Calendario tradizionale. Giovedì 12 gennaio 2017. Per il Martirologio clicca qui
.
Gentili Amici,
dopo la pausa natalizia riprendiamo il nostro incontro settimanale, ricordandoci l’importanza della fedeltà alla preghiera di riparazione, sia per i nostri peccati, sia per quanto vediamo con dolore accadere quotidianamente nella Chiesa e nel mondo. Rinnoviamo anche le preghiere affinché il Signore doni Santi Pastori alla Sua Chiesa. Possiamo rileggere, cliccando qui, le modalità della preghiera di riparazione. È prezioso anche l’ausilio del libretto con gli Atti di devozione al Sacro Cuore e le Litanie del Sacro Cuore (clicca qui).
= = = = = = = = = = = = = = = = =
Per la nostra formazione, leggiamo un estratto della Vita di San Romualdo scritta da San Pier Damiani.Il testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.
.
NOTIZIE E AVVISI
– I sacerdoti della Fraternità San Pio X celebrano la Santa Messa in rito antico in diverse città. Per l’elenco completo delle Cappelle in Italia e orari delle celebrazioni, clicca qui.
– Tutti i sabati e nei giorni delle solennità a Brescia si celebra la S. Messa in rito antico alle ore 18.00 nella chiesa di San Zeno al Foro (piazza Carducci). Alle 17.30, recita del S. Rosario, esposizione del Santissimo Sacramento e benedizione eucaristica.
– Ogni domenica e festa di precetto a Pavia si celebra la S. Messa in rito antico, alle ore 9.30 nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in via Luigi Porta (centro storico).
– Nella diocesi di Prato si celebra regolarmente la S. Messa in rito antico in latino, in seguito al Motu Proprio “Summorum Pontificum” del 2007 nelle seguenti chiese: la chiesa dello Spirito Santo a Prato (piazza del Collegio), ogni domenica e festa di precetto ore 17.00; la chiesa di Santa Cristina a Pimonte, ogni domenica ore 10.00; la chiesa di San Martino a Paperino a Prato la prima domenica del mese ore 16.00 e ogni giovedì ore 7.30; la chiesa del Sacro Cuore a Prato (Via Benincasa), tutti i primi venerdì del mese ore 21.00.
– Ogni domenica e festa di precetto a Firenze, alle ore 11.00 e alle ore 19.00, nella chiesa dei Santi Michele e Gaetano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al sabato le celebrazioni sono alle ore 7.30 e 11.00 e nei giorni feriali alle ore 7.30 e 18.30.
– Ogni domenica e festa di precetto a Belluno, alle ore 8.00, nella chiesa di Santo Stefano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– In Alto Adige/Sud Tirolo viene celebrata la Santa Messa in rito antico: ogni prima Domenica al mese a Silandro in via Ospedale alle ore 18, ogni terza Domenica al mese a Bolzano in via Weggenstein alle ore 18, ogni quarta Domenica al mese a Bressanone nella chiesa Mariahilf/Zinggen alle ore 18, ogni 8 del mese nella chiesa parrocchiale a Cengles alle ore 17.
– Ogni domenica e festa di precetto a Bergamo, alle ore 9.00 e ogni venerdì alle ore 20,30, nella chiesa della Madonna della Neve, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al termine della S. Messa del primo venerdì del mese, Adorazione Eucaristica e recita delle Litanie del Sacro Cuore di Gesù. Per essere aggiornati sulle celebrazioni in rito antico, cliccare su https://www.facebook.com/madonnadellanevebergamo/
– Ogni domenica e festa di precetto a San Lorenzo, frazione di Pizzoli (AQ), alle ore 18.00, presso l’Abbazia di Sant’Equizio, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/ .
– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” .
– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.
– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804.
– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani – mauro.faverzani@gmail.com
– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.
.
– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.
– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.
– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.
Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
LETTURA DI FORMAZIONE
Vita di San Romualdo
(Ravenna, 952 ca. – Fabriano, 19 giugno 1027. Fondatore dell’eremo di Camaldoli)
scritta da San Pier Damiani – estratti
Per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui
.
Prologo
Contro di te, o mondo immondo, io devo protestare! Tu vanti una turba insopportabile di stolti sapienti, loquaci con te e muti con Dio. Hai tanti superbi che s’innalzano arrogantemente per la loro vana eloquenza o per la loro filosofia vuota. Ma non hai nessuno che se la sente di documentare cose utili alla edificazione del prossimo e tramandarle così ai posteri. Nei tuoi tribunali hai tanti avvocati che sanno patrocinare, con lunghe orazioni, liti concernenti affari secolari o contese processuali. Ma nella santa Chiesa non hai nessuno che sia in grado di illustrare per iscritto le virtù e le gloriose azioni di un solo santo. Hai tanti sapienti a far del male, ignoranti però a fare il bene.
Sono passati ormai quasi quindici anni da quando il beato Romualdo lasciò il peso della carne per passare al regno celeste. Ebbene, tra tanti sapienti, finora non ce n’è stato uno che abbia raccolto in una narrazione storica almeno alcune delle molte glorie della sua vita ammirabile, nessuno che, venendo incontro alla più viva devozione dei fedeli, abbia trasmesso alla santa Chiesa dei testi da proclamare nell’ufficiatura per l’utilità di tutti.
(…)
1. Romualdo si reca al monastero di Classe; fa penitenza per l’omicidio commesso dal padre.
Originario di Ravenna, Romualdo discendeva da illustrissima famiglia ducale. Nell’adolescenza cominciò a sentire le inclinazioni del peccato della carne, vizio che a quell’età suole assalire con più forza gli uomini, specie se ricchi. Con la sua mente era però dedito a Dio: cercava assiduamente di sollevarsi e si proponeva di attuare qualcosa di grande. Ad esempio, se qualche volta si dedicava alla caccia e gli capitava di trovare un ameno angolo di bosco, subito gli si accendeva l’animo del desiderio di un eremo e diceva tra sé: «Come sarebbe bello abitare da eremiti fra questi recessi del bosco! Qui davvero si troverebbe quiete dal frastuono mondano!». Così, ispirata dal cielo, la sua mente, come per un presagio, si andava innamorando di ciò che un giorno avrebbe messo in opera.
Suo padre si chiamava Sergio. Era un uomo fortemente interessato alle realtà mondane e assorbito completamente dagli affari. Egli serbava inimicizia verso un suo parente, essendo sorti degli attriti per una certa proprietà. Vedendo che in quella contesa suo figlio Romualdo rimaneva indifferente, anzi era in profonda apprensione per l’eventualità di un fratricidio, prese a minacciare di privarlo dell’eredità se avesse persistito nel suo atteggiamento.
Ma perché dilungarmi? Alla fine, le due parti nemiche corsero fuori di città a regolare la lite, impugnarono le armi e ingaggiarono un combattimento. E mentre si guerreggiava dall’una e dall’altra parte, ad un tratto il nemico di Sergio finì ucciso per mano di costui.
Romualdo non aveva inflitto nessuna ferita all’ucciso. Tuttavia, per il fatto stesso di essere stato presente, si accollò la penitenza di quel grave delitto. Ben presto si recò al monastero di Sant’Apollinare in Classe e lì rimase in lutto per quaranta giorni, come è uso per un omicida.
2. S. Apollinare appare a Romualdo il quale, mosso dallo Spirito santo, si fa monaco.
Nel monastero di Classe, mentre si mortificava nella più rigorosa penitenza, Romualdo cominciò a intrattenersi a colloquio ogni giorno con un converso, che gli rivolgeva buoni ammaestramenti, sia pure nei limiti del suo sapere. Costui lo esortava di frequente a lasciar da parte la vita secolare e a scegliere immediatamente la vita monastica, senza però riuscire a convincerlo.
Un giorno, conversando del più e del meno, gli lanciò questa battuta gioviale: «Se ti mostrerò Sant’Apollinare nel suo aspetto corporeo e realmente visibile, che premio mi darai?» Romualdo gli rispose: «Mi impegno irrevocabilmente a non rimanere più nel mondo, non appena avrò veduto il beato martire». Allora il converso invitò Romualdo a non andare a dormire la notte seguente e a vegliare in preghiera con lui nella chiesa. Così nel silenzio notturno, rimasero entrambi a lungo in preghiera. Ed ecco, verso il primo canto del gallo, S. Apollinare, sotto lo sguardo dei due, uscire di sotto l’altare che è al centro della chiesa dedicato alla beata vergine Maria. Fu visto uscire dalla parte orientale, dove si trova la lastra di porfido.
Immediatamente tutta la chiesa si riempì di luce splendente, come se il sole avesse concentrato fra quelle pareti il fulgore dei suoi raggi. Il martire, stupendamente adornato delle vesti sacerdotali e con in mano un turibolo d’oro, incensò allora tutti gli altari della chiesa. Finito di incensare ritornò subito al luogo da cui era uscito, e scomparve anche la luce che lo aveva accompagnato.
Fu così che il converso come duro esattore prese ad insistere con forza e ad assillare Romualdo perché mantenesse la promessa. Romualdo, però, era ancora restio e chiese di poter osservare una seconda volta quella visione. E un’altra notte, allo stesso modo, rimasero in preghiera e videro il beato martire in tutto come la prima volta.
Da allora, quando capitava una discussione sul corpo di quel martire, Romualdo affermava risoluto che si trovava deposto in quella chiesa e per tutta la vita il santo non cessò di presentare la sua testimonianza.
Romualdo aveva l’abitudine di sostare spesso in orazione davanti all’altare maggiore della chiesa e là, quando i fratelli si ritiravano, pregava Dio con molti gemiti. Qualche giorno dopo la visione, mentre si trovava a pregare con grande concentrazione, ad un tratto lo Spirito Santo tanto infiammò il suo cuore con il fuoco dell’amore divino che, di colpo, egli proruppe in pianto e non riuscì a frenare le sue lacrime abbondanti. Prostratosi ai piedi dei monaci chiese, con desiderio indescrivibile, l’abito monastico. I monaci, però, temendo la durezza di suo padre, non osarono aprire la porta alla sua conversione. Era allora sulla cattedra arcivescovile di Ravenna, Onesto, già abate del cenobio di Classe. Senza perder tempo, Romualdo si recò da lui e gli manifestò il desiderio che aveva nel cuore. Ed egli, entusiasta, al santo desiderio di Romualdo aggiunse lo stimolo della sua esortazione e ordinò ai fratelli di accoglierlo senza indugio nella loro comunità. E i monaci, rassicurati da tale protezione, accolsero senza paura Romualdo e gli diedero l’abito monastico. Così egli trascorse quasi tre anni in quel monastero.
(…)
6. Nell’eremo Romualdo e Giovanni Gradenigo vivono del lavoro delle loro mani.
Frattanto, con ardente desiderio, Romualdo cresceva mirabilmente di virtù in virtù e sorpassava sempre più gli altri fratelli nel cammino della vita monastica. Così, tra i fratelli, qualunque cosa spirituale o corporale egli decidesse, per comune accordo si accettava sempre la sua volontà. Persino Marino si rallegrava del provare devozione verso quel Romualdo, di cui poco prima era stato superiore.
Per un anno continuo Romualdo non prese altro cibo che un piccolo pugno di ceci lessi. Poi, per tre anni, lui e Giovanni Gradenigo vissero del lavoro delle proprie mani, zappando e seminando grano. E dire che, lavorando da agricoltori, raddoppiavano il peso del loro digiuno.
(…)
8. Romualdo studia le Vite dei Padri; Pietro Orseolo profetizza il destino del figlio.
Una volta, leggendo il libro delle Vite dei Padri, gli accadde di imbattersi nel passo in cui si parla di quei fratelli che per tutta la settimana digiunavano nella solitudine e poi, il sabato si ritrovavano insieme e quel giorno e la domenica sospendevano il rigore del digiuno e si cibavano con una certa larghezza. Immediatamente, Romualdo abbracciò quel regime di vita e vi si atteneva in continua austerità per una quindicina d’anni o forse più.
Il doge Pietro, però, era abituato a molte prelibatezze e, sotto il peso di un digiuno così stretto, per poco non soccombeva. Si prostrò allora umilmente ai piedi del beato Romualdo e, avutone l’ordine di rialzarsi, con rossore dovette rivelare il suo bisogno. «Padre, disse, ho un corpo così grande che, pur considerando i miei peccati, non posso sostentarmi con mezza pagnotta secca». Romualdo con paterna compassione verso la sua fragilità, aggiunse ancora un quarto di pane alla solita razione. Tese così una mano di misericordia al fratello che stava scivolando perché non venisse meno e gli dette forza perché percorresse agevolmente il cammino di vita che aveva intrapreso.
Una volta venne a visitare Pietro il suo omonimo figlio, un uomo di grande esperienza nelle cose del mondo. Il padre, non saprei se per spirito di profezia o per una rivelazione, gli predisse il suo futuro: «Figlio mio, io so, senza alcun dubbio, che ti nomineranno doge e avrai successo. Tu, però, cerca di salvaguardare i diritti delle chiese del Cristo e di non distaccarti dalla giustizia nei riguardi dei tuoi sudditi, per amore o per odio verso qualcuno».
9. Anni dopo il Maestro Romualdo insegna la via della discrezione.
Tempo dopo, Romualdo lesse che S. Silvestro, vescovo di Roma, aveva introdotto l’uso del digiuno al sabato, giorno di vigilia della santa pasqua. Subito, allora, egli spostò dal sabato al giovedì la sospensione del digiuno. Venendo così incontro alla debolezza degli infermi, con giusto senso di misura rese più facile il protrarsi del digiuno e a tutti coloro che praticano la vita solitaria fissò questa norma: ciascuno riconosca di aver soddisfatto al digiuno eremitico se durante la settimana rispetterà l’astinenza dei tre e due giorni consecutivi, mentre il giovedì e la domenica potrà cibarsi, con azione di grazie, di verdure e di qualsiasi liquido vegetale, fuorché nelle due quaresime dell’anno, quando sia lui che quasi tutti i suoi discepoli erano soliti estendere il digiuno a tutta la settimana.
Era veramente conveniente che un uomo sempre desideroso di lodare Dio con cori e timpani, facesse risuonare alle orecchie della luce infinita le più belle consonanze musicali di ottava, di quinta e di quarta.
Quanto al digiuno totale, consistente nel passare la giornata senza cibarsi di nulla, sebbene egli lo praticasse molto spesso, agli altri lo proibì in modo assoluto. Se uno tende alla preghiera, diceva, è quanto mai conveniente che mangi ogni giorno e conservi sempre un po’ di fame. Prendendo quest’abitudine, la carne sopporterà con leggerezza ciò che sembra pesante ai novizi all’inizio della loro conversione. Secondo lui, valeva poco impegnarsi temporaneamente in grandi cose, se poi uno non vi perseverava con generosità.
Insegnava ad avere temperanza e grande discrezione nelle veglie, perché non accadesse di cedere all’assopimento proprio dopo gli uffici notturni. Il sant’uomo era così poco indulgente con il sonno del mattino, che se uno gli confessava di essersi addormentato dopo la veglia dei dodici salmi o, peggio, verso l’alba, non poteva ricevere da lui il permesso di celebrare quel giorno la santa Messa.
Diceva anche che è meglio, se possibile, cantare un solo salmo di cuore e con compunzione, piuttosto che sciorinarne cento fantasticando. Ma se a uno questa grazia non era stata donata compiutamente, egli lo esortava a non perderne la speranza e, tanto meno, ad allentare il ritmo dell’esercizio corporale, nell’attesa che colui che aveva dato la volontà, donasse un giorno anche la possibilità effettiva.
L’intenzione della mente, una volta fissata su Dio, sia l’unica custode dell’incenso della preghiera, che la brezza dei pensieri provenienti dall’esterno perturberebbe. Perché quando l’intenzione è retta, un pensiero sopraggiunto involontariamente non fa troppa paura.
1 commento su “Lega cattolica per la preghiera di riparazione. Notizie e avvisi. Leggiamo alcuni brani della Vita di San Romualdo scritta da San Pier Damiani”
Splendido lo stemma della benedetta Lega; manca peró il Santissimo Nome di Gesú I H+ S ! Sopra il Sacratissimo Suo Cuore, con la S. Croce sulla trasversale del H, come sulla medaglia del Sacro Volto! Verissimo e belissimo stemma! Con grate benedizioni, don +germoglio dell’Imm. ed Euc. Cuore di M. S.ssma Regina