di Antonio Righi
fonte: Libertà e Persona
Il successo crescente della Marcia Nazionale per la Vita organizzata da Famiglia Domani, Movimento Europeo Difesa Vita (Mevd) e da tante altre sigle pro life, sta portando i suoi frutti. Nascono in questi giorni i “Giuristi per la vita”, presieduti dall’avvocato Gianfranco Amato.
Lo abbiamo sentito in merito ai fini dell’associazione.
Avvocato Amato, dalla marcia per la vita del 13 maggio in poi vi è un certo movimento nel mondo pro-life italiano. Nascono ora i “Giuristi per la Vita”: con quale intenzione?
E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che negli ultimi anni le questioni relative all’inizio ed alla fine della vita si siano spostate dal piano scientifico, filosofico, teologico a quello più prettamente giuridico. Complice l’intervento sempre più pregnante del legislatore in ambiti prima non regolamentati, e l’intromissione sempre più invasiva e discutibile dell’autorità giudiziaria.
Qualche esempio pratico?
Pensiamo ad esempio alla Legge 40/2004, al tentativo di abrogarla tramite referendum, di modificarla grazie alla Corte Costituzionale, e di stravolgerla attraverso l’azione di alcuni magistrati.
Da qui nasce l’esigenza di costituire una task force di giuristi che abbiano a cuore il valore della vita e, soprattutto la dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. L’esperienza ci insegna che, per quanto utili ed importanti, le conferenze, i convegni e i dibattiti, a volte non appaiono sufficienti ad incidere sulla realtà. Da qui l’urgente necessità di proclamare e difendere il diritto alla vita anche nelle sedi in cui tale diritto viene interpretato e applicato. Una pattuglia di agguerriti e convinti avvocati riesce ad ottenere molto più di tanti autorevoli saggi, illustri simposi e dotte disquisizioni accademiche.
E’ davvero convinto di questo?
Ce lo hanno insegnato i radicali in questi ultimi trent’anni, e non vedo perché i pro-life debbano essere da meno.
Tanto per restare in tema, faccio presente che la battaglia per il riconoscimento della pillola RU486 da parte della AIFA è stata condotta perfettamente e senza grande clamore da un pool di legali pannelliani ostinati e combattivi. E vorrei ricordare che la pillola RU486 rappresenta, come ha lucidamente sottolineato il Card. Bagnasco, «una crepa nella nostra civiltà». E’ un salto qualitativo in pejus, di fronte al quale è immorale per i giuristi tacere e non reagire.
Quali battaglie precedenti incoraggiano ad intraprendere questa strada?
Beh, direi il caso più eclatante, quello che ha profondamente segnato la coscienza del nostro Paese e la sua cultura giuridica. Sto parlando della triste vicenda di Eluana Englaro.
Di fronte a quel caso, tutto squisitamente giudiziario, il mondo pro-life reagì in ordine sparso, con una serie di iniziative individuali, senza una strategia unitaria. Furono presentate diverse denunce alla Procura della Repubblica, ricorsi al T.A.R., esposti al Ministero della Salute, e ci fu persino un tentativo di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea. Un inutile speco di energie, intelligenze, risorse, e soprattutto una perdita di tempo che si rivelò fatale.
Secondo Lei in quel caso si sarebbe potuto agire diversamente?
Sono convinto che se un’azione fosse stata intrapresa, fin da subito, da un team di legali con una mirata ed efficace strategia, anziché essere lasciata al generoso e sporadico intervento di qualche solitario volenteroso, forse le cose sarebbero andate diversamente. Dico ciò con cognizione di causa.
Può indicarci altri fronti sui quali avrebbe visto o vedrebbe impegnati i Giuristi per la Vita?
Possiamo parlare delle battaglie legali sulla RU486, su EllaOne, la pillola dei cinque giorni, sulla citata Legge 40/2004, sugli attacchi all’obiezione di coscienza in materia di aborto, sui consultori, sugli inutili registri dei cosiddetti testamenti biologici, ecc., ecc. ecc.
Ecco perché è nata l’idea di costituire l’associazione “Giuristi per la Vita”, un gruppo affiatato e risoluto di avvocati, filosofi del diritto, docenti, studenti, e operatori del diritto in genere, che possa diventare un utile strumento operativo nella lotta in difesa della vita. Una sorta di “Soccorso Rosso” pro-life.
Può condensarci in quattro parole, quasi una sorta di motto, l’idea che Lei ha dei Giuristi della Vita?
“In prima linea sul fronte giuridico”.
E’ certamente una semplificazione, ma credo possa rendere bene l’idea.