I tanti pezzi di Gianni Morandi
“Bell’Emilia di buon vino, con un fazzoletto rosso, vecchie sedi di partito e il santino nel cruscotto”.
La frase sopra richiamata in corsivo di questa canzone, tratta dall’album: “Bisogna vivere” di Gianni Morandi, illustra e condensa la stessa biografia del celebre cantante di Monghidoro, che è stato cresciuto dal padre Renato che ne voleva fare un buon comunista. Il padre era infatti responsabile della diffusione stampa e propaganda della sezione del PCI locale e faceva leggere a voce alta al figlio testi di Gramsci, Marx, Lenin e Stalin. Non solo, prima della scoperta del canto, al figlio Gianni aveva affidato l’amministrazione della cellula comunista, derivata soprattutto dai guadagni provenienti dalle vendite dell’Unità e di altri giornali di sinistra, che diffondeva insieme al figlio nei giorni di mercato per le strade del paese. Un quadretto oleografico “perfetto”, sintetizzato anche in alcune pellicole di Don Camillo e Peppone e battezzato dal grande Giovannino Guareschi come espressione culturale di quelle terre emiliane rosse, il cosiddetto “Mexico d’Italia”. L’inizio della carriera musicale di Gianni Morandi si inscrive dunque in un orizzonte di sinistra: nel 1957 si esibisce al Festival dell’Unità prima di un comizio di Pajetta ed il debutto artistico avviene presso la Casa del Popolo di Alfonsine, località vicino a Ravenna. I pezzi di Gianni Morandi non sono solamente i 600 brani incisi, di cui alcuni in altre lingue, che lo hanno reso famoso anche fuori Italia. I tanti pezzi di Gianni Morandi sono il risultato di chi, partito come lui, credendo nell’utopia comunista (“Io non sono cambiato, ma il comunismo mi ha deluso”) è approdato al successo che tuttavia non lo ha colmato del vuoto interiore che ha riscontrato a Lourdes: “Davanti alla grotta si sente qualche cosa che non so bene come definire, qualche cosa di grande, di misterioso, di indescrivibile”. Con i malati di Lourdes, sempre secondo le sue testuali parole: “Mi sono sentito molto fragile ed anche stupido, pieno di vizi inutili”. Il cantore di tanti brani d’amore e di reminiscenza giovanile, da: “Fatti mandare dalla mamma” a: “ In ginocchio da te”, da: “Occhi di ragazza” a : “Scende la pioggia”, aveva inneggiato alla rivoluzione libertaria sessantottina con il pezzo celeberrimo: “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” del 1967, con il quale si scagliava contro l’imperialismo ed il militarismo degli Stati Uniti: “M’han detto va nel Vietnam e spara ai Vietcong … girava il mondo e poi finì a far la guerra nel Vietnam”. Alla chitarra di chi cantava: “Viva la libertà” aveva sostituito la mitragliatrice, che con un onomatopeico tatatatata distribuiva la morte. Il conformismo della denuncia di Morandi si era scagliato ancor prima nel 1963 pure contro il latino (derivato dall’atmosfera conciliare), in un brano dal titolo esplicativo: “Che me ne faccio del latino” in cui il cantante emiliano, sulla scia del successo dei grandi big mondiali, chiedeva al professore che cosa farsene del latino se: “Con il francese tradurrei John Holliday e con l’inglese Frank Sinatra capirei, col brasiliano Joao Gilberto ascolterei”. Negli anni Settanta, subito dopo la sbornia sessantottina che più o meno lo aveva coinvolto, ricevette il primo schiaffo durante una contestazione pubblica a Milano che lo condurrà ad un primo ripensamento e parziale ripiegamento. Il cantante della “ fisarmonica che stasera suona per te” o del “non son degno di te, non ti merito più”, poté così a sua volta amaramente constatare le lusinghe del successo effimero: “Il successo è malvagio, subdolo e non coincide quasi mai con la felicità”. Da tutti questi episodi, come ha ammesso lo stesso Morandi, ha imparato a riscoprire qualcosa di più vero, parafrasando un’altra sua recente canzone, “prima che tutto finisca”.
1 commento su “MA CHE MUSICA MAESTRO – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Non conoscevo questa, per così dire, “commozione mistica” di Morandi di fronte alla grotta di Lourdes. Ben per lui se gli produrrà pensieri di bene. Ad una certa età è quanto mai necessario che ci si concentri sul vero senso della vita.