di Padre Elia Schafer
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Ciò che segue è la risposta a quanti mi chiedono di spiegare i motivi dell’ostilità che in un batter di ciglia si materializza ogni qual volta un fedele richiede la celebrazione della S.Messa tridentina al clero aderente alla nuova chiesa nata dal Concilio Vaticano II.
Nuova chiesa nata dal Concilio Vaticano II? Precisamente, perché tutte le riforme e gli orientamenti ufficiali di Roma sono delegati e imposti a nome del Concilio. Dopo il Vaticano II infatti, la maggior parte del clero ha assunto un orientamento nettamente opposto alla Tradizione, cioè al Magistero ufficiale della Chiesa. I sacerdoti hanno abbracciato in massa l’eresia protestante e liberale. Essi hanno voltato le spalle alla Chiesa di sempre, alla Messa di sempre, infettando il Corpo Mistico di Cristo con nuovi dogmi, nuove istituzioni, nuovo sacerdozio, nuovo culto, nuovo insegnamento, nuova morale… e tutto ciò a nome del Concilio al quale i fedeli si DEVONO uniformare.
È facile immaginare che chiunque si opporrà a tutto questo volendo rimanere fedele a ciò che la Chiesa ha sempre detto e fatto, sarà considerato fuori dalla comunione con Papa Bergoglio e i vescovi e dunque fuori dalla comunione della Chiesa. Si può chiedere loro di quale Chiesa. Essi rispondono: della Chiesa conciliare.
Una chiesa alquanto “strana”, con sacerdoti “strani”.
Perché questi sacerdoti si scateneranno contro di voi al solo menzionare la Messa tridentina, la Messa di sempre. Non vi spiegheranno i motivi di tale viscerale ritrosia verso di Essa, non vi spiegheranno il perché di tale reazione sproporzionata. Non lo faranno… semplicemente perché la odiano, la detestano. Così come detestano tutti coloro che si rifanno al cosiddetto Vetus Ordo, tutti coloro che intendono rimanere ancorati alla Tradizione. Una Tradizione che impone loro, consacrati sacerdoti, di essere ciò che dovrebbero essere…(ma forse meglio dire) ciò che non vogliono (più) essere. Dirlo apertamente suonerebbe come un capo d’accusa: ma come, un sacerdote che cova odio nel cuore? Invece è proprio così e per di più si tratta di un odio assai profondo che si trasforma fino all’avversione più veemente e spietata nei confronti di coloro che non si sono resi falsi e traditori come loro.
Parlano di misericordia, di umiltà… ma il loro comportamento denota una cinica malvagità e una brutale mancanza di scrupoli morali. Sentimenti che covano nel cuore, dentro l’animo, cercando di celare questa interiore schiavitù demoniaca agli occhi della gente e dei fedeli. Il demonio si scatena a contatto con l’acqua santa, allo stesso modo questi “strani” sacerdoti al solo nominare la Messa tridentina. In tal caso ogni resistenza è vana e l’odio fuoriesce in tutta la sua evidenza.
Si rimane di stucco nell’assistervi. Eppure vi diranno anche che il clero di oggi, grazie al Concilio Vaticano II, è migliore di quello di ieri e la società, grazie ad esso, è migliorata… Siamo al delirio!
Istruttiva è la lettura di D.von Hildebrand, dove nel libro “Il cavallo di Troia nella città di Dio”[1] scrive: “In un discorso da lui tenuto al Concilio Vaticano II, Mons. Konig ha affermato una tesi che poi è stata ripresa in molte occasioni, ossia che noi vivremmo in un’epoca caratterizzata da una sincerità intellettuale e morale. Ci sembra che a tale riguardo il Konig sia stato vittima di un’illusione oggi assai diffusa.
[…] Anzitutto è assolutamente sbagliato credere che una persona che non viva conformemente alle proprie idee morali sia, già per questo, insincera o, per esprimersi in modo diverso, che la concordanza fra comportamento e princìpi sia segno di sincerità. Di certo, sarebbe desiderabile che una persona viva conformemente alle proprie convinzioni morali, sempre che esse siano giuste. Ma il frequentissimo contrasto fra comportamento e princìpi è un dramma avente la sua origine prima nella natura dell’uomo decaduto. È il perenne conflitto, riferendosi al quale Ovidio scrisse – Vedo il meglio e l’approvo ma faccio il peggio – e San Paolo disse – Poichè il bene che io voglio non lo faccio; faccio il male che non voglio -. Tutto ciò non implica affatto una insincerità.
[…] L’uomo che pur sforzandosi di farlo è incapace di vivere conformemente a ciò che egli ha riconosciuto essere moralmente giusto non può venire affatto considerato insincero. Al contrario: chi riconosce la piena validità della legge etica e dei valori morali, anche se non vive conformemente ad essi dà una prova indubbia di sincerità.
È invece veramente insincero, e tipico dei nostri tempi, l’adattare la verità al proprio modo di agire, l’elevare a norma il proprio comportamento fattuale e negare la validità oggettiva delle leggi morali perché non si riesce a vivere conformemente ad esse”.
Queste ultime parole descrivono perfettamente lo stile di vita di gran parte della società contemporanea e, purtroppo, della maggior parte del clero che ha scelto di vivere esclusivamente la dimensione orizzontale (cioè materiale), relegando in un angolo e di fatto rinnegando la dimensione verticale (cioè spirituale): questo è quanto ha prodotto il Concilio Vaticano II. La perdita della Fede. Una catastrofe, altro che clero migliore!
Senza Fede, cioè senza essere aggrappati a Cristo, la vita si riduce ad un fallimento: i sacerdoti che ne sono privi cadono in crisi d’identità, al pari di quelli ingenui che pur rendendosi conto dello sfacelo dinanzi a loro perseverano nell’errore. Il risultato di questo pauroso smarrimento clericale è letale per la salvezza delle anime: “Sembra che essi non si rendano conto dell’importanza fondamentale che l’elemento sacrale ha nella religione (lo dimostra l’istituzione di Messe con la chitarra e perfino con il jazz). Con l’ottundere il senso del sacro, essi minano la vera religione. Il loro atteggiamento “democratico” non fa loro riconoscere che in tutti coloro che nutrono una nostalgia per Dio vive anche il desiderio del sacro, che essi sentono la differenza fra sacro e profano. L’operaio e il contadino l’avvertono non meno dell’intellettuale. Se sono cattolici, essi desidereranno trovare nelle chiese un’atmosfera di sacralità malgrado l’urbanizzazione e l’industrializzazione del mondo. Essi sapranno distinguere l’“al di sopra” esotericistico dall’“al di sopra” divino. In nessun modo si sentiranno umiliati per il fatto che Dio sta infinitamente al di sopra di loro e che Cristo è un Uomo-Dio. Guarderanno con letizia alla Chiesa nella sua autorità divina. Da ogni sacerdote quale rappresentante della Chiesa essi si aspetteranno che si irradi un’aura diversa da quella del comune laico.
Molti sacerdoti credono che alla Chiesa sarà possibile andare incontro all’uomo semplice solo se essa sostituirà all’atmosfera sacrale che, ad esempio regna nelle meravigliose cattedrali medievali e nelle chiese del Barocco dove la messa veniva celebrata in latino, un’atmosfera profana, funzionalistica, neutra, anodina. Ma questo è un grave errore.
Una tale atmosfera non risponderà alla più profonda nostalgia dell’uomo, gli offrirà pietre invece che pane.
Anziché combattere l’irriverenza così diffusa ai nostri giorni, di fatto codesti preti contribuiscono a propagarla.
[…] L’esperienza dice a chiunque abbia occhi per vedere e orecchie per udire che un solo prete improntato dal sacro conduce a Cristo molte più anime che non tutti i preti che credono di avvicinarsi maggiormente al popolo con l’assumere un atteggiamento privo dell’impronta del loro santo uffizio.
[…] I preti “democratici” non parlano alla natura più profonda dell’uomo. Forse per un certo tempo potranno anche riuscire a condurre più persone alla Chiesa e ad ampliare le loro attività parrocchiane. Ma non porteranno gli uomini più vicino a Cristo né calmeranno la loro sete profonda di Dio e di quella pace che solo Cristo può dare”. [2]
Mons. Lefebvre, al quale la storia finalmente sta dando atto di quanto fosse stato profetico e vero Vescovo cattolico, si è così espresso il 18 agosto del 1976 a proposito del Concilio Vaticano II e della sua influenza sull’autodistruzione della Chiesa: “[…] La conclusione si impone, soprattutto dopo l’immane disastro che subisce la Chiesa da questo Concilio; quest’avvenimento, rovinoso per la Chiesa cattolica e per tutta la civiltà cristiana, NON E’ STATO DIRETTO E CONDOTTO DALLO SPIRITO SANTO. Si rende alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo e alla salvezza delle anime un immenso servizio denunciando pubblicamente i maneggi degli uomini di Chiesa che hanno voluto fare di questo Concilio la pace di Yalta della Chiesa con i suoi peggiori nemici, ossia nella realtà un nuovo tradimento di Nostro Signore Gesù Cristo e della sua Chiesa”. [3]
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[1] Dietrich von Hildebrand – Il cavallo di Troia nella città di Dio – pag. 191 – Edizioni Effedieffe
[2] ibidem – pag. 217
[3] Mons. Marcel Lefebvre – Accuso il Concilio – pag. 35 – Editrice Ichthys
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24 commenti su “L’ostilità della Chiesa conciliare alla messa di sempre: perché? – di Padre Elia Schafer ”
Stupenda analisi psicologica dei preti odierni, caro Padre Elia, grazie di cuore. Purtroppo anch’io sono stao messo alla porta in malo modo da uno di questi, comunista fin nel midollo, ostile alla Madonna, nemico dei santuar mariani. “Per fortuna che c’è stata la grazia della Riforma”, mi ha urlato contro, dopodiché mi ha letteralmente sbattuto fuori di canonica; gli avevo portato in dono un mio libro sula vita di un mio antento sacerdote, devotissimo alla Madonna, edificatore di santuari mariani e missionario “doc” (battezzava di nascosto i bambini figli di musulmani e in pericolo di vita, sapendo che i genitori non glie lo avrebbero permesso). Ha proprio ragione, Padre Elia, quanto odio esce dal cuore e dal viso di questi preti quando sentono parlare di Chiesa preconciliare, di veri missionari, di devozione alla Madonna ! bisogna starne alla larga e lasciarli andare, là dove hanno scelto di andare (ma senza di noi).
Molto istruttiva la Prima Lettura della Messa odierna (At18,9-18).
Il motivo della ricercata “discontinuità” fra “Nuova Chiesa” e Chiesa è il fatto che molto Clero, specialmente “alto”, simpatizza con i Giudei che perseguitavano la Chiesa nascente anziché con i Romani di quel tempo: pagani, ma fortemente ancorati al buon senso e allo Jus.
Il Gallione citato in questo passo era fratello di Seneca
Questo è parlar chiaro! Continuiamo a pregare per tutti i consacrati: per i pochi cattolici perchè resistano e siano luce e sale per tutti noi,
e per la maggioranza di sacerdoti “protestanti” perchè finalmente si convertano! Fulvia
Cari amici, poiché il bene ed il bello conducono verso il Vero, e’ necessario eliminare i primi due cosicché non si possa arrivare al Terzo. Ecco perché la S.Messa deve essere ridotta ad un tripudio di canti sguaiati conditi da chitarre e bongos, in cui il Sacrificio Ss.mo e’ eliminato per fare posto alla festa dei folli.
Egr Padre Elia,posso anche essere d’accordo con lei su tante cose,ma che senso ha celebrare la S Messa ancora in latino,lingua che non si studia quasi più e che nessuno quasi più conosce:molti infatti già la seguivano nella traduzione in italiano che i libri della messa recavano accanto a quella in latino
I motivi sono diversi. Le pare poco celebrare la Messa in una lingua universale che supera le differenze tra i popoli non solo nello spazio, ma anche nel tempo? Io mi sono trovato accanto a una coppia di olandesi che non conosceva l’italiano eppure abbiamo partecipato “una voce”. Anche l’uso di una lingua diversa da quella usuale può essere utile per favorire il senso del sacro; ma la cosa più importante è che il latino ha un lessico preciso le cui sfumature possono perdersi nelle traduzioni nelle lingue moderne.
Infine, ciò che conta non è capire tutto, ma entrare in un atteggiamento di preghiera. Le sembra che con le lingue nazionali le persone siano più attente al significato della liturgia?
P.S. A scanso di equivoci, non intendo essere polemico.
Rispondo con le parole di Don Giuseppe Riva, autore di un libro di devozione un tempo molto celebre:: “Se nelle sacre funzioni(la Chiesa) usa la lingua latina, lo fa per cinque ragioni: 1) per conservare quella lingua che era propria di Roma e di tutto il mondo da lei dominato quando S. Pietro la convertì al Cristianesimo e vi stabilì la propria sede come in un centro da cui, per le già praticate comunicazioni, più facilmente far sentire da per tutto la divina influenza della sua missione di vero Vicario di Gesù Cristo; 2) per meglio conservare e far sentire a tutti i fedeli nell’unità della lingua l’unità della Fede che da per tutto è la stessa; onde è che in qualunque paese si trovi il cristiano cattolico, si trova sempre in casa sua e conosce subito quali sono i suoi ver i fratelli; (segue)
non so cosa pensa Padre Elia, secondo me il latino, come lingua della Chiesa, può rappresentare in modo “tangibile” quella unità di Fede asserita nel nostro credo. Unità che si può sperimentare quando recandoci all’estero possiamo partecipare alla liturgia come nella nostra parrocchia.
3) perché, essendo la lingua latina una lingua fissa, inalterabile, non più soggetta a variazioni, è la più propria a rappresentare l’inalterabilità della Fede, che è sempre la stessa in tutti i tempi ; 4) perché questa lingua è propriissima a ricordarci la genuina parola di Dio scritta, dacchè, per opera di S. Girolamo, fu tradotta tutta in latino e
la sua traduzione detta “Vulgata” fu dichiarata il solo autentico codice delle divine rivelazioni; 5) perché la lingua latina si è quella in cui a noi fu tramandato il vero senso di ogni parola della divina scrittura nelle diverse opere dei SS. Padri, perocchè essi, o hanno scritto in latino originariamente, o furono poi fedelmente in latino tradotti” (Manuale di Filotea, XVII edizione, pag. 86)
Non aggiungo a quanto hanno risposto altri se non un particolare: che la traduzione dal latino alle lingue moderne si è di fatto risolta in un tradimento del vero senso della liturgia.
Mi permetta di spiegarmi con qualche esempio (non me ne voglia: sono pur sempre un insegnante di latino).
Prenda “Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum…” e lo confronti con l’orrenda (e ideologica) traduzione “Signore non son degno di partecipare alla tua mensa…”. Che c’entra la mensa? Dov’è finito il soggetto “che TU entri”, e come ha fatto a trasformarsi in “che io partecipi”? Oppure il “pro vobis et pro MULTIS” che diventa “per voi e per TUTTI”; o infine “qui tollis peccata mundi” che diventa “che TOGLI i peccati del mondo”. In tutti e tre gli esempi si nota la volontà di affermare una DIVERSA TEOLOGIA: mensa al posto di Sacrificio, sottolineatura dell’IO al posto del TU che agisce, salvezza assicurata per tutti, e peccati TOLTI anziché “caricati su di sé” da Cristo.
Uno dei metodi migliori per scoprire se si ha a che fare con un modernista (o con un pavido opportunista) è vedere se predica i Novissimi e se li predica nel modo giusto (ad esempio senza omettere alcuni gravi peccati (tipo la contraccezione, l’aborto, la sodomia, i peccati contro i primi 3 Comandamenti e i rapporti prematrimoniali), senza dire che l’Inferno è praticamente vuoto e senza INVENTARSI peccati inesistenti (non fare bene la raccolta differenziata, non essere disposti a farci invadere da coloro che distruggeranno ciò che resta del cristianesimo in europa, costruire muri, ecc.)).
http://radicatinellafede.blogspot.it/2012/10/non-predicano-i-novissimi-non.html
Cari Sestolese,Filelleno,Vincenzo,sarà pure come voi dite che il latino (che peraltro io amo quale studente di classico e facoltà umanistiche) ha una sua universalità e una sua sacralità,ma credo che per nostro Signore l’importante sia pregare in modo semplice e con il cuore,infatti lui parlava in aramaico antico e non in greco,lingua allora più universale ma che nessuno avrebbe capito.Che poi la lingua latina”fissa inalterabile é la più propria a rappresentare l’inalterabilità della Fede” mi sembra un discorso per pochi,elegante ma selettivo,come dire che solo quelli che conoscono la matematica possono apprezzare la perfezione dell’universo….
Errore, caro Giorgio! Gesù parlava anche in greco (non in attico, ma nella cosiddetta koiné), per eeempio quando si rivolse al centurione romano. Te lo posso dire con certezza perché lo studiai per l’esame di letteratura cristiana antica.
Però non si può neppure escludere che Gesù conoscesse il latino; i S.Evangeli non ci dicono nulla in proposito. Quindi si può ammettere una conoscenza del latino nelle conoscenze umane di Gesù.
Mi permettete? E’ proprio così: solo chi conosce la matematica può apprezzare pienamente la perfezione dell’ universo, che obbedisce a leggi matematiche ed il cui comportamento a tutti i livelli può esser descritto da equazioni matematiche, che, com’ è stato giustamente detto, costituiscono le impronte digitali di Dio. Lo stesso Galileo ammoniva che chi non conosce la matematica addirittura “è inutile ed inetto ad ogni civile negozio”!
Sono stato a una S. Messa tenuta dalla Curia filippina della Legione di Maria e non ho capito nulla. E’ questa l'”actuosa partecipatio”? Mio nonno aveva la terza elementare, ma il latino della Messa lo capiva
L’unità della lingua esprime alla perfezione l’unità della Fede
quando Maria Simma asseriva che certe scelte discutibili operate nella Chiesa erano fatte da cardinali massoni, pensavo che esagerasse: oggi devo ricredermi. Fra le altre cose la Simma riferiva che satana odia il latino…..
A Messa non si va per capire. Per capire si va al CATECHISMO. A Messa si va per Adorare. Nei Riti orientali, larga parte della liturgia, in primis i momenti strettamente eucaristici, si svolgono oltre il muro dell’iconastasi. Il popolo non solo non “capisce”, ma neppure vede nulla. Tali liturgie hanno nutrito praticamente tutti i santi canonizzati fino ad oggi. Le liturgie in italiano, ci danno i vescovi in bici. Inoltre in tutte le culture esiste la lingua sacra. Una lingua che deve servire solo per il servizio divino. Tutti gli islamici al mondo (tranne sette moderniste, ultra-minoritarie) sono obbligati a pregare, siano loro italiani o cinesi, indiani o russi, solo ed esclusivamente in arabo coranico, che non è nè l’arabo parlato, nè quello letterario. Il Book della preghiera comunitaria anglicana, è in inglese del ‘400. Gli Ebrei osservanti si rifiutano di imparare l’ebraico moderno e parlano yddisch, mentre usano quello antico per la preghiera. Ha mai letto delle persecuzioni in Cina?…
Il latino era il segno di riconoscimento ed il codice di comunicazione dei perseguitati. Tirando le somme:”Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire [..] E il segreto consisterà nel fatto che [..], sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” si potrà parlare per ore e ore senza dire niente. Cosa impossibile col latino.”
(Giovannino Guareschi)
Grazie di cuore, padre Elia!
Le Cinque Vie di San Tommaso D’Aquino, sono le strade maestre per arrivare a Dio. La quarta è il Bello, possiamo trovare Dio attraverso il bello. Lui è la Perfezione Assoluta, e il bello e Dio. L’uomo cerca affannosamente in tutta la sua vita il Bello. Il Sacro deve essere Bello. Tutta la nostra Tradizione ha voluto sempre cercare il Bello in architettura, abbiamo una tradizione di duemila anni che entrando in una Chiesa ci sentiamo in contemplazione, che deriva da cum Templo, insieme a Dio. Una chiesa moderna ci porta a scappare. Tutto il Sacro deve essere il più Bello. Papa Benedetto ce lo ha ricordato sempre anche indossando dei paramenti antichi, permettendo di celebrare la Messa in Vetus Ordo. Mio fratello maggiore un po’ d’anni fa ha frequentato la Facoltà di legge, diritto canonico, dei Domenicani a Roma. Partecipavano sacerdoti da molte nazioni, si parlavano tra loro in latino e le lezioni avvenivano in latino, gli esami pure. Con il relativismo non esiste più la ricerca del bello, non…
Il latino è una lingua sacra e come tale è normale che Satana l’abbia in odio. Quello che più mi stupisce e mi turba è il fatto che, tutti Cardinali, Vescovi e Sacerdoti (forse qualche eccezione ci sarà pure) sono rimasti fedeli alla Nuova Chiesa non Cattolica. Questo crea a noi Cristiani Cattolici grosse difficoltà e amarezza privandoci della possibilità di scelta. Se guardiamo ai scismi del passato i fedeli hanno seguito nella quasi totalità la nuova dottrina. E quello che è successo dal Vaticano2 in poi.
Dopo la cancellazione del latino come lingua universale della Chiesa Cattolica, dopo l’intermezzo della lingua volgare nazionale, si passerà alla nuova lingua universale, l’inglese dei massoni. Bergoglio ce ne ha dato un primo assaggio in occasione della “preghiera ecumenica” in Vaticano: gli ebrei pregavano in ebraico, gli islamici in arabo, Bergoglio e i suoi in inglese.