di Giorgio Celsi
presidente dell’Associazione Ora et Labora in Difesa della Vita
- “Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano” diceva Martin Luther King. È stato bellissimo e molto emozionante invece vedere marciare più di 15.000 persone unite nel testimoniare che la Vita è sacra e indisponibile e per questo va difesa senza se e senza ma. Eravamo il numeroso popolo della Vita che si contrappone a chi è nelle tenebre e parla solo di morte, eravamo lì per contribuire a creare nel nostro paese un nuovo clima di gioia e di fiducia nella vita, in cui i bambini non vengano visti come un peso, ma come un dono e una risorsa per tutti, in cui le pance delle mamme non vengano trasformate in tombe ma in luoghi di Vita e di gioiosa speranza. Eravamo lì a ribadire che il diritto alla vita dipende dall’essere vivo, non dall’essere gradito o dall’essere normale e che le difficoltà della vita non si superano eliminando chi è chiamato dopo di noi a venire alla luce ma superando insieme le difficoltà
A un certo punto della marcia ho avuto le lacrime agli occhi perché ho rivisto la speranza che pensavo sopita e l’ho vista negli occhi dolci dei bambini che sono inni alla Vita, nelle mamme che guidavano con gioia i loro passeggini, nei volti di tante suore, preti e politici che gridavano il loro sì alla Vita. Sì, durante la marcia ho rivisto la speranza, quella grande speranza che rende più grandi gli uomini.
Volevo chiudere con un piccolo brano dello scrittore Tolkien tratto dal libro “il Signore degli anelli”
“Ma non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo;
il nostro compito è di fare il possibile
per la salvezza degli anni nei quali viviamo,
sradicando il male dai campi che conosciamo,
al fine di lasciare a coloro che verranno dopo
terra sana e pulita da coltivare.
Ma il tempo che avranno non dipende da noi.”