Memorie di un’epoca – rubrica mensile a cura di Luciano Garibaldi
biografie, eventi, grandi fatti, di quel periodo in cui storia e cronaca si toccano
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31 – lunedì 31 ottobre 2016
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FALSIFICARE UN REFERENDUM E’ POSSIBILE. ACCADDE SETTANT’ANNI FA PROPRIO IN ITALIA
Alla vigilia della chiamata alle urne degli italiani per riformare la Costituzione, rileggiamo cosa accadde esattamente settant’anni fa, quando si dovette scegliere tra Monarchia e Repubblica
di Luciano Garibaldi
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Dal ritorno della democrazia in Italia (ovvero dalla fine della seconda guerra mondiale) ad oggi, i referendum abrogativi sono stati un’infinità. Metà di essi – tra l’altro – falliti perché non fu raggiunto il quorum (cioè, andarono a votare meno del 50 per cento dei cittadini aventi diritto). Invece, i referendum non abrogativi si contano sulla punta delle dita: sono esattamente cinque, compreso quello cui siamo tutti chiamati a partecipare il 4 dicembre di quest’anno 2016 per la riforma della Costituzione e l’abolizione del Senato eletto dal popolo. Ovviamente, il più importante fu il referendum istituzionale “Monarchia o Repubblica”.
La mattina del 2 giugno 1946 gli italiani si recarono alle urne (per la prima volta votavano anche le donne) per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente e per partecipare al referendum che avrebbe dovuto decidere la forma dello Stato. I seggi rimasero aperti fino al pomeriggio del 3 giugno. Vinse la Repubblica. Ma ancora oggi, a 70 anni di distanza, c’è chi mette in discussione il risultato di quella consultazione. Cercherò di ricostruire i fatti con obiettività, inquadrandoli nella realtà politica italiana del tempo.
Il principe Umberto II di Savoia era divenuto re d’Italia il 9 maggio di quell’anno, a seguito dell’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, seguìta dalla sua partenza per l’esilio ad Alessandria d’Egitto. Nettamente contrari alla monarchia erano il PCI, il PSIUP, la CGIL, il Partito d’Azione, il PRI. Per la libertà di scelta i liberali e la DC. Favorevole al re solo il piccolo PDI (Partito democratico italiano), le formazioni partigiane monarchiche (tra i loro massimi esponenti, le medaglie d’oro al valor militare Edgardo Sogno ed Enrico Martini «Mauri»), e – sia pure in modo non dichiarato – le Forze Armate, che si erano battute a fianco degli Alleati per fedeltà al giuramento prestato alla monarchia, e l’Arma dei Carabinieri. Ma non la polizia, largamente infiltrata da elementi ex partigiani comunisti. E non certo i superstiti del fascismo della RSI che, anzi, odiavano a morte il re e il maresciallo Badoglio. Assolutamente imparziale la Chiesa, che evitò sempre e comunque qualsiasi presa di posizione.
A Roma, i canali d’informazione sui risultati erano due. Uno, proveniente dalle prefetture, faceva capo al ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita. L’altro, proveniente dalle 31 circoscrizioni elettorali, confluiva verso il ministero della Giustizia di via Arenula, retto dal capo del Partito comunista Palmiro Togliatti, e da qui alla Suprema Corte di Cassazione, presieduta da Giuseppe Pagano, che aveva il compito di sommare i voti e proclamare il risultato finale. Chiuse le urne, furono dapprima scrutinate le schede per la formazione dell’Assemblea Costituente, poi si passò a quelle referendarie.
Alle ore 8 del 4 giugno il ministro dell’Interno Romita redige un primo prospetto dei risultati e lo porta al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Il prospetto riguarda 4000 sezioni su 35.000, tutte localizzate nel Centro Nord, tendenzialmente «repubblicano», e attribuisce alla repubblica una maggioranza del 65 per cento. Decisamente poco, se si considera che gli italiani del Sud e delle Isole sono nella stragrande maggioranza monarchici. De Gasperi, che personalmente è per la repubblica, vede nero e quella sera stessa informa il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, che si profila assai probabilmente la vittoria della monarchia. Il mondo politico romano entra in fibrillazione. Massimo Caprara, all’epoca segretario personale di Togliatti, ha ricordato, in un articolo pubblicato su «Nuova Storia Contemporanea» n. 6 del 2002, che fu lui stesso a «passare» a Togliatti la telefonata di un Romita disperato. I risultati continuavano ad affluire al Viminale, questa volta anche dalle prefetture del Sud, e, al momento della telefonata, nel pomeriggio inoltrato del 4 giugno, la monarchia era ormai al 54 %. Fu a quel punto che Togliatti decise di agire direttamente sui funzionari del suo ministero addetti alle circoscrizioni delegando loro una «autonoma gestione dei voti», da comunicare alla Cassazione «al di fuori di ogni controllo». Se le parole hanno un senso: fate vincere la repubblica a tutti i costi. Da un punto di vista storico, la cosa è del tutto logica: i funzionari erano infatti tutti uomini di fiducia del Guardasigilli, e quindi del PCI.
E’ a questo punto che, nella tarda mattinata del 5 giugno, De Gasperi va al Quirinale e informa personalmente il re Umberto II, affinché possa regolarsi, che la repubblica ha vinto. Umberto dispone immediatamente che la regina Maria José e i figli s’imbarchino per il Portogallo sull’incrociatore «Duca degli Abruzzi», lo stesso che ha trasportato Vittorio Emanuele III, dopo l’abdicazione, ad Alessandria d’Egitto. Frattanto la stampa diffonde la notizia della probabile vittoria della monarchia e nel frattempo raccoglie le dichiarazioni polemiche e critiche dei sostenitori di re Umberto. Da sinistra si risponde per le rime. Pietro Nenni sull’ «Avanti!»: «O la repubblica o il caos!».
Gli occhi di tutti erano puntati sulla Cassazione, cui toccava il compito di dichiarare ufficialmente chi aveva vinto e chi aveva perso. E fu sul tavolo della Cassazione che tempestivamente, prima del computo finale, l’onorevole Enzo Selvaggi, monarchico del Partito Democratico Italiano, fece recapitare un ricorso nel quale metteva in guardia i giudici: attenti, quello che conta è il numero dei votanti e non quello dei voti validi. Si riferiva, Selvaggi, subito seguìto dall’onorevole Giovanni Cassandro, all’articolo 2 della legge 16 marzo 1946, istitutiva del referendum. L’articolo disponeva che avrebbe vinto la forma istituzionale (monarchia o repubblica) che fosse stata indicata «dalla maggioranza dei votanti» e non «dalla maggioranza dei voti validi», principio al quale invece, fino a quel momento, prefetture e funzionari di via Arenula si erano attenuti per il computo dei voti. Infatti, le rilevazioni erano state fatte soltanto sui voti giudicati validi. Delle schede giudicate non valide (bianche, sporche o dubbie) non era stato fatto neppure il computo. Poche ore dopo, sul tavolo della Cassazione giungeva un secondo ricorso, firmato dalla Medaglia d’Oro della Resistenza Edgardo Sogno, che chiedeva l’invalidazione del referendum essendo stati esclusi dal voto i residenti nella provincia di Bolzano e nella Venezia Giulia.
Fu a questo punto che al primo presidente della Cassazione, Giuseppe Pagano, giunse una lettera di Togliatti che – come nota Franco Malnati nella sua opera «La grande frode» – forte del suo potere disciplinare sulla magistratura, gli ordinava di limitarsi alla lettura delle cifre dei verbali di ognuna delle 31 circoscrizioni elettorali e alla sommatoria complessiva «omettendo qualsiasi ulteriore pronuncia»: chiara infrazione – nota Malnati – della legge che invece prevedeva, da parte della Cassazione, «la proclamazione del risultato del referendum».
Lunedì 10 giugno: nella Sala Lupa di Montecitorio, il presidente Pagano comunica i risultati raggiunti: 12.672.767 voti per la repubblica, 10.688.905 per la monarchia. Mancano 118 sezioni (che comunque, data la loro esiguità numerica, non modificheranno nulla), ragione per la quale si rinvia la comunicazione definitiva ad una successiva seduta fissata per il giorno 18.
Martedì 11 giugno: gravissimi disordini a Napoli. La polizia apre il fuoco su un corteo monarchico. Nove morti. Disordini anche a Bari e a Taranto. Tutto il Sud, profondamente monarchico, è in subbuglio.
Mercoledì 12 giugno: Consiglio dei ministri in un clima di fortissima tensione. Togliatti, anche in seguito alle migliaia di denunce per brogli che continuano a piovere a cura dell’UMI (Unione Monarchica Italiana), dice testualmente: «Vi sono ricorsi che possono anche richiedere l’esame delle schede che tra l’altro non sono qui e forse sono distrutte» (da Aldo A. Mola: «Storia della monarchia in Italia»). In effetti, «sacchi e pacchi di verbali saranno poi rinvenuti nei luoghi più disparati» (ibidem). Anni fa una giornalista di «Libero» intervistò il padre gesuita Brunetta di San Fedele il quale confermò le perplessità sulla legittimità dello spoglio e testimoniò che nelle cantine del Viminale egli stesso aveva visto le casse con le schede mai aperte.
Giovedì 13 giugno, ore 0,15: al termine della seduta, De Gasperi, in accordo con tutti i ministri eccettuato Leone Cattani, dichiarò di assumere i poteri di capo provvisorio dello Stato. Umberto II, subito informato, decise che sarebbe partito in aereo quel giorno stesso, alle ore 15, per l’esilio in Portogallo.
Al momento della partenza per l’esilio, l’ultimo re d’Italia consegnò alla stampa un “Messaggio agli italiani” nel quale era possibile leggere:
«Questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo, con atto unilaterale e arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza. Proclamo pertanto lo scioglimento del giuramento di fedeltà al Re, non a quello verso la Patria, di coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove».
Umberto II morì a Ginevra il 24 marzo 1983. Suo padre Vittorio Emanuele III era morto ad Alessandria d’Egitto il 28 dicembre 1947.
14 commenti su “Memorie di un’epoca – Falsificare un referendum è possibile. Accadde settant’anni fa proprio in Italia – di Luciano Garibaldi”
C’è da vergognarsi di essere italiani (nel senso di stato) considerando che dall’unità d’Italia ad oggi sono più gli imbrogli che le verità. Evidentemente “qualcuno” avrà avuto la sua convenienza a modificare la DEMOCRATICA scelta del popolo.
Non ho mai nutrito simpatia per i Savoia (non per l’istituzione) ma credo, come d’altronde sostengono in molti, che Umberto II sarebbe stato un grande Re. Del personaggio, come si evince anche dalle parole di Montanelli, mi ha sorpreso la dignità e la pacatezza, caratteristiche non facili da esternare nell’immediato caos post bellico. Mi sono commosso, devo ammetterlo, quando ho visto, per la prima volta, le immagini di Umberto II che volle stringere la mano e salutare tutto il suo personale al Quirinale e quando strinse le mani, con il sorriso, sull’aereo che lo stava per portare via. Anche l’Italia compì la sua ‘rivoluzione’, o meglio, l’ultimo atto di una ‘rivoluzione’ che vide i Savoia prima protagonisti nel periodo risorgimentale, poi perdenti, all’ultimo atto appunto, nel periodo che avviava il sole democraticista e partitocratico che ha distrutto tutto, come i barbari, nel corso degli ultimi settant’anni. Però, don Bosco l’aveva previsto, l’aveva profetizzato:”la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione”. Il resto è Storia…
Nasce con la democrazia tipica dei comunisti.. se sei d’accordo con me bene, democrazia, se non sei d’accordo sei non va bene, si fa comunque come dico io… che tristezza!!
Sono convinto che nel 1946 la repubblica abbia vinto coll’aiutino. Se però penso a chi oggi sarebbe sul trono e al suo erede, mi viene da ringraziare Dio.
Quel ramo di Casa Savoia non è più legittimo per aver infranto le regole stesse della casata. Il trono d’Italia se mai fosse ripristinato spetterebbe ad Amedeo d’Aosta.
Come al solito ogni popolo merita il suo governo.
Non va taciuta la fuga del Re a Brindisi.
Il Papa viceversa non è fuggito.
Casa Savoia si è servita di plebisciti fasulli per spodestare i principi italiani e assumere la corona d’Italia- Giusto quindi che l’abbia perduta con un plebiscito fasullo
Può darsi che oggi non ci sarebbe più sul trono il ramo Carignano (Vittorio Emanuele) ma il ramo D’Aosta (Aimone).Comunque secondo una profezia di Padre Pio l’Italia avrà ancora un re.
Bianca Croce di Savoia, Dio ti salvi e salvi il Re!
Dalle macerie delle guerre e dei terremoti si viene sempre fuori, ma dalla dissoluzione morale in cui ci ha immersi questa repubblica siamo destinati a soccombere. Onore a Casa Savoia !!!
Sento sempre parlar male dei Savoia. Ed è un’idiozia,perché senza la Casa Reale oggi non avremmo la Nazione unita. I plebisciti sabaudi del Risorgimento furono corretti. Nessuno obbligava i Savoia a farli,eppure li fecero! Su Vittorio Emanuele IV ed Emanuele Filiberto ci son dei pregiudizi aberranti. Hanno aiutato ed aiutano tanti Italiani,ma questo non lo dice nessuno. I Savoia pare debban ricevere solo fango. Che repubblica schifosa.
Io sono Monarchico,e fiero d’esserlo:chi ama onestamente la Patria,non può non essere Monarchico. Fuga di Pescara:macché fuga! Come il Re fecero tutti coloro che furon invasi dai nazisti. Lo stavano per fare anche il Re inglese e pure Stalin. Ciò si chiama:garantire la continuità dello Stato. Quei popoli non si lamentarono,gli Italiani sì. Perché? Perché troppi storici e giornalisti non han fatto il loro dovere. Ingannando la Gente. Mille volte meglio i Savoia,tutta la vita! Solo la Monarchia potrà salvare l’Italia. Sennò,siamo spacciati con ‘sta repubblica. Povera Italia!
Sapevate che Re Umberto II,già nel 1962,si era scagliato contro la nascita delle Regioni ordinarie. Scrisse che sarebbero state “fonte di dispendio di danaro pubblico”. Ed azzecco’ in pieno.
Abbiamo un debito pubblico che ci sta uccidendo. E quando crebbe? Negli anni ’70. Quando nacquero…le Regioni ordinarie!! Che furono coinvolte anche nello scandalo “spese pazze”:altro danaro pubblico sprecato! W Umberto II,viva l’Italia,viva la Sardegna! W i Savoia!
Le monarchie non sono anacronistiche,le repubbliche spesso SÌ! Le monarchie sono amate dal Popolo,le repubbliche sono forse tollerate. Il Quirinale oggi costa almeno 3 volte più dei Savoia. 3 volte! Alzi la mano chi sapeva tutte queste verità.
Anche per questo,son Monarchici coloro che amano la Patria senza spolparla. Onore all’Italia ed ai Savoia.
una repubblica delle banane nata da truffe ed imbrogli,neanche tanto sapienti organizzati dal cosiddetto “Migliore” criminale pollitico della peggior specie responsabile con Stalin della morte di milioni di russi ma anche di italiani che in Russia si erano rifugiati,comuniisti,socialisti,anarchici.ma tant’e’.Invece di connsegnarne la memoria al pubblico ludibrio,gli sono stati tributati onori anche postumi,fino ad arrivare all’obbrobrio di far insediare a presidente della Camera la sua concubina,la Iotti.Comunque la fine ingloriosa di una dinastia,i Savoia,la ritengo storicamente e politicamente giustaa,nonostante tutto;supportati dalla massoneria internazionale ed avvalendosi di mercenari come il Giuseppe Garibaldi,invasero ed eliminarono il legittimo Regno delle Due Siciliie e lo Stato Vaticano.Hanno pagato il fio