Meno contante, meno contate è lo slogan di una campagna fa a favore dell’uso libero del cosiddetto “denaro fisico”, contrapposto alla moneta digitale, scritturale e bancaria. Giorni addietro, alla cassa di un supermercato, abbiamo letto un altro slogan, con tanto di punto esclamativo: meno contanti, meno contatti! Un’autentica minaccia, un presagio del mondo post umano in cui siamo entrati. Ciò a cui si allude è un possibile contagio virale attraverso l’uso di banconote e monete. Un’altra menzogna di questo tempo infernale, smentita dalla Bundesbank tedesca: “banconote e monete non presentano alcun particolare rischio d’infezione per i cittadini”. Addirittura, riferisce il settimanale Der Spiegel, nell’anno del coronavirus “la circolazione di contanti nell’eurozona si è accresciuta dell’8 per cento, per almeno cento miliardi”. Sarà perché le banche centrali non boicottano sistematicamente i tagli da 200 e 500 euro come fa la Banca d’Italia.
Sono alcune delle preziose chicche di un libro importante, Viva i contanti, di Beppe Scienza, economista e docente di fama, divulgatore e chiarificatore di tante bugie propalate dal sistema finanziario e dai suoi servi accademici, mediatici e politici. Consola che il suo libro – di esemplare chiarezza espositiva a vantaggio di un vasto pubblico – sia edito dalla prestigiosa Ponte alla Grazie. Buon segno: qualcosa si muove, nel campo dell’informazione libera economico finanziaria.
L’efficienza e soprattutto la comodità è l’alibi per l’introduzione di altre forme di pagamento o di riserva di valore. Oggi il denaro di plastica e il pagamento attraverso dispositivi elettronici sono realtà favorite da cambiamenti sociali, globalizzazione e nuove tecnologie. Nel mondo “avanzato”, almeno il 90 per cento degli scambi avviene attraverso impulsi elettronici. Eppure, è più che mai vero il proverbio tedesco secondo cui solo i contanti sono soldi veri (nur Bares ist Wahres). La stessa Svezia, il paese in cui l’uso dei contanti è pressoché scomparso, sta riconsiderando le sue scelte, preoccupata per gli effetti sui più poveri e per l’eccesso di potere di chi gestisce le reti tecnofinanziarie.
La frase iniziale, “meno contante, meno contante” si riferisce anche a questo: come farà un disoccupato, o qualcuno che, per i più svariati motivi, non ha più “credito”? Il rischio più grave, in una società che funziona senza denaro contante, è di porre l’intera vita nelle mani di chi custodisce e gestisce il denaro – il sistema finanziario – e di chi controlla e possiede le tecnologie informatiche digitali, ovvero Big Tech e Big Data, la cui alleanza, sinergia e sovrapposizione è sotto gli occhi di chi vuol vedere.
La famigerata agenda di Davos è assai chiara, ma la gente non si prende il disturbo di ascoltare e ragionare: non possiederai nulla e sarai felice. Ciò che non è nelle mie mani, di cui non posso disporre in maniera illimitata, diretta e immediata non è davvero mio. Il denaro virtuale, simbolizzato dalle carte di credito (debito!) non è nelle mie tasche. Il sistema di pagamenti elettronici, entro certi limiti, me lo metterà a disposizione. Appunto, entro certi limiti: in Italia la restrizione all’uso di contante si fa sempre più soffocante; in più, bisogna mettere in conto inevitabili bachi di sistema (black out energetici, insolvenze e fallimenti).
Non si può certo escludere che le nostre carte di credito possano essere bloccate per motivi politici, oltreché per strette ragioni economiche. Né ci sembra sensato che alcuni giganti conoscano per filo e per segno le nostre disponibilità, le nostre abitudini di spesa, ossia possiedano il microfilm della nostra vita. La storiella della “trasparenza” non è che una narrazione: esiste un ambito privato, riservato e perfino segreto che nessuno deve violare, tanto meno i padroni di tutto. Ciò che la maggior parte delle persone non capisce, sottoposta a un bombardamento di informazioni false, fallaci e fuorvianti, è che la carta di credito può togliere libertà e addirittura distruggerci, se non è accompagnata dall’uso e dal possesso del denaro “vero”, il numerario, le monete e le banconote che teniamo in tasca. La card, alla fine, lascia il denaro nelle mani di terzi, al cui arbitrio, alla cui benevolenza e al cui signoraggio ci sottomettiamo ogni giorno.
Beppe Scienza lo scrive all’inizio del suo libro. “Pagare in contanti è la cosa più naturale che ci sia. Ha però un enorme difetto: banche, società di pagamenti elettronici, carte di credito, ecc, non guadagnano nulla sugli acquisti in contanti”. Per questo lo vedono come fumo negli occhi e si sono inventati la ridicola guerra al contante, “fiancheggiate dalla stampa, dalle forze politiche vicine all’establishment finanziario e dalla stessa banca centrale”. Scienza finge stupore: “mai una volta che i vertici della Banca d’Italia si esprimano a favore della propria moneta”. Infatti, la moneta euro è delle banche centrali, mentre il denaro scritturale è creato con un clic delle banche private. Nessuna meraviglia: Bankitalia non ha interesse alcuno per i cittadini: preferisce i suoi azionisti, detti pudicamente partecipanti, al 95 per cento banche e istituzioni finanziarie private, per di più in mani straniere.
In Germania c’è maggiore apertura, tanto che Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, afferma senza problemi che “il contante è un ovvio compagno della vita quotidiana, una delle poche cose che ognuno ha pressoché sempre con sé”. Pagare in contanti è stato pacifico e naturale fintantoché le banche e i colossi tecnologici non hanno scoperto di poter rastrellare profitti anche da lì.
Da noi, l’asservimento dei governi alla dogmatica anti-contanti giunge a eccessi che sarebbero grotteschi se non fosse per lo spreco di denaro pubblico: pensiamo al sistema della lotteria degli scontrini e dei crediti d’imposta per chi paga con mezzi elettronici. Il cashback (le parole inglesi hanno effetto sui gonzi, il cui numero aumenta con progressione geometrica) costa 4,7 miliardi di euro all’erario. Il profitto è solo delle banche e dei gestori di sistemi di pagamento (Paypal, Visa, Nexi), che incassano commissioni su ogni singola transazione. Nulla va allo Stato o al consumatore, mentre i commercianti e i fornitori di servizi perdono una parte del reddito, che fatalmente riversano sui clienti. Meglio sarebbe stato riservare quella somma (novemila miliardi delle vecchie lire!) ai “ristori” o a un piano sanitario.
Vedremo nel tempo se l’emergente mercato della criptomonete (bitcoin, ethereum e altre) sostituirà il denaro fiduciario, ma non sconfiggerà il contante. Ciò è ancora più vero in tempi di crisi, in cui il giogo dei governi si aggiunge alla stretta soffocante del Grande Fratello tecnofinanziario. La proprietà e detenzione diretta e privata del nostro denaro diventa una sorta di ultima difesa, l’estrema ridotta della libertà contro il dominio oligarchico.
É utile, in tempi di disinformazione generalizzata, in cui il potere è il massimo diffusore di fake news, cioè di balle, ricapitolare i fondamentali. Il denaro, oltreché mezzo di pagamento e unità di conto (il metro comune per misurare il valore delle transazioni economiche tramite la fissazione dei prezzi e la contabilizzazione dei debiti e dei crediti) è anche la più comune “riserva di valore”. É cioè un bene che tende a conservare il suo valore nel tempo, e per tale motivo può essere detenuto per un utilizzo futuro senza che si deteriori.
La strategia del mondo finanziario e dell’informazione ad esso legata è di non citare mai tale funzione della moneta, che va ribadita nonostante l’ovvietà. Il denaro contante è “libertà coniata” (gepraegte freiheit), per questo vogliono sottrarcene la disponibilità. Quanto alle commissioni pretese dal sistema per i pagamenti elettronici, Scienza confuta facilmente una bugia diffusa dai banchieri, secondo i quali i costi sarebbero ininfluenti: falsissimo. Milioni di transazioni, altrettante commissioni a favore dei soliti noti. “É un’enormità anche una commissione dello 0,75 per cento raschiato via ai commercianti sui pagamenti con bancomat. (In realtà le percentuali sono mediamente più elevate , N.d.A.) É facilmente dieci volte tanto di quanto si paga online su una compravendita di Borsa, ben più complessa”.
Ghino di Tacco era un grassatore: pretendeva con la forza il pagamento di una somma da chiunque transitasse per il suo feudo di Radicofani, passaggio obbligato tra Firenze, Siena e Roma. Non è diverso il sistema finanziario e tecnologico che lucra commissioni su ogni singola operazione eseguita anche per pagare i pochi spiccioli di un biglietto ferroviario o la spesa quotidiana nel supermercato di “meno contanti, meno contatti”.
Alcuni argomenti usati contro l’uso del contante sono semplicemente falsi, come quello che l’uso di denaro liquido costerebbe dieci miliardi di euro annui. A chi? I costi tipografici per l’intero ammontare delle banconote stampate in Italia è tra i 50 e gli 80 milioni, mentre è ovvio che le banche debbano attrezzarsi per detenere, ricevere e trasferire contanti. La verità è che, oltre a incassare commissioni, il sistema finanziario sfrutta i clienti con liquidità e presta ad interesse elevato le giacenze su conti e libretti. Altri argomenti fanno parte della disinformazione, per così dire, sistemica.
I due più noti sono il contrasto all’evasione fiscale e la lotta contro la criminalità. Il teorema contanti uguale evasione ha qualche fondamento per l’evasione spicciola, che spesso conviene anche ai clienti, ma è del tutto inservibile per l’evasione-elusione in grande stile delle multinazionali, delle entità finanziarie e di Big Tech. I riciclatori di denaro e i grandi evasori non usano il contante: occultano del tutto i redditi, oppure agiscono attraverso false fatturazioni regolate con bonifici e assegni non trasferibili. Le società internazionali, in particolare, operano attraverso una rete di società controllate e di paradisi fiscali, dove tutto si muove nell’area opaca dello shadow banking (banca “ombra”) con l’ausilio di sistemi elettronici crittati impermeabili al controllo pubblico.
Da anni è in corso una battaglia irrisolta per costringere i giganti della rete, i Gafam, a un prelievo fiscale del 3, al massimo del 5 per cento, che farebbe la felicità dell’idraulico, del medico e del fornitore di servizi informatici di prossimità. Per la lotta alla criminalità vale il medesimo discorso: essa agisce con bonifici e nell’oscurità di autostrade informatiche riservate ed illegali. I governatore della banca centrale lussemburghese, non certo una monaca di carità, ha dichiarato, a proposito del risibile argomento dei contanti come vettore di criminalità: “il fatto che i criminali prendano accordi con i telefoni mobili non farebbe venire in mente a nessuno di proibire i telefonini”.
Addirittura, la banca centrale tedesca, nei suoi documenti informativi, consiglia di tenere tra i propri risparmi una somma in contanti non inferiore al 4 per cento di quanto disponibile. Non ci addentriamo in percentuali, ma è indubitabile che in tempi calamitosi di crisi e deflazione, è assai meglio vantare un credito nei confronti della BCE (le banconote) che nei confronti di una banca privata o di una finanziaria con sede fittizia alle Antille.
Ciò che sfugge a tutti noi è che mentre “i soldi che uno mette in cassetta restano suoi, quelli che versa su un conto o libretto no. Li ha prestati alla banca, alla CDP per il risparmio postale, a una cooperativa o a una finanziaria”. É un creditore; bisogna quindi che il debitore sia in grado di restituirgli quanto gli spetta, e, nell’ ipotesi peggiore, che lo voglia fare. La caratteristica del potere – il lettore ci scusi la tautologia – è il potere stesso. Quando diventa assoluto, come quello finanziario-tecnologico- c’è da attendersi ogni cosa. Esiste già la norma europea sul cosiddetto bail in, ossia l’insolvenza bancaria coperta con il denaro di depositanti ed obbligazionisti.
La Banca d’ Italia, in un documento intitolato La moneta e gli strumenti di pagamento alternativi al contante, precisa che “l’unica forma di moneta legale è la moneta contante”. Nella pratica, però, nasconde le banconote dei tagli maggiori e il circuito bancario non eroga ai distributori automatici pezzi superiori ai 50 euro: un abuso sconosciuto nel resto d’Europa. Lo stesso opuscolo di Bankitalia invita a costituire una riserva di emergenza, ma su conti deposito. Il principio è il solito: il denaro sarà anche il vostro, ma lo vogliamo tutto nelle nostre mani, più rapaci che capaci. Il ruolo di accademici e giornalisti è quasi sempre di basso servizio: copia e incolla dei comunicati bancari e finanziari, acquiescenza alle tesi del potere, che determina le carriere universitarie, possiede i giornali e le televisioni e ricatta le poche voci indipendenti con la minaccia di togliere inserzioni e pubblicità. Il potere del denaro svuota la democrazia e soffoca la libertà.
Scienza smaschera autentiche sciocchezza diffuse dai maggiori mezzi di (dis)informazione. Una tesi stravagante, forse una voce dal sen fuggita – un esercizio di verità- proviene da due illustri economisti, Larry Summers e Kenneth Rogoff, che propongono una drastica riduzione del contante non per combattere la criminalità o l’evasione tributaria, ma per consentire alle banche di applicare a tappeto tassi di interesse negativi. Sempre più spesso paghiamo le loro maestà finanziarie per farci la cortesia di detenere (custodire è parola grossa) il nostro denaro, nella speranza che si degnino di restituircelo onorando i nostri assegni ed alimentando i bancomat. Certo, in situazioni difficili, meglio accettare una riduzione del patrimonio, conferito in conti o titoli pubblici di paesi solvibili, che rischiare il peggio in azzardate operazioni, quelle che ci vengono proposte con la massima faccia tosta da intermediari, consulenti e anche dal direttore della filiale di fiducia.
I tassi negativi colpiscono anche la liquidità, ma solo quella giacente su conti correnti, libretti e conti deposito. Il denaro tenuto in cassaforte, sotto il materasso o in cassetta di sicurezza è al riparo. Un incendio può incenerirlo e una forte inflazione eroderne rapidamente il valore, ma a quello servono la diversificazione e la prudenza. Nei fatti, un’imposta patrimoniale in Italia esiste già. All’ipocrita “bollo” su azioni, obbligazioni e conti, destinato allo Stato, vanno aggiunti costi vari che Scienza stima almeno al 2 per cento annuo, pretesi come oneri di gestione, spese di entrata e dismissione nei fondi comuni e simili. Denaro che va al sistema finanziario e ai suoi dirigenti. Capito perché vogliono toglierci di tasca i nostri soldi? Grassatori, scippatori, talvolta usurai, ma legalizzati e in giacca e cravatta. Se poi va male, la giustificazione è sempre la stessa, rigorosamente a posteriori: eh sì, ogni investimento presenta un margine di rischio.
Per questo, nel rispetto delle normative vigenti e con gli accorgimenti di buon senso, consigliamo a tutti di tenere a disposizione un po’ di contanti, magari nella percentuale consigliata dalla Bundesbank. Sono tempi durissimi di cui non si vede il termine: chi può si difenda in tutti i modi consentiti dalle norme, a cominciare dal possesso di denaro contante. Meglio nelle nostre tasche che in quelle di lorsignori. Il dramma vero è che si allarga ogni giorno il numero di “chi non può”.
Mario Draghi, da governatore della BCE, creò denaro dal nulla per anni (il mitico quantitative easing). Denaro elettronico, somme enormi e inesistenti che hanno tenuto in piedi le banche senza raggiungere imprenditori, commercianti, risparmiatori e cittadini comuni. Forse era migliore l’ipotesi formulata da Milton Friedman nel 1969, l’helicopter money, il denaro lanciato dall’ elicottero, un intervento di politica monetaria con il quale la banca centrale immette denaro in maniera diretta nell’economia, per assicurarsi effetti sui consumi e sulla circolazione della moneta. Questo intervento nasce in periodi nei quali i tassi di interesse sono a zero, senza spazi di manovra e con l’economia stagnante, incapace di riprendersi. Mai tentato: il denaro, virtuale e reale, potente cavaliere, è sempre più nelle mani degli gnomi della finanza e dei loro alleati, i padroni della tecnologia informatica.
Meno contante nelle nostre tasche, meno contiamo, schiavi con catene digitali. Più denaro – quello del risparmio e del lavoro – nelle mani di banche e BigTech, più ricchezza, dominio e capacità di sorveglianza per loro, più povertà e meno libertà per noi. Chissà se lo capiremo.