Per gentile concessione dell’Autore:
Monsignor Viganò: “Ecco come rispondo al cardinale Ouellet. E’ il momento di uscire allo scoperto”
“Testimoniare la corruzione nella gerarchia della Chiesa cattolica è stata per me una decisione dolorosa, e lo è ancora. Ma sono un anziano, uno che sa che presto dovrà rendere conto al Giudice delle proprie azioni e omissioni, che teme Colui che può gettare corpo e anima nell’inferno”.
Scrive così monsignor Carlo Maria Viganò nella nuova testimonianza che mi ha fatto pervenire dal luogo segreto in cui si trova.
“Ho parlato – precisa l’ex nunzio negli Usa – nella piena consapevolezza che la mia testimonianza avrebbe provocato allarme e sgomento in molte persone eminenti: ecclesiastici, confratelli vescovi, colleghi con cui ho lavorato e pregato. Sapevo che molti si sarebbero sentiti feriti e traditi. Ho previsto che alcuni a loro volta mi avrebbero accusato e avrebbero messo in discussione le mie intenzioni. E, cosa più dolorosa di tutte, sapevo che molti fedeli innocenti sarebbero stati confusi e sconcertati dallo spettacolo di un vescovo che accusa confratelli e superiori di misfatti, peccati sessuali e di grave negligenza verso il loro dovere. Eppure credo che il mio continuo silenzio avrebbe messo in pericolo molte anime, e avrebbe certamente condannato la mia”.
Nel nuovo documento monsignor Viganò fa il punto delle osservazioni da lui mosse, e che non hanno ancora ricevuto risposta. Scrive: “Ho invocato Dio come testimone della verità di queste mie affermazioni, e nessuna di esse è stata smentita”.
Viganò risponde inoltre, punto per punto, al cardinale Ouellet, autore di una dura reprimenda nei confronti dell’arcivescovo: “Il cardinale Ouellet ha scritto rimproverandomi per la mia temerarietà nell’aver rotto il silenzio e mosso accuse gravi contro i miei confratelli e superiori, ma in verità il suo rimprovero mi conferma nella mia decisione e, anzi, conferma le mie affermazioni, una ad una ed in toto”.
Proprio in questi giorni esce il mio piccolo libro Il caso Viganò (https://www.aldomariavalli.it/book/il-caso-vigano/) nel quale ripropongo gli articoli apparsi nel mio blog Duc in altum dal momento in cui il monsignore mi affidò il suo primo memoriale e io decisi di renderlo noto. Ovviamente nel libro non c’è quest’ultimo documento, che mi è appena pervenuto. Credo comunque che la lettura dei testi precedenti e di quello che reca la data di oggi, 19 ottobre 2018, memoria dei martiri dell’America settentrionale, consenta al lettore di farsi un’idea esaustiva su una situazione rispetto alla quale nessun battezzato e nessuna persona di buona volontà può voltare lo sguardo da un’altra parte.
Scrive monsignor Viganò al termine del suo documento: “Desidero ripetere il mio appello ai miei confratelli vescovi e sacerdoti che sanno che le mie affermazioni sono vere e che sono in condizione di poterlo testimoniare, o che hanno accesso ai documenti che possono risolvere questa situazione al di là di ogni dubbio. Anche voi siete di fronte ad una scelta. Potete scegliere di ritirarvi dalla battaglia, continuare nella cospirazione del silenzio e distogliere lo sguardo dall’avanzare della corruzione. Potete inventare scuse, compromessi e giustificazioni che rimandano il giorno della resa dei conti. Potete consolarvi con la doppiezza e l’illusione che sarà più facile dire la verità domani e poi ancora il giorno dopo. Oppure potete scegliere di parlare. Fidatevi di Colui che ci ha detto ‘la verità vi renderà liberi’. Non dico che sarà facile decidere tra il silenzio e il parlare. Vi esorto a considerare quale scelta sul letto di morte e davanti al giusto Giudice non avrete a pentirvi di aver preso”.
Aldo Maria Valli
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Nella Memoria dei Martiri dell’America Settentrionale
Testimoniare la corruzione nella gerarchia della Chiesa cattolica è stata per me una decisione dolorosa, e lo è ancora. Ma sono un anziano, uno che sa che presto dovrà rendere conto al Giudice delle proprie azioni e omissioni, che teme Colui che può gettare corpo e anima nell’inferno. Giudice, che pur nella sua infinita misericordia “renderà a ciascuno secondo i meriti il premio o la pena eterna” (Atto di fede). Anticipando la terribile domanda di quel Giudice: “Come hai potuto, tu che eri a conoscenza della verità, rimanere in silenzio in mezzo a tanta falsità e depravazione?” Quale risposta potrei dare?
Ho parlato nella piena consapevolezza che la mia testimonianza avrebbe provocato allarme e sgomento in molte persone eminenti: ecclesiastici, confratelli vescovi, colleghi con cui ho lavorato e pregato. Sapevo che molti si sarebbero sentiti feriti e traditi. Ho previsto che alcuni a loro volta mi avrebbero accusato e avrebbero messo in discussione le mie intenzioni. E, cosa più dolorosa di tutte, sapevo che molti fedeli innocenti sarebbero stati confusi e sconcertati dallo spettacolo di un vescovo che accusa confratelli e superiori di misfatti, peccati sessuali e di grave negligenza verso il loro dovere. Eppure credo che il mio continuo silenzio avrebbe messo in pericolo molte anime, e avrebbe certamente condannato la mia. Pur avendo riportato più volte ai miei superiori, e persino al papa, le aberranti azioni di McCarrick, avrei potuto denunciare prima pubblicamente le verità di cui ero a conoscenza. Se c’è qualche mia responsabilità in questo ritardo me ne pento. Esso è dovuto alla gravità della decisione che stavo per prendere ed al lungo travaglio della mia coscienza.
Sono stato accusato di aver creato con la mia testimonianza confusione e divisione nella Chiesa. Quest’affermazione può essere credibile solo per coloro che ritengono che tale confusione e divisione fossero irrilevanti prima dell’agosto 2018. Qualsiasi osservatore spassionato, però, avrebbe già potuto ben vedere la prolungata e significativa presenza di entrambe, cosa inevitabile quando il successore di Pietro rinuncia ad esercitare la sua missione principale, che è quella di confermare i fratelli nella fede e nella sana dottrina morale. Quando poi con messaggi contraddittori o dichiarazioni ambigue inasprisce la crisi, la confusione si aggrava.
Quindi ho parlato. Perché è la cospirazione del silenzio che ha causato e continua a causare enorme danno alla Chiesa, a tante anime innocenti, a giovani vocazioni sacerdotali, ai fedeli in generale. In merito a questa mia decisione, che ho preso in coscienza davanti a Dio, accetto volentieri ogni correzione fraterna, consiglio, raccomandazione ed invito a progredire nella mia vita di fede e di amore a Cristo, alla Chiesa e al papa.
Permettetemi di ricordarvi di nuovo i punti principali della mia testimonianza.
• Nel novembre 2000 il nunzio negli Stati Uniti l’arcivescovo Montalvo informò la Santa Sede del comportamento omosessuale del cardinale McCarrick con seminaristi e sacerdoti.
• Nel dicembre 2006 il nuovo nunzio, arcivescovo Pietro Sambi, informò la Santa Sede del comportamento omosessuale del cardinale McCarrick con un altro prete.
• Nel dicembre 2006, anch’io scrissi un Appunto al cardinale Segretario di Stato Bertone, che consegnai personalmente al Sostituto per gli Affari Generali, Arcivescovo Leonardo Sandri, chiedendo al papa di prendere misure disciplinari straordinarie contro McCarrick per prevenire futuri crimini e scandali. Questo Appunto non ebbe risposta.
• Nell’aprile 2008 una lettera aperta a Papa Benedetto da parte di Richard Sipe fu trasmessa dal Prefetto del Congregazione per la Dottrina della Fede, Cardinale Levada, al Segretario di Stato, Cardinale Bertone, che conteneva ulteriori accuse a McCarrick di andare a letto con seminaristi e sacerdoti. Mi fu consegnata un mese dopo, e nel maggio 2008 io stesso presentai un secondo Appunto all’allora Sostituto per gli Affari Generali, Arcivescovo Fernando Filoni, riferendo le accuse contro McCarrick e chiedendo sanzioni contro di lui. Anche questo secondo mio Appunto non ebbe risposta.
• Nel 2009 o nel 2010 seppi dal Cardinale Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che papa Benedetto aveva ordinato a McCarrick di cessare il ministero pubblico e iniziare una vita di preghiera e penitenza. Il nunzio Sambi comunicò gli ordini del papa a McCarrick alzando la voce tanto che fu sentita nei corridoi della nunziatura.
• Nel novembre 2011 il Cardinale Ouellet, nuovo prefetto della Congregazione per i Vescovi, riconfermò a me, nuovo nunzio negli Stati Uniti, le restrizioni disposte dal papa a McCarrick, e io stesso le comunicai a McCarrick faccia a faccia.
• Il 21 giugno 2013, verso la fine di un incontro ufficiale dei nunzi in Vaticano, papa Francesco mi rivolse parole di rimprovero e difficile interpretazione sull’episcopato americano.
• Il 23 giugno 2013, incontrai papa Francesco di persona in udienza privata nel suo appartamento per avere chiarimenti, e il papa mi chiese: “Il cardinale McCarrick, com’è?”, parole che io posso solo interpretare come una falsa curiosità per scoprire se fossi alleato o meno di McCarrick. Gli dissi che McCarrick aveva sessualmente corrotto generazioni di preti e seminaristi, e che papa Benedetto gli aveva ordinato di dedicarsi unicamente ad una vita di preghiera e penitenza.
• McCarrick continuò invece a godere di una speciale considerazione da parte di papa Francesco, il quale anzi gli affidò nuove importanti responsabilità e missioni.
• McCarrick faceva parte di una rete di vescovi favorevoli all’omosessualità che godendo del favore di papa Francesco hanno promosso nomine episcopali per proteggersi dalla giustizia e rafforzare l’omosessualità nella gerarchia e nella Chiesa in generale.
• Lo stesso papa Francesco sembra o essere connivente con il diffondersi di questa corruzione o, consapevole di quello che fa, è gravemente responsabile perché non si oppone ad essa e non cerca di sradicarla.
Ho invocato Dio come testimone della verità di queste mie affermazioni, e nessuna di esse è stata smentita. Il cardinale Ouellet ha scritto rimproverandomi per la mia temerarietà nell’aver rotto il silenzio e mosso accuse gravi contro i miei confratelli e superiori, ma in verità il suo rimprovero mi conferma nella mia decisione e, anzi, conferma le mie affermazioni, una ad una ed in toto.
• Il Card. Ouellet ammette di avermi parlato della situazione di McCarrick prima che partissi per Washington per iniziare il mio incarico di nunzio.
• Il Card. Ouellet ammette di avermi comunicato per iscritto condizioni e restrizioni imposte a McCarrick da papa Benedetto.
• Il Card. Ouellet ammette che queste restrizioni vietavano a McCarrick di viaggiare e di apparire in pubblico.
• Il Card. Ouellet ammette che la Congregazione per i Vescovi, per iscritto, prima attraverso il nunzio Sambi e poi ancora attraverso di me, ordinò a McCarrick di condurre una vita di preghiera e penitenza.
Il Card. Ouellet che cosa contesta?
• Il Card. Ouellet contesta la possibilità che papa Francesco abbia potuto ricordarsi importanti informazioni su McCarrick in un giorno in cui aveva incontrato decine di nunzi e avendo dato a ciascuno solo pochi attimi di conversazione. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che, in un secondo incontro privato, ho informato il papa, rispondendo ad una sua domanda su Theodore McCarrick, allora cardinale arcivescovo emerito di Washington, figura preminente nella Chiesa degli Stati Uniti, dicendo al papa che McCarrick aveva sessualmente corrotto i suoi stessi seminaristi e sacerdoti.
• Il Card. Ouellet contesta l’esistenza nei suoi archivi di lettere firmate da papa Benedetto XVI o da papa Francesco riguardo alle sanzioni su McCarrick. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che aveva nei suoi archivi documenti chiave – indipendentemente dalla provenienza – che incriminano McCarrick e relativi ai provvedimenti presi nei suoi confronti, ed altre prove del cover-up riguardo alla sua situazione. E lo confermo ancora.
• Il Card. Ouellet contesta l’esistenza negli archivi del suo predecessore, il cardinale Re, di “appunti di udienze” che imponevano a McCarrick le restrizioni citate. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che ci sono altri documenti: per esempio, una nota del Card. Re non ex-Audientia SS.mi, oppure a firma del Segretario di Stato o del Sostituto.
• Il Card. Ouellet contesta che è falso presentare le misure prese nei confronti di McCarrick come “sanzioni” decretate da papa Benedetto e annullate da papa Francesco. Vero. Non erano tecnicamente “sanzioni”, erano provvedimenti, “condizioni e restrizioni”. Disquisire se erano sanzioni o provvedimenti o che altro è puro legalismo. Sotto il profilo pastorale è esattamente la stessa cosa.
In breve, il cardinale Ouellet ammette le importanti affermazioni che ho fatto e faccio, e contesta le affermazioni che non faccio e non ho mai fatto.
C’è un punto su cui devo assolutamente smentire quanto il Cardinal Ouellet scrive. Il cardinale afferma che la Santa Sede era a conoscenza solo di semplici “voci”, non sufficienti per poter prendere misure disciplinari contro McCarrick. Io affermo invece che la Santa Sede era a conoscenza di una molteplicità di fatti concreti ed in possesso di comprovanti documenti, e che nonostante ciò le persone responsabili hanno preferito non intervenire o è stato loro impedito di farlo. I risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali di McCarrick dell’arcidiocesi di Newark e della diocesi di Metuchen, le lettere di P. Ramsey, dei nunzi Montalvo nel 2000 e Sambi nel 2006, del Dott. Sipe nel 2008, i miei due Appunti al riguardo ai superiori della Segreteria di Stato che descrivevano nei dettagli le accuse concrete contro McCarrick, sono solo voci? Sono corrispondenza ufficiale, non pettegolezzi da sacrestia. I delitti denunciati erano gravissimi, vi erano anche quelli dell’assoluzione di complici in atti turpi, con successiva celebrazione sacrilega della Messa. Questi documenti specificano l’identità dei perpetratori, quella dei loro protettori e la sequenza cronologica dei fatti. Sono custoditi negli archivi appropriati; non è necessaria alcuna indagine straordinaria per recuperarli.
Nelle accuse fatte pubblicamente contro di me ho notato due omissioni, due silenzi drammatici. Il primo silenzio è sulle vittime. Il secondo è sulla causa principale di tante vittime, cioè sul ruolo dell’omosessualità nella corruzione del sacerdozio e della gerarchia. Per quanto riguarda il primo silenzio, è sconvolgente che, in mezzo a tanti scandali e indignazione, si abbia così poca considerazione per coloro che sono state vittime di predatori sessuali da parte di chi era stato ordinato ministro del Vangelo. Non si tratta di regolare i conti o di questioni di carriere ecclesiastiche. Non è una questione di politica. Non è una questione di come gli storici della chiesa possano valutare questo o quel papato. Si tratta di anime! Molte anime sono state messe e sono ancora in pericolo per la loro salvezza eterna.
Per quanto riguarda il secondo silenzio, questa gravissima crisi non può essere correttamente affrontata e risolta fintanto che non chiamiamo le cose con il loro vero nome. Questa è una crisi dovuta alla piaga dell’omosessualità, in coloro che la praticano, nelle sue mozioni, nella sua resistenza ad essere corretta. Non è un’esagerazione dire che l’omosessualità è diventata una piaga nel clero e che può essere debellata solo con armi spirituali. È un’ipocrisia enorme deprecare l’abuso, dire di piangere per le vittime, e però rifiutare di denunciare la causa principale di tanti abusi sessuali: l’omosessualità. È un’ipocrisia rifiutarsi di ammettere che questa piaga è dovuta ad una grave crisi nella vita spirituale del clero e non ricorrere ai mezzi per porvi rimedio.
Esistono senza dubbio nel clero violazioni sessuali anche con le donne e, anche queste creano grave danno alle anime di coloro che le praticano, alla Chiesa e alle anime di coloro che corrompono. Ma queste infedeltà al celibato sacerdotale sono solitamente limitate agli individui immediatamente coinvolti; non tendono di per sé a promuovere, a diffondere simili comportamenti, a coprire simili misfatti; mentre schiaccianti sono le prove di come la piaga dell’omosessualità sia endemica, si diffonda per contagio, con radici profonde difficili da sradicare.
È accertato che i predatori omosessuali sfruttano il loro privilegio clericale a loro vantaggio. Ma rivendicare la crisi stessa come clericalismo è puro sofisma. È fingere che un mezzo, uno strumento, sia in realtà la causa principale.
La denuncia della corruzione omosessuale, e della viltà morale che le permette di crescere, non incontra consensi e solidarietà ai nostri giorni, purtroppo nemmeno nelle più alte sfere della Chiesa. Non mi sorprende che nel richiamare l’attenzione su queste piaghe, io sia accusato di slealtà verso il Santo Padre e di fomentare una ribellione aperta e scandalosa Ma la ribellione implicherebbe spingere gli altri a rovesciare il papato. Io non sto esortando a nulla del genere. Prego ogni giorno per papa Francesco più di quanto abbia mai fatto per gli altri papi. Chiedo, anzi scongiuro ardentemente, che il Santo Padre faccia fronte agli impegni che ha assunto. Accettando di essere il successore di Pietro, ha preso su di sé la missione di confermare i suoi fratelli e la responsabilità di guidare tutte le anime nella sequela di Cristo, nel combattimento spirituale, per la via della croce. Ammetta i suoi errori, si penta, dimostri di voler seguire il mandato dato a Pietro e, una volta ravvedutosi, confermi i suoi fratelli (Luca 22,32).
Concludendo, desidero ripetere il mio appello ai miei confratelli vescovi e sacerdoti che sanno che le mie affermazioni sono vere e che sono in condizione di poterlo testimoniare, o che hanno accesso ai documenti che possono risolvere questa situazione al di là di ogni dubbio. Anche voi siete di fronte ad una scelta. Potete scegliere di ritirarvi dalla battaglia, continuare nella cospirazione del silenzio e distogliere lo sguardo dall’avanzare della corruzione. Potete inventare scuse, compromessi e giustificazioni che rimandano il giorno della resa dei conti. Potete consolarvi con la doppiezza e l’illusione che sarà più facile dire la verità domani e poi ancora il giorno dopo.
Oppure potete scegliere di parlare. Fidatevi di Colui che ci ha detto “la verità vi renderà liberi”. Non dico che sarà facile decidere tra il silenzio e il parlare. Vi esorto a considerare quale scelta sul letto di morte e davanti al giusto Giudice non avrete a pentirvi di aver preso.
+ Carlo Maria Viganò Arcivescovo tit. di Ulpiana Nunzio Apostolico 19 ottobre 2018
Memoria dei Martiri dell’America Settentrionale
8 commenti su “Monsignor Viganò: “Ecco come rispondo al cardinale Ouellet. E’ il momento di uscire allo scoperto” – di Aldo Maria Valli”
Chiedo a chiunque di darmi una spiegazione; mons. Viganò afferma che la S.Sede è in possesso di “comprovanti documenti”, dai quali è possibile conoscere (salvo che se ne dimostri la falsità) “l’identità dei perpetratori, quella dei loro protettori e la sequenza cronologica dei fatti”. Di alcuni questi atti, lui ne è lo stesso autore materiale (gli “Appunti” consegnati alla Segreteria di Stato). E’ probabile che egli possieda tutto questo fascicolo di documenti, oppure almeno ne conosca il luogo in cui sono conservati. Mi chiedo: questo incartamento è stato pubblicato (da mons. Viganò o da altri)? Oppure no? Se no, mi domando che cosa si stia aspettando; che cosa si stia attendendo nel dimostrare (sempre fatta salva la prova contraria) le responsabilità e complicità verso questi crimini orrendi. Se sì, mi lascia allibito il silenzio della S.Sede: chi o che cosa credono di coprire o salvare, dopo questo disastro? Da Gotham, il Pinguino.
Siano lodati Gesù e Maria! Alle volte certi documenti rimangono secreti come mezzo per poter essere ancora in vita. Se si gioca subito tutte le carte, alcune bruciano, spariscono nel mare magnum di notizie scottanti, ed a quel punto, esplose tutte le munizioni, si è completamente esposti. Ave Maria
Brutto da dire ma in Vaticano, a quanto si è saputo, hanno già usato il tritadocumenti per far sparire carte compromettenti che opacizzavano l’immagine di prelati imbarazzanti.
Spero che mons. Viganò sappia far leva sulle persone vaticane rimaste pulite, che possano mettere in salvo quanto rimane, visto che è in atto un altro sacco di Roma.
Qualcuno sta raccogliendo l’esempio di mons. Carlo M. Viganò:
https://www.radiospada.org/2018/10/prete-rompe-i-ranghi-e-rivela-la-sottocultura-gay-in-un-importante-seminario-del-regno-unito/
caro mons. Viganò, è l’ora piuttosto di denunciare l’ imbroglio di ‘questa’ chiesa falso-cattolica. Una camicia di seta sporca si può lavare: una camicia di finta seta, anche se la pulisci, resta sempre finta seta.
Starci comunque dentro, a questa chiesa, anche se la critichi, continui sempre a far parte dell’ Imbroglio.
Di questo dovremo rendere conto al Giudice, presto o tardi non importa.
Senza la fede cattolica non c’è salvezza: a dirlo fu un vero vescovo della vera Chiesa cattolica, sant’ Atanasio.
Come spiegava san Paolo ” Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10,10).La bocca professa quello che crede il cuore, ma la nuova chiesa professa che Dio non è cattolico. Quindi la nuova chiesa non è cattolica.
Falsa camicia(e si occulta) di finta seta (e si vede) pure sporca (e ormai si sente la puzza) che quindi…..logicamente preferisce usare l’arma del silenzio da decenni….con don Villa e le sue scabrose denunce, con chiesa viva post, con Malachi Martin, con Verbitski, con Viganò, con un sacco di altri soggetti tra cui questo….il silenzio di norma è consenso ma in questo caso è solo l’unico modo di continuare a spacciare la finta camicia di finta seta sporca…..Mancanza di fiducia in Dio da parte di qualche prelato che dovrebbe fare chiasso come Viganò ma non solo sulla camicia sporca ma anche appunto sul finto seta della finta camicia.
Sig.ra Marisa il tritadocumenti è stato usato innanzitutto con la Profezia di Fatima. Per chi si è allenato con le parole della Madonna, cosa vuole che sia, proseguire con le parole di un semplice uomo (seppur Cardinale!
In barca nella tempesta sul mare di Galilea, Pietro e tutti gli Apostoli erano ben capaci di tenere il timone, allertati, forti e audaci per salvarsi.
Noi pure siamo sulla barca di Pietro nella tempesta, ma chi tiene il timone? Chi ha la capacità di condurci in salvo?
Ci guidi al porto Maria santissima, Stella Maris e madre nostra amatissima.