Di Piero Vassallo
L’eredità di Giano Accame
Il fascismo, dal passato remoto al possibile futuro
Manifesto di un’avanguardia culturale tanto acuta e attrezzata quanto inascoltata e sottovalutata, l’ingente produzione di Giano Accame non ebbe altro fine che l’emancipazione del Msi dallo sterile nostalgismo, che era professato strumentalmente da una classe politica intesa a lucrare sull’ingenuo rifiuto di ammettere la caduta del sogno così intensamente evocato e vissuto da Mussolini.
Il nostalgismo, infatti, ha premiato e “pagato” i promotori missini della restaurazione impossibile, i banditori della chimera (ridicolizzata dall’animoso & impietoso Piero Buscaroli nel saggio “Dalla parte dei vinti”) contemplante l’alternativa al sistema “prossimo al crollo”.
Ad Accame era, invece, evidente l’inesistenza di una seria alternativa al sistema, assenza derivata dalla fine irreversibile della grandezza italiana – “Addio Impero risorto sui colli fatali di Roma, Mare Nostro, mal d’Africa, millenarie paludi bonificate, … cadeva nel nulla il miraggio di restaurata potenza romana”.
D’altra parte i politici pensanti, Romualdi, De Marzio, Roberti,che avevano fondato il Msi e gli studiosi – Giorgio Del Vecchio, Balbino Giuliano, Armando Carlini, Gioacchino Volpe, Marino Gentile, Guido Manacorda – che ne avevano nobilitato il progetto, riconoscevano apertamente l’improponibilità della dittatura e la conseguente stabilità del sistema che aveva sostituito il regime fascista.
La nobiltà del sentire contempla con sgomento e con pena la dissoluzione del sogno italiano. Solo una cultura alterata dal livore e avvilita dal masochismo può predicare la felicità della sconfitta. Accame non nasconde il disagio dietro la consapevolezza dell’inevitabile sconfitta. La camicia nera, indossata in punto di morte, era per lui il simbolo di un’idea futuribile, non di una fantasiosa ripetizione della storia consumata dalla fortuna avversa e dagli errori.
A proposito di errori, Accame rammenta che Mussolini intendeva evitare la guerra, “ma la guerra non solo non fu impedita: fu lui – sbagliando la puntata nell’errata convinzione che i tedeschi l’avessero di fatto già vinta”. E di seguito confuta e demolisce la tesi surreale, corrente tra cultori di storia giocata dietro le quinte, secondo cui sarebbe stato Churchill in persona a sollecitare l’intervento dell’Italia nella seconda guerra mondiale: tesi utilizzabile davanti a un tribunale da cui Mussolini fosse stato accusato per la dichiarazione di guerra, ma insostenibile di fronte agli italiani “di cui aveva azzardato i destini perdendo: non avrebbe comunque potuto giustificarsi davanti alle famiglie dei caduti spiegando che tanti sacrifici erano stati richiesti per fare un favore agli inglesi”.
La conseguenza di tale giudizio è la rinuncia alla declinazione ad ogni costo del verbo revisionistico, quindi l’adesione convinta a un realismo politico, capace di attualizzare la migliore eredità del fascismo. Infine l’appassionata ricerca di interlocutori intelligenti a destra (Giovanni Volpe e Marcello Veneziani, ad esempio), al centro (Gianni Baget Bozzo e Augusto Del Noce) e a sinistra (Gianni Borgna).
Il fine perseguito da Accame era l’inserimento delle schegge salvabili del pensiero fascista nel vivo della politica italiana. E’ pertanto infondata l’opinione che nell’opera di Accame legge il consenso all’acrobatica, umiliante tesi neodestra che propone la sintesi della destra e della sinistra.
Accame non ha mai inteso proporre la miscela ideologica destra & sinistra. Il suo intento era far capire agli intellettuali di sinistra, che dimostravano un minimo di obiettività, che alcune idee sopravvissute alla catastrofe fascista costituivano un rimedio al capitalismo certamente più efficace della feroce chirurgia marxista [1].
La puntuale rievocazione degli orrori e degli olocausti attuati dai capitalisti nel terzo mondo e ultimamente in Europa, pertanto, non discende dalla volontà di contestualizzare le colpe del fascismo e i crimini orrendi del nazismo e del comunismo, ma dalla consapevolezza della necessità di uscire dall’unica perversa astrazione, che immeritatamente è scampata alla condanna inappellabile, pronunciata dalle vittime del xx secolo.
Mentre la crisi causata dalla scoppio devastante della bolla speculativa, gonfiata dalle nere magie intorno ai miti della globalizzazione, mette in scena l’esigenza di liquidare l’ideologia liberale e di riformare le regole dell’economia di mercato le coraggiose, realistiche conclusioni di Giano Accame si dimostrano quanto mai attuali: “In forma aggiornata, rivendicare il primato del sangue, dei valori umani, pratici e morali, contro l’oro, contro la tirannia dei valori monetari , oggi è un’esigenza ancora più attuale , che può e deve combinarsi con obiettivi delle democrazie nazionali … dall’espropriazione dei poteri dei poteri popolari da parte dei poteri finanziari”.
[1] Al proposito cfr. “La morte dei fascisti”, Mursia, Milano 2010, pag. 91-92.
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