di Clemente Sparaco
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Forse non è esagerato affermare che questo Natale 2017 passerà alla storia per il presepe della Casa Bianca (un presepe napoletano del ‘700, già dono dell’Associazione Italiana Amici del Presepio al Presidente Lyndon Johnson), ostentatamente posto al centro fra gli alberi addobbati nella Sala Est e mostrato agli Americani e al mondo.
Da parte degli avversari del tycoon anche su questo si è rincorso l’equivoco, volendo minimizzare a tutti i costi. Si è detto che era una fake news quella del presepe mai allestito alla Casa Bianca durante la precedente presidenza e che anche Obama aveva normalmente augurato “buone feste” per le festività natalizie.
Ma non si è considerata una differenza inequivocabile, e cioè il fatto che Trump ha voluto lanciare un messaggio preciso, facendo tornare il Natale alla Casa Bianca ad essere il classico Natale cristiano. Non una generica festività tutte luci e vetrine addobbate, ma proprio quel Natale lì, con tanto di Bambinello, Santa Famiglia, pastori, greppia, bue e asinello. Trump ha, in tal modo, ridato legittimità politica al Natale.
Ora, la domanda che d’obbligo dobbiamo porci, se solo vogliamo essere seri, è: perché questa mossa in un mondo come il nostro post-ideologico e globale?
Di certo essa rappresenta una rottura con il politically correct dell’America obamiana, per cui non sarebbe stato corretto dire da parte di un Presidente “Buon Natale”, perché avrebbe offeso la sensibilità di chi non prega il Dio dei cristiani o di chi non prega affatto (vedi Angela Napoletano, “Buon Natale” Presidente, l’Occidentale 30-11-2017). Come dire che il rispetto etnico e religioso dell’altro impone il misconoscimento del proprio.
Non è, allora, una questione di lessico o di meri simboli. E’, piuttosto, una rottura di stile e di linguaggio nel senso forte della parola, per quanto cioè il linguaggio possa veicolare qualcosa di profondo e importante. Guardandola così, si scopre in quella scelta un’inversione di tendenza che attiene alla difesa, non si può sapere fino a che punto strumentale, ma senz’altro coraggiosa, delle radici cristiane dell’America. E ciò conferma che oggi la religione, proprio a livello globale, ritorna con i suoi riti e con i suoi simboli capaci di suscitare sentimenti profondi e reazioni radicali. Si dimostra, quindi, tutt’altro che una forza in declino, andando a riempire lo spazio lasciato libero dalle ideologie e giocando un ruolo politico e geopolitico sempre più decisivo.
Siamo a quello che alcuni politologi e analisti hanno chiamato il “ritorno del sacro” o, con un’espressione molto più intrigante, la “rivincita di Dio” (così Gilles Kepel in un saggio che porta proprio questo titolo). Sta di fatto che il fallimento della profezia (marxista, positivista e nichilista) della scomparsa della religione o della sua relegazione alla mera sfera del privato è ormai “sotto gli occhi di tutti” (Sandro Magister, I cristiani, l’islam e il futuro dell’Europa, www.chiesa.espressonline.it 20. 2. 2006).
Rilasciando un’intervista all’Huffington post il 25 dicembre, Massimo Cacciari ha detto: “Le Chiese sono diventate delle grandi scuole di ateismo. Nella gran parte di esse, la forza paradossale del verbo di Cristo viene trasformata in un discorso catechistico e ripetitivo, un piccolo feticcio consolatorio e rassicurante, un idoletto”. Quindi, ricollegandosi al tema del Natale cristiano, ha aggiunto: “I cristiani sono i primi ad aver dimenticato il Natale, smettendo di predicare la paradossalità del verbo“.
In effetti, nel nostro Occidente un’intellighenzia illuminista, modernista, post-comunista e liberal, che da posizioni di rendita governa i giornali, influenza le case editrici, condiziona le emittenti televisive, seleziona le fonti della storiografia, manipola il passato, diffonde e smercia concetti (vedi Piero Vassallo, Eclissi del pensiero moderno), tende a ridurre gli eventi evangelici a simboli e i simboli a simulacri. Tuttavia, essi sono i censori di un mondo attardato, che inevitabilmente gli sconvolgimenti storici di questi anni spazzeranno via. Nelle forme affievolite e melense di un’ideologia del bene, nella retorica (non a caso usata dalla Clinton nella campagna presidenziale) dell’amore contro l’odio, della tolleranza contro i muri, tentano di protrarre un mondo che forse è già al capolinea, quello del mito progressista, della retorica del ’68, dell’emancipazione non si sa più da che né in vista di cosa.
A fronte di tutto questo Trump sbandiera altre verità. Invoca la religione. Richiama i valori non negoziabili di ratzingeriana memoria e, da ultimo, ostenta i simboli più radicati del cristianesimo come un’arma politica o, forse, più sottilmente, come un’arma per ridare fulcro alla politica, redimendola da opportunismi, tatticismi e post-verità.
8 commenti su “Natale in Casa… Bianca (in The White House) – di Clemente Sparaco”
Bellissimo articolo. Grazie !!!!!!!!!!!!!
Certo che vedere il Presidente degli Stati Uniti augurare “buon Natale”, parlare della “grazia del Salvatore”, della “nascita di Nostro Signore Gesù Cristo” e poi dall’altra avere un Sedicente che, per non offendere i giornalisti atei, non imparte la Benedizione alla prima udienza concessa alla stampa dopo l’elezione, lascia sconcertati, ma rincuora anche.
La neo-chiesa, come tutte le sette che si fissano su un’ideologia, è già vecchia; segue in ritardo errori già commessi da altri, già smascherati in precedenza, già condannati dalla Storia.
Con l’umorismo fine ed inarrivabile di cui è capace solo la Provvidenza, si va scoprendo nel suo irreparabile squallore quella fregola di piacere al mondo che fa dei cortigiani di ogni tempo dei disprezzati non solo da coloro che essi tradiscono, ma anche da quelli che essi servono.
Chi non è sceso a compromessi avrà domani la consolazione di veder finalmente onorata la sua fedeltà. Chi viceversa ha fatto del compromesso la propria regola, cadrà in Lete assieme agli idoli che ha adorato. E’ sempre accaduto: che si…
The Donald mi è sempre parso pagliaccesco, con quei suoi capelli gialli, ma ora lo stimo un po’ di più per essere veramente andato contro corrente, anche se sua figlia Ivanka si è convertita all’ebraismo. Sicuramente il presepio alla Casa Bianca ha una funzione solo propagandistica e strumentale, non certo di fede. Ma sappiamo tutti che Dio può servirsi degli strumenti e delle intenzioni umane più disparate per suscitare una riflessione nelle anime più lontane da Lui. Ed io, che per carattere ed esperienza di vita tendo al pessimismo, sicuramente peccando, mi sento un tantino incoraggiata a confidare in un futuro che smentisca Massimo Cacciari.
Più che l’uso politico di simboli religiosi conta il comportamento in linea o no con la dottrina cristiana
E’ vero quanto lei dice, ma lo Spirito soffia dove vuole e Dio può scrivere diritto anche su righe storte. Perciò attenzione ai segni! Essi, anche se piccoli, sono importanti, perché più delle parole evidenziano le realtà spirituali. Almeno, così penso, e mi creda con estrema
umiltà, ma con grande fede e speranza nel Signore che non ci abbandonerà mai. La saluto augurandole un buon anno.
Il Trump che mi piace:
rilancia con forza i valori umani e cristiani col negare finanziamenti all’aborto, alle lobby gay, con l’affermare il naturale amore tra uomo e donna, col rivalutare le tradizioni cristiane.
Il Trump che non mi piace:
manca il disconoscimento del divorzio (…illusione!),
non avere, da quando è presidente, combattuto effettivamente l’ISIS assieme alla Siria, all’Iran e alla Russia, anzi facendo e dichiarando il contrario,
nel non aver fermato e fatto il mea culpa per l’espansione militare americana (v. Libia, Siria, Ucraina. .e continuano ancora) accusando ingiustamente la Russia della propria malvagità,
e quindi di non avere più proseguito nell’opera di pacificazione con la Russia, anzi punendola sempre più, con l’Iran e con lo stesso cicciobello della Corea del n., la quale Corea ( come anche l’Iran) stava già mantenendo gli impegni sottoscritti anni fa,
di rimanere amico di larghe intese (v. contratto plurimiliardario per le armi) con i Sauditi, feroci dittatori, ….e le intese con Israele?
Penso che il Deep State lo condizioni per cui non è…
Sono d accordo, eccome se contano i segni, soprattutto in questa civiltà in cui gli animi sono svelati proprio dai segni esteriori.
Io ammiro il presidente Americano e lodo Dio per averlo regalato agli americani
E noi quanto dovremo aspettarlo, un presidente così orgoglioso?
Noi siamo Italiani, maestri del compromesso. E la Chiesa stessa si è venduta ai comunisti (Milano in prima fila!).
Abbiamo rinnegato le nostre origini (non solo noi, ma l’Europa intera), deridendo le richieste di Giovanni paolo II.
Che Iddìo ci perdoni, e che le nostre preghiere possano fare il miracolo di ribaltare la situazione…