso e civile diretto dal Prof. Danilo Castellano. Dopo la celebrazione della Santa Messa in rito romano antico nel Santuario con il canto finale del Veni Creator, si sono aperti i lavori sul tema del convegno, nel 50° dell’evento rivoluzionario: “Il ’68: la Chiesa e la società civile di fronte e dopo la “Contestazione”.
Breve nota introduttiva. Nella breve nota introduttiva all’interessante e stimolante convegno sul ’68, che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi, sia religiosi sia laici, provenienti da alcune regioni d’Italia, si è ribadito il carattere di questa “Contestazione”, preparata dall’ideologia liberale e sostenuta dal comunismo libertario. La pluralità delle definizioni del ’68, da “rivoluzione dei desideri” a “rivoluzione sessuale”, da “rivoluzione anonima o senza volto” a “rivoluzione necessaria”, non ha fatto dimenticare l’essenza, al di là delle definizioni più o meno centrate, che è stata quella di una progressiva avanzata della Rivoluzione che ha inaugurato la Modernità, dando vita alle ideologie nichilistiche che si sono via via dispiegate: dal femminismo al movimento omosessuale, dal consumismo alla “rottura” con le vecchie ideologie di destra e di sinistra. Il convegno ha posto a tema il carattere rivoluzionario di quell’evento legato al ’68, con lo scardinamento della famiglia naturale, la trasformazione delle istituzioni politiche, l’abuso del “diritto”, giungendo anche alle condizioni della cultura cattolica contemporanea. Come ha anticipato il Prof. Castellano, dopo i sentiti ringraziamenti ai collaboratori, ai relatori e al pubblico presente, il convegno ha voluto così portare un contributo nella ricerca delle cause, anche remote, che portarono al ’68, per poter comprendere la natura di quella “Contestazione” e poter reagire adeguatamente a quell’evento rivoluzionario che continua a caratterizzare il nostro tempo.
Politica e diritto dopo il ’68. Il Prof. Miguel Ayuso, Presidente dell’Unione Internazionale Giuristi Cattolici, ha illustrato una tesi sostenuta dal filosofo e saggista cattolico francese Jean Madiran (1920-2013), fondatore della rivista Itineraire, che recitava: “Noi abbiamo visto una rivoluzione che è la rivoluzione di fronte a un ordine che non è più un ordine”. Se la rivoluzione cerca infatti di minare e sovvertire un ordine, quello stesso ordine non può tuttavia scomparire totalmente.
In merito al ’68, il Prof. Ayuso ha spiegato che non solo c’erano movimenti ideologici già in atto, legati al marxismo e al liberalismo radicale, ma che il liberalismo stesso è all’origine della “Contestazione”, ricordando un saggio del 1977 a cura del Prof. Castellano dal titolo molto significativo: “La Contestazione, una via cattolica al radicalismo?”. Citando parecchi altri significativi autori, da Gustave Thibon (1903-2001) a Marcel De Corte (1905-1994), quali propositori di una cultura cattolica anticonformista, Ayuso ha ricordato nell’opera del 1968: “Il silenzio di Dio” del filosofo spagnolo Rafael Gambra (1920-2004) la critica alla concezione della libertà come “liberazione”, intesa come “libertà negativa”. In questa ideologia libertaria e vitalistica la concezione della libertà, ha sottolineato il Prof. Ayuso, avviene attraverso quattro passaggi fondamentali: 1°) l’emancipazione; 2°) l’assunzione di regole sulla base della nuda volontà; 3°) l’uguaglianza assoluta; 4°) la nascita e diffusione di una controcultura (come ad esempio quella hippie che ha caratterizzato il ’68). Il Prof. Ayuso ha poi distinto quattro piani nel processo rivoluzionario: 1°) il piano teoretico, ovvero, citando Augusto Del Noce (1910-1989), la “rivolta contro ciò che è”; 2°) il piano etico, ossia la perdita dell’interiorità del soggetto e della sua coscienza, in quanto non riflettente la legge morale naturale; 3°) il piano politico, ovvero il ’68 come abbandono di ogni idea di “bene” e della concezione classica della politica; 4°) il piano giuridico, ossia il potere di creare il diritto (positivismo giuridico), mettendo in crisi non solo il diritto naturale ma anche la stessa concezione di “legge positiva”, in quanto riflesso di un diritto soggettivo come “mera pretesa” (“nuovi diritti”).
A conclusione della lucida relazione del Prof. Ayuso, ha preso la parola il Direttore Prof. Castellano che ha ulteriormente ripreso e approfondito il tema del diritto soggettivo come “pretesa”, criticando l’istituto dell’obiezione di coscienza anche in merito all’art. 9 della L. 194.
“Contestazione”, Chiesa e cristianità. Nella sessione pomeridiana il convegno è proseguito con la lettura della relazione del Prof. Daniele Mattiussi, cultore di Etica sociale e di Filosofia del diritto, che ha illustrato il concetto di Chiesa semper reformanda in quanto Chiesa militante e pellegrinante, che può compiere dei cambiamenti ma non contro la sua natura. Citando un volume collettaneo proprio del 1968: “La fine della Chiesa come società perfetta”, Mattiussi ha rimarcato che, nel ripensare la natura della Chiesa, non deve mai essere impedita la regalità anche sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Il pensare la Chiesa secondo la modernità, ha sostenuto il Prof. Mattiussi, non può porre una “chiesa nuova” contro una istituzionale e gerarchica, magari attraverso il metodo della “contestazione”. Anche la cosiddetta “promozione umana” ( o svolta antropologica) non può essere erroneamente chiamata “evangelizzazione”. Una Chiesa ridotta a “coscienza critica dell’umanità”, derivata da una cultura protestante, ha potuto così mutare i modelli di riferimento, sostituendo l’ermeneutica (o le ermeneutiche) alla metafisica. Mattiussi ha rilevato come l’evoluzione dei dogmi non sia stata più intesa come approfondimento, ma come superamento, data la provvisorietà del dogma stesso. In questa concezione storicistica, tutta la storia diverrebbe sacra e permetterebbe così alla “Contestazione” di non poter più ammettere verità immutabili, separando conseguentemente il “Dio della fede” dal “Dio dei filosofi”. Con la “Contestazione” pure i Comandamenti divengono ostacolo, così come altre verità quali il peccato originale, la resurrezione, la transustanziazione. In quest’opera di contestazione va ricondotta l’opera di Padre Ernesto Balducci (1922-1992) e della sua rivista Testimonianze, attraverso la rivendicazione di diritti umani e sociali, sulla scorta del pensiero di Jacques Maritain (1882-1973) e di Giorgio La Pira (1904-1977). Anche la teorizzazione della categoria di “popolo” fa parte della rivoluzione della Chiesa per mezzo della Chiesa, in quanto il “popolo” non è né una categoria né una classe, come ad esempio potrebbe prestarsi la visione ideologica della cosiddetta “Chiesa dei poveri”. In questa “Contestazione” ecclesiale va ascritta la teologia della liberazione, così come le comunità di base e molte altre esperienze e teologie di quei tempi. In nome dell’utopia fuori e dentro la Chiesa si è decretata così la soppressione dell’ordine naturale, spesso adattando i criteri della dottrina marxista, come ad esempio la veglia di preghiera per la guerra del Vietnam nell’immediato post ’68.
Conclusioni. A seguito delle due stimolanti relazioni si è prodotto un dibattito, anche molto acceso, in cui il Prof. Miguel Ayuso ha precisato come lo Stato liberale, nel distruggere consapevolmente i residui dell’ordine cristiano, non possa che suicidarsi. Anche il Prof. Danilo Castellano, citando il filosofo John Locke (1632-1704), ha considerato che la rivendicazione della propria volontà senza interferenze, come ha affermato Locke nell’osteggiare la natura dei Comandamenti, non sostiene la possibilità di scelta, evidenziando come il peccato di superbia originale sia l’essenza del liberalismo. Interessante è stato pure, come sottolineato ancora dal Prof. Castellano, il problema del cosiddetto “benessere” come rivendicazione di utopie soggettive, al contrario della definizione di “bene”, laddove solo cercando il bene oggettivo si consegue il vero bene. In merito alla distinzione tra “conservazione” e “tradizione”, sollecitata da un intervento, si è ribadito come i “conservatori” accettino sostanzialmente la rivoluzione, volendo il non sviluppo della stessa, mentre la “tradizione” si riflette nella consegna, attraverso il tempo, delle conoscenze. Molti innumerevoli spunti di riflessione hanno caratterizzato questo convegno sul ’68 e parecchie domande hanno coinvolto un pubblico attento e ben formato. Chiudo questa breve e frammentaria cronaca rimandando ovviamente all’auspicabile pubblicazione degli atti e con una frase del Prof. Miguel Ayuso che, nel considerare la “Contestazione”, ha parlato della proposta organica della Dottrina sociale della Chiesa quale autentica contestazione e antidoto ai mali del mondo moderno.
3 commenti su “Non dimentichiamo cosa è stato il Sessantotto – di Fabio Trevisan”
Un vero peccato che convegni di questo genere avvengano così lontano da chi vive in località come la mia dove per altro domina il pensiero opposto e dove tutto è più difficile, anzi, quasi impossibile, come partecipare almeno qualche volta alla Santa Messa, quella vera, in rito romano antico.
Il Signore avrà (spero) compassione di questa nostra sofferenza.
Mi associo al commento di Tonietta.
Anche per me è impossibile presenziare a un convegno così lontano….
D’altra parte, nella landa di sinistrorsi e repubblicani in cui vivo, un dibattito sul ’68 così posto sarebbe boicottato…
Non lo dimentico affatto: fu il male assoluto del XX secolo, secondo solo alla Rivoluzione d’Ottobre in Russia del 1917.