Le amarezze e le illusioni di Mr. Volare
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“Ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso. Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare. Tu dici:non ho niente! Ti sembra niente il sole, la vita, l’amore!”.
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Uno dei testi più belli della canzone italiana, Meraviglioso di Domenico Modugno (1928-1994), ispirato in parte dalla grande pellicola cinematografica di Frank Capra “La vita è meravigliosa” del 1947, rimane un antidepressivo sempreverde pregno di valori umani e cristiani (“Perfino il tuo dolore potrà guarire … meraviglioso, il bene di una donna che ama solo te, la luce di un mattino, l’abbraccio di un amico, il viso di un bambino, meraviglioso”).
Di belle canzoni Modugno ne ha scritte e musicate parecchie, a partire da quel“Nel blu dipinto di blu” che nel 1958 gli valse la vittoria al Festival di Sanremo ed un successo mondiale (più di venti milioni di dischi venduti), tanto da farsi apostrofare quale Mr.Volare fin da oltreoceano. Con quella sua mimica facciale e quella sua spiccata e dirompente gestualità in cui allargava le braccia accompagnando, come in un immaginario volo, le ali verso il cielo, il cantautore pugliese sapeva interpretare con grande intensità ed originalità le sue canzoni. Le parole erano sottolineate, da buon attore qual era (a vent’anni vinse la borsa di studio quale miglior attore di recitazione nel concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia), da una precisa dizione che staccava ed accentuava le sillabe e dai gesti che, come un pennello, dipingevano espressivamente i contenuti delle sue canzoni. Quando cantava “Mi dipingevo le mani e la faccia di blu … e incominciavo a volare nel cielo infinito”, tutto il suo corpo partecipava così di quel sogno, di quel colore, di quell’aspirazione umana. Come ha ricordato giustamente lo scrittore e giornalista Enzo Biagi: “Modugno non appariva sullo schermo, lo occupava; non cantava i suoi motivi, li imponeva”. Lo stesso Herald Tribune nel 1958 gli tributava di essere il più grande cantante dei nostri tempi.
Non fu solamente un rinomato cantautore e musicista (suonava chitarra e fisarmonica fin da piccolo) ma un bravo attore che, interpretando la parte di un soldato siciliano, si meritò la nomea o leggenda del “Modugno siciliano”. Anche se ai suoi esordi musicali interpretò canzoni folk in dialetto pugliese e siciliano (sposò nel 1955 una siciliana, Franca Gandolfi), la sua vena artistica poliedrica lo portò ad interpretare con successo pure la canzone napoletana, tanto che vinse nel 1964 con Tu si’’na cosa grande il Festival di Napoli. L’incredibile ed immediata spontaneità e semplicità dei testi delle sue canzoni, accompagnati dalla suggestiva ed accesa interpretazione dei brani, erano così vibranti che facevano dimenticare il titolo originale dei pezzi, com’era accaduto a “Nel blu dipinto di blu”, conosciuto come Volare, così come a Piove (con cui vinse nel 1959 il suo secondo Festival di Sanremo) canticchiato ed osannato dal pubblico come “Ciao, ciao bambina”.
Domenico Modugno, quando indossava l’elegante abito da sera, non faceva che ricordare quella sua canzone, Vecchio frack, del 1955, nella quale evocava drammaticamente un aspirante suicida: “Ha il cilindro per cappello, due diamanti per gemelli, un bastone di cristallo, la gardenia nell’occhiello e sul candido gilet un papillon di seta blu”. Quella sua verve celava infatti una drammaticità vissuta, una situazione esistenziale spesso ferita dal dolore e legata alle tristi vicissitudini familiari (nel 1954 i suoi genitori si separarono e nel 1965 suo padre morì suicida). Forse anche la famosa “ Piange il telefono” risentiva di questo clima angoscioso: “Piange il telefono perché lei non verrà, anche se grido: Ti amo, lo so che non mi ascolterà”. Parafrasando il titolo del brano del 1966, “ Dio come ti amo”, con il quale vinse il suo quarto Festival di Sanremo, potremmo dire che Dio ci ha donato l’autore di canzoni impareggiabili che rimarranno scolpite a lungo nella memoria collettiva un po’ in tutto il mondo.
Domenico Modugno però, oltre ad essere ricordato come Mr. Volare, non sempre ha saputo librare il volo verso il cielo infinito, cadendo talvolta nelle inquietudini mondane e nelle amarezze terrene.
3 commenti su “MA CHE MUSICA MAESTRO – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Bellissimo intervento, su un cantante che non ho apprezzato da vivo (morì che ero abbastanza giovane) ma che mi commuove sempre quando ne ascolto le canzoni, anche talvolta interpretate da altri. Oggi, scusate il luogo comune, non se ne scrivono più di così belle.
“meraviglioso, il bene di una donna che ama solo te, la luce di un mattino, l’abbraccio di un amico, il viso di un bambino, meraviglioso”. Ecco 4 beni che nella società odierna non sono oramai riconosciuti tali. Purtroppo i testi riflettono la loro epoca: erano altri tempi.
Unico Modugno, unico in tutto. Un grande artista che non si dimentica. Beppe Fiorello in una fiction di qualche anno fa lo ha egregiamente impersonato ed anche imitato. E se il film corrisponde alla realtà, vi si può vedere una persona genuina, piena di entusiasmo per la vita e per la bellezza di ogni cosa che può allargare il cuore. Ha avuto le sue pecche Mimmo, ma la famiglia l’ha sempre conservata intatta. Erano altre atmosfere, era tutto un altro modo di vivere.
Sono, ahimé, passati millenni.