C’era una volta l’Irlanda: un’isola di straordinaria bellezza posta agli estremi confini dell’Europa. Un’isola di guerrieri indomiti, di poeti, di santi. Un’isola dove l’annuncio cristiano era risuonato per la prima volta nell’anno 432, quando un uomo di Dio, venuto dalle coste scozzesi, Patrizio, aveva portato agli irlandesi la Fede in Cristo. Da quel momento la storia dell’Isola di Smeraldo cambiò per sempre, e vi nacque una civiltà cristiana che rifulse per secoli, per tutto il Medioevo, fino al XVI secolo, quando Enrico VIII prima e poi soprattutto la sua figlia illegittima Elisabetta I portarono nell’isola morte, persecuzione, distruzione.
Per tre secoli la Chiesa in Irlanda sopravvisse nella clandestinità, nelle catacombe, fino a quando nel 1829 un uomo coraggioso e indomito, Daniel O’Connell, riuscì ad ottenere dalla Corona inglese l’abrogazione delle Leggi Penali. Era la fine di una lunga persecuzione, era l’inizio di un cammino di libertà anche civile che ebbe il suo culmine molti anni dopo, nel 1916, quando la Nazione insorse grazie ad un pugno di eroi, tra cui i martiri Padraig Pearse, James Connolly, Joseph Plunkett, rivendicando davanti a Dio e davanti agli uomini il proprio diritto ad esistere come una nazione libera. Quella rivolta fu schiacciata nel sangue, ma il sacrificio di quegli eroi fu l’inizio di un’ inarrestabile marcia verso la libertà che avrebbe avuto compimento dopo qualche anno, con la nascita della Repubblica d’Irlanda.
Oggi, cento anni dopo, questa stessa Repubblica sta perseguitando la Chiesa, come avevano fatto Elisabetta, Oliver Cromwell, il massonico Ordine d’Orange e le truppe di occupazione britanniche. Il governo in carica, che tra l’altro è un governo di larghe intese, composto dai due partiti originati un secolo fa dalla spaccatura che avvenne all’interno dello Sinn Fein originale (il movimento indipendentista che aveva lottato per la libertà e che si era diviso di fronte alla scelta se accettare o meno il Trattato con la Gran Bretagna che riconosceva la libertà a ventisei contee ma che manteneva alla Corona il possesso di sei contee della provincia dell’Ulster), ha proibito la celebrazione delle Messe. Una proibizione praticata con un rigore e una durezza da Stato di Polizia.
In Irlanda le restrizioni per il Covid sono tra le più dure d’Europa, avendo raggiunto il livello 5, quello di massima allerta. Questa normativa prevede appunto il divieto delle Messe. La trasgressione al divieto viene sanzionata con multe di duemilacinquecento euro e la reclusione fino a sei mesi. Una misura di una durezza inaudita, ingiustificata. Una misura che riporta l’Irlanda agli incubi dei tempi delle persecuzioni britanniche. Gli agenti della Garda, la polizia irlandese, si aggirano come nuovi Black and Tans – gli squadroni d’assalto inglese che terrorizzarono l’Irlanda durante la guerra per l’Indipendenza – alla ricerca dei sacerdoti Recusants, coloro che rifiutano queste misure coercitive. La polizia è arrivata in molte parrocchie irlandesi minacciando i preti che contro di loro la legge sarebbe stata applicata “col il massimo rigore”.
Ma ci sono ancora eroi che non si arrendono, decisi a mantenere viva la Fede. Uno di questi è padre Patrick Hughes. Parroco a Mullahoran, nella contea di Cavan, una delle tre contee dell’Ulster che fanno parte della Repubblica, ha deciso di ignorare le misure del governo mantenendo le porte della sua chiesa aperte. Padre Hughes, un semplice curato di campagna, ha detto che l’imposizione della chiusura delle chiese è un atto inaccettabile, un insulto alle persone. Il sacerdote ha bollato i regolamenti COVID-19 del governo irlandese come simili a quelli emessi “in uno stato di polizia”. Ha inoltre sottolineato che lui non obbligava nessuno ad andare a Messa, ma che la fede è un grandissimo e valido aiuto ad affrontare le malattie, Covid compreso. Una dichiarazione perfettamente in linea con le evidenze scientifiche neuro immunologiche. La depressione psichica stronca le difese immunitarie, ma al Castello di Dublino, come peraltro in tutta Europa, non la vogliono capire.
Così padre Hughes è stato “attenzionato” dalla polizia, così come dai media ufficiali irlandesi, che hanno cercato di ridicolizzarlo, secondo una tattica tristemente nota anche in Italia. Il sacerdote è stato minacciato dalla polizia, che gli ha intimato di “cacciare via” i fedeli dalla Messa della domenica. Uma Messa segnalata alle forze dell’ordine da un delatore locale, quel tipo di figura che non solo in Irlanda sta emergendo in tutto il suo squallore umano.
Ma padre Hughes non si è lasciato intimorire: ha dichiarato che continuerà a dire Messa “perché è nostro diritto costituzionale praticare la nostra religione”. La Costituzione d’Irlanda, nata dalle barricate di Dublino del 1916, cui padre Hughes si appella, nacque per garantire le libertà, prima di tutte la libertà di culto. In quella Pasqua 1916, il poeta William Butler Yeats scrisse una poesia, un omaggio commosso agli eroi che avevano dato la vita per la libertà, che si concludeva con queste parole: “una terribile bellezza è nata”. Si può dire che invece oggi in Irlanda sia stata imposta una terribile bruttezza. Un orrore che ha origini nel secolarismo che da qualche anno si è scatenato contro l’identità irlandese, contro le sue radici profonde, allo scopo di eliminare l’anima cattolica della nazione.
La battaglia di padre Patrick, che porta il nome del Santo Patrono dell’Isola, è la stessa dei grandi uomini che nel corso dei secoli fecero grande questa nazione: Per la Gloria di Dio e l’Onore di Irlanda.
3 commenti su “L’Irlanda chiude le chiese per Covid: La Grande Bruttezza”
Finalmente qualcuno che guarda in alto e non solo in basso, ma verso la vera libertà con fierezza e ardore dei Figli di Dio!
Sosteniamolo con la preghiera e la diffusione del post!
Grazie P.Patrick. imparassimo anche noi e nostri Vescovi/Cardinali!!!!!!!