L’astronave che arriva
“L’utente medio aveva un sogno più speciale, tapparsi in casa ad aspettare l’astronave”
Agli inizi degli anni ’80, anche attraverso alcuni video prodotti da Mr.Fantasy, trasmissione in TV condotta da Claudio Massarini, iniziava a farsi conoscere al grande pubblico la musica di Sergio Caputo, soprattutto con quel “Sabato italiano” che rivelava la filosofia di vita del cantautore romano: “Il fetido cortile ricomincia a miagolare. L’umore, quello tipico, del sabato invernale. La radio mi pugnala con il festival dei fiori…”. Dalla descrizione di un “sabato italiano” trapelava l’ironia velata di malinconia e inquietudine e l’avversione alle piccole storie nella grande metropoli romana: “Sembra un sabato qualunque, un sabato italiano, il peggio sembra essere passato. La notte è un dirigibile che ci porta via lontano, così ci avventuriamo nella Roma felliniana, equilibristi in bilico sul fine settimana… questa storia imprevedibile d’amore e di dinamite mi rende tollerabile perfino la gastrite”.
Nel 1984 Sergio Caputo, dopo aver esordito con lo swing caracollante e arguto del “sabato italiano”, si presentava al Festivalbar con il brano “Italiani mambo”, portando all’interno di una musica caraibica il dileggio per l’esotismo, tra spiagge dorate e giornate spensierate, all’insegna del trastullo facile e pigro: “Mio diletto amore, tramonta il sole al “Tahiti Bar” fra le palme avvelenate dal gas e i turisti alla fermata del tram. Qui nel pigia-pigia la morte grigia mi dà del tu. Son di nuovo al verde ma non per questo mi butto giù e col mio dolore faccio il signore al “Tahiti Bar”.
Anche nella canzone “L’astronave che arriva” del 1985, Caputo confondeva nell’eclettismo musicale e nei riferimenti esotici e stranieri (“Palm Beach”, “Bon voyage”) un pessimismo di fondo che si fondava sulla disillusione e sull’inganno: “L’hai vista tu la luna a marechiaro? Sognavo anch’io, ma erano sogni dispersivi, ossi di seppia, tundre, articoli sportivi”. In questo quadro critico e artefatto, alleggerito con soffici percussioni, l’astronave che arriva non solo non si ferma ma passa dileguandosi nel vuoto, contrassegnando di inutile attesa le aspettative della gente: “L’astronave che arriva sembra amica, però non si ferma qui, disegna un arcobaleno, sembra vero, poi scappa…e questo genere umano sembra vano, ma una logica ci sarà. Sì, l’astronave è già passata e tu dormivi. Meglio così, magari non ti divertivi”.
Al Festival di Sanremo del 1987, Sergio Caputo presentava ne: “Il Garibaldi innamorato”, al ritmo latino-americano, le scorrerie e le avventure del “conquistador”, del ruba-cuori disinvolto e superficiale, ironico ritratto del latin lover italiano. Ancora a Sanremo, parecchi anni dopo, egli presenterà con il pezzo: “Flamingo” del 1999, tra le luci del bar e l’atmosfera avvolta di fumo, di salsa e di rumba, l’energia dissipata dell’umanità in cerca di nuove ebbrezze, di nuovi sogni, di nuove illusioni.
Sergio Caputo ha espresso, sin dai titoli delle sue canzoni (si pensi ad esempio ad alcuni dei suoi dischi: “Ne approfitto per fare un po’ di musica”, “Storie di whisky andati”) l’ineluttabilità della ricerca di un senso, di una ragione per vivere, frustrate dall’infelicità e dalla tristezza, come nel brano Non bevo più tequila, in cui si evidenzia il pessimismo esistenziale: “Ho visto i fiori appassire in un attimo e i miei stivali scappar sotto il tavolo…”. Sergio Caputo ha concepito la vita con un’ironia disincantata, come nel messaggio contenuto nella canzone Bimba, se sapessi, dove il pianoforte un po’ jazz tratteggia le difficoltà del vissuto quotidiano: “Bevo per dimenticare il mal di mare viscerale che questo mondo mi dà. Respirazione artificiale per resuscitare il vecchio buon umore. Bimba, se sapessi che monotonia, tutte queste balle sulla fantasia…tutta la fatica che mi tocca fare solo per riuscire a galleggiare in questo pazzo mare”.
Il cantautore romano ha invitato, senza ombra di dubbio, a non prendersi troppo sul serio, riuscendo così a ridere un po’ di se stesso, come nella canzone dal titolo emblematico Egomusicocefalo, ritratto narcisistico dell’autoreferenzialità soggettivistica del nostro tempo.
Il tratto che però emerge dalle canzoni di Sergio Caputo, anche se celato da musiche swing, caraibiche, latino-americane, jazz ed altro, è quello della disperazione di un’anima in pena, come si evince dal brano Effetti personali del 1986: “Come mosche della scorsa estate, che d’inverno sono ancora qui e rivangano immondizie andate, scontente della vita ma immuni al Ddt; come pulci dello stesso cane…come ombrelli persi alla stazione che si struggono di nostalgia, derubati di utopie piovose…come polvere di strade afose…effetti personali, ci tarpano le ali, tu lasciali dormire, hanno poco da dire”.
3 commenti su “MA CHE MUSICA MAESTRO – Sergio Caputo – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Sentite come parlano, da veri cattolici, i vertici del Patriarcato Cattolico Bizantino, cioè + Elia, Patriarca del Patriarcato Cattolico Bizantino e + Metodio, OSBMr + Timoteo, OSBMr, Vescovi segretari del Patriarcato Cattolico Bizantino :
https://gloria.tv/article/oSat31eYFewc4baMAQJsUqbSe
Magari parlassero così Schneider, Burke, Brandmuller, Sarah.
Se veramente la FSSPX decidesse di porsi sotto la “protezione” di Bergoglio, a noi che vogliamo rimanere cattolici ci converrebbe passare al patriarcato in questione
Certe volte, inavvertitamente, si sbaglia indirizzo
Bravo Alfonso Signorini, anche se non è un “tradizionalista”, è pur sempre un cattolico, credente e praticane, e dimostra molto più giudizio e senso del sacro di tanti porporati, e dello stesso “vescovo di Roma”. Complimenti, poi, per il bel micione che tiene in spalla (chi ama i gatti mi rimane istintivamente simpatico).
In questo articolo glie le canta, al card. Ravasi, ammiratore del festival, della canzone vincente, al prete che la ha fatta cantare all’apertura della messa, allo stesso “santo Padre”, che dice di ammirare Mina (ma non parla mai dei Novissimi, del soprannaturale, della salvezza dell’anima, come fossero cose che gli restano antipatiche…). Un plauso ! :
http://campariedemaistre.blogspot.com/2019/02/se-signorini-le-canta-ravasi.html