Le mille bolle blu di Mina
“Nessuno, ti giuro nessuno, nemmeno il destino ci può separare perché questo amore
che il cielo ci dà, sempre vivrà”
Nella prima apparizione TV del 1959 al celebre programma “Lascia o raddoppia?” condotto da Mike Bongiorno, Mina esordì col brano: “Nessuno”, presentato anche a Canzonissima ed al Musichiere di Mario Riva. Come ricordava Antonello Falqui, rinomato regista televisivo: “Quando Mina uscì da dietro quel juke-box al Musichiere, quella ragazza (allora diciannovenne) riempiva lo schermo con una grande forza di impatto visivo…”. Oltre alle indiscutibili doti vocali, Mina Anna Mazzini (in arte Mina) sapeva anche muoversi con naturalezza tra le telecamere, tanto da diventare un’eccezionale conduttrice televisiva. Tra gli anni ’60 e ’70 Mina condusse infatti Studio Uno, Milleluci con ospiti straordinari, da Totò ad Alberto Sordi, per non parlare di innumerevoli ed affermati cantanti, non solo italiani. Ancora adesso si sente sovente canticchiare: “Parole parole parole”, divenuto fraseggio popolare e rimasto nella memoria collettiva del popolo italiano dopo il duetto tra Mina e Alberto Lupo negli anni ’70: “Che cosa sei? Non cambi mai. Caramelle non ne voglio più, le rose e i violini questa sera raccontali a un’altra. Parole, parole, parole…parole, soltanto parole tra noi”. Mina sapeva interpretare con grande originalità generi musicali diversi, dalla canzone melodica alla lirica (la sua nonna Amelia era una cantante lirica), dal rock’n’roll al jazz, dalla canzone napoletana a qualsiasi tipo di swing. Ha interpretato con incredibile ecletticità oltre 1500 canzoni, vendendo più di 150 milioni di dischi. Cifre da capogiro, che attestano il suo trionfo anche in Paesi come la Spagna, il Giappone, il Venezuela, la Francia, la Germania, l’Argentina solo per citarne alcuni. Negli Stati Uniti Frank Sinatra avrebbe desiderato cantare con Mina, senza contare i plausi ricevuti, da Louis Armstrong a Barbra Streisand, da Aretha Franklyn a Liza Minnelli. Già nel 1960 con: “Tintarella di luna”, Mina arrivava prima nella hit parade, tanto da meritarsi il simpatico nomignolo “Tigre di Cremona”, affibbiatogli da Natalia Aspesi, una sua fan amica. Sempre nel 1960, con l’interpretazione de: “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli, Mina vendette due milioni di copie di dischi, balzando ovviamente alla notorietà e portando l’anno successivo al Festival di Sanremo una canzone rivoluzionaria, un divertissement composto dal celebre Carlo Alberto Rossi (1921-2010): “Le mille bolle blu”. Con quel gioco di dita sulle labbra che all’epoca fece scandalo, Mina sottolineava quel bllll delle bolle: “Se tu chiudi gli occhi e mi baci, tu non mi crederai ma vedo le mille bolle blu e vanno leggere, vanno si rincorrono, salgono scendono su nel ciel”. Questa gestualità stravagante unita ad uno straordinario senso del ritmo facevano di Mina, secondo le parole di un giornalista di costume famoso all’epoca: “La più grande soubrette del dopoguerra”. Poco più che diciottenne, questa “Mina vagante” (anticipando il ’68) esplodeva all’interno di una educazione borghese nel panorama della musica leggera italiana, lanciando con quel suo timbro caldo e sensuale schegge di vocalità incomparabili per estensione e agilità, come nel brano Grande grande grande scritto da Tony Renis: “Con te dovrò combattere, non ti si può pigliare come sei. I tuoi difetti son talmente tanti che nemmeno tu li sai. Sei peggio di un bambino capriccioso, la vuoi sempre vinta tu, sei l’uomo più egoista e prepotente che abbia conosciuto mai…tu sai diventare un altro, in un attimo tu sei grande grande grande, le mie pene non me le ricordo più”. Mina ha unito determinazione e ironia, caratteristiche inconfutabili della sua presenza scenica ed interpretativa, doti attestate da molti suoi collaboratori. Mina ha potuto recuperare alcune canzoni al tempo non apprezzate, interpretandole al punto tale da farli successi personali, come ad esempio “La canzone di Marinella” di De Andrè, che fu da molla al successivo successo del cantautore anarchico genovese. Si è rimproverato a Mina di aver abbandonato le scene troppo presto, con quella sigla finale di Milleluci che può essere simbolica del suo addio. Quel: “Non gioco più, me ne vado” del 1974 racchiude una parabola di una grande cantante che non volle più affrontare la folla, il suo numerosissimo pubblico che l’acclamava e che ancora adesso la segue ascoltando nei CD la limpidezza e l’energia della sua ineguagliabile voce. Come una novella Cenerentola, interprete del brano: “Fuliggine” di Maurizio Morante, Mina aveva interpretato: “Ma dimmi che vita è, nera di fuliggine, chiusa tra queste mura, non ce la faccio più…”.
2 commenti su “MA CHE MUSICA MAESTRO- Mina – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Di Mina ricordo il CD “Dalla Terra”, uscito qualche anno fa, in cui riprendeva, a modo suo, una interessantissima selezione di canzoni cristiane: lavoro di qualità, come d’uso per la cantante, da lustri ormai attorniata da fior fior di musicisti. In particolare ricordo “Voi ch’amate lo criatore” e “Il Pianto della Madonna”, rese in modo umanissimo, oltre che una suggestiva versione musicata della preghiera mariana attribuita a S. Bernardo, “Memorare”. Un bel lavoro, devo dire. di “apostolato” con la musica.
Mina, come Celentano, da urlatrice di musica leggera, e per lo più effimera, a ‘santona’ in dorato esilio, dispensatrice di saggezza tanto a rate, con i massmedia a far la boccuccia stupita e a tirar giù titoloni.