.
Calendario tradizionale. Giovedì 17 marzo 2016 – per il Martirologio clicca qui
.
Gentili amici,
ricordiamo che oggi, giovedì 17, alle ore 21.00, nella Parrocchia di Sant’Antonio Abate a Linarolo (PV), sarà celebrata una S. Messa in Rito antico, con le specifiche intenzioni di riparazione per le gravissime normative approvate di recente in Senato, di cui all’articolo pubblicato su Riscossa Cristiana in data martedì 1° marzo e che potete rileggere cliccando qui .
.
Si avvicina la data del 1° maggio, quando a Linarolo si terrà il Secondo incontro nazionale della Lega cattolica per la preghiera di riparazione (cliccate qui per il programma della giornata).
Per poter organizzare bene la giornata vi preghiamo di comunicarci al più presto la vostra adesione con una mail a legariparazione@email.it .
.
Inoltre, poiché Linarolo non è raggiungibile per ferrovia, preghiamo tutti coloro che abbiano posti disponibili in macchina, di comunicarcelo, autorizzandoci a pubblicare il loro nome, città di provenienza, numero di posti disponibili e indirizzo mail. In tal modo faciliteremo chi è sprovvisto di automobile, che potrà mettersi in contatto per organizzare il viaggio. Sarà anche l’occasione per conoscersi tra aderenti alla Lega residenti nella stessa zona. Avvisateci con mail a legariparazione@email.it .
= = = = = = = = = = = = = = = = =
Per la nostra formazione, leggiamo la prima parte di “La Fede nelle cose che non si vedono” di Sant’Agostino d’Ippona. Il testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.
.
NOTIZIE E AVVISI
– Nella chiesa di Incugnate, frazione di Truccazzano (MI), 20.10, S. Rosario; 20.30 S. Messa in rito antico nelle seguenti giornate: 1° aprile, venerdì dell’ottava di Pasqua, Messa cantata. Incugnate si raggiunge da Pozzuolo Martesana o da Truccazzano, con la strada provinciale 137. Per informazioni: Samuele Segneri, mail samuele@gmail.com
– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/
– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” .
– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.
– Ogni primo venerdì del mese, nella parrocchia di Linarolo (Pavia), alle 16.30 si tengono la recita del Santo Rosario di riparazione e delle Litanie, e alle 17.00 la celebrazione della Messa in rito romano antico secondo le intenzioni della Lega per la preghiera di riparazione.
– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804
– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani – mauro.faverzani@gmail.com
– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.
– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.
– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.
– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.
Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
LETTURA DI FORMAZIONE
La fede nelle cose che non si vedono
di Sant’Agostino di Ippona
(prima parte)
per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui
.
Niente di più certo dell’interiore visione dell’animo.
- 1. Vi sono alcuni i quali ritengono che la religione cristiana debba essere derisa piuttosto che accettata, perché in essa, anziché mostrare cose che si vedono, si comanda agli uomini la fede in cose che non si vedono. Dunque, per confutare coloro ai quali sembra prudente rifiutarsi di credere ciò che non possono vedere, noi, benché non siamo in grado di mostrare a occhi umani le realtà divine che crediamo, tuttavia dimostriamo alle menti umane che si devono credere anche quelle cose che non si vedono. E, in primo luogo, a coloro che la stoltezza ha reso così schiavi degli occhi carnali che giudicano di non dover credere ciò che con quelli non scorgono, va ricordato quante cose non solo credano ma anche conoscano, che pure non possono vedere con tali occhi. Già nel nostro animo, che è di natura invisibile, ce ne sono innumerevoli. Per non parlare di altro, proprio la fede con la quale crediamo o il pensiero con il quale sappiamo di credere o di non credere qualcosa, sono totalmente estranei agli sguardi di codesti occhi; eppure che c’è di più manifesto, di più evidente, di più certo dell’interiore visione dell’animo? Come dunque possiamo non credere ciò che non vediamo con gli occhi del corpo, quando ci accorgiamo di credere o di non credere pur non potendo giovarci degli occhi del corpo?
Nessuna disposizione dell’animo si può vedere con gli occhi del corpo.
- 2. Ma, essi dicono, queste cose che sono nell’animo, poiché le possiamo percepire con l’animo stesso, non c’è bisogno di conoscerle mediante gli occhi del corpo; quelle, invece, che ci proponete di credere, non le mostrate all’esterno in modo che le conosciamo mediante gli occhi del corpo, né sono interiormente, nel nostro animo, in modo che le vediamo con il pensiero. Questo è quanto dicono: come se si ordinasse a qualcuno di credere nel caso in cui potesse vedere davanti a sé l’oggetto del credere. Di certo, dunque, siamo tenuti a credere ad alcune realtà temporali che non vediamo, per meritarci di vedere anche quelle eterne nelle quali crediamo. Ma, chiunque tu sia, tu che non vuoi credere se non ciò che vedi, ecco, tu vedi con gli occhi del corpo i corpi presenti e vedi con l’animo, poiché sono nel tuo animo, le tue volontà e i tuoi pensieri del momento; ora dimmi, ti prego, la buona disposizione del tuo amico verso di te con quali occhi la vedi? Nessuna disposizione, infatti, si può vedere con gli occhi del corpo. O vedi forse con il tuo animo anche ciò che avviene nell’animo altrui? Ma se non lo vedi, come ricambi a tua volta la benevolenza dell’amico, dal momento che non credi ciò che non sei in grado di vedere? O, per caso, stai per dire che vedi la disposizione altrui dalle sue opere? Dunque, vedrai i fatti e sentirai le parole, ma, circa la disposizione dell’amico, tu sarai costretto a credere ciò che non si può né vedere né sentire. Quella disposizione, infatti, non è né un colore né una forma che si imponga agli occhi, non è un suono o una melodia che penetri negli orecchi, e non una tua disposizione, che sia percepita da un moto del tuo cuore. Non ti resta, pertanto, che credere ciò che non è né visto, né udito, né percepito dentro di te, affinché la tua vita non rimanga vuota, senza alcuna amicizia, o l’amore che hai ricevuto non sia, a tua volta, da te ricambiato. Dove è dunque quel che dicevi, e cioè che non devi credere se non ciò che vedi, all’esterno con il corpo o, all’interno, con il cuore? Ecco, a partire dal tuo cuore tu credi ad un cuore non tuo, e là dove non drizzi lo sguardo della carne e della mente, ci destini la fede. Tu, con il tuo corpo, scorgi il volto dell’amico, con il tuo animo discerni la tua fede: ma la fede dell’amico tu non puoi amarla se, a tua volta, non hai in te quella fede con la quale credi ciò che in lui non vedi. Sebbene l’uomo possa anche ingannare col fingere benevolenza o col nascondere la malvagità o, se non ha intenzione di nuocere, con l’aspettarsi da te qualche vantaggio, tuttavia egli simula perché manca di amore.
Nelle avversità si prova il vero amico.
- 3. Ma, secondo quanto dici, tu credi all’amico, del quale non puoi vedere il cuore, perché lo hai sperimentato nelle tue situazioni difficili e hai conosciuto quale fosse la sua disposizione d’animo verso di te in occasione dei pericoli in cui non ti ha abbandonato. Forse dunque, a tuo parere, dobbiamo augurarci delle disgrazie per avere la prova dell’amore degli amici verso di noi? E nessuno proverà la felicità che proviene da amici fidatissimi, se non sarà stato infelice per le avversità, ovvero non potrà mai godere dell’amore collaudato di un altro, se non è stato tormentato dal proprio dolore o timore? E allora come si può desiderare, e non piuttosto temere, quella felicità che si prova nell’avere veri amici, quando solo l’infelicità può renderla certa? E tuttavia è indubbio che si può avere un amico anche nelle prosperità, sebbene è nelle avversità che ne abbiamo la prova più certa.
Crediamo al cuore degli amici anche prima di metterlo alla prova.
- 3. Ma, comunque, per metterlo alla prova, tu non ti affideresti alle tue verifiche, se non credessi. Perciò, siccome tu lo fai per metterlo alla prova, tu credi prima di averne la prova. Di certo infatti, se non dobbiamo credere alle cose non viste, dal momento che crediamo ai cuori degli amici anche quando non ne abbiamo ancora prove certe, e dal momento che, anche quando abbiamo prove – a prezzo dei nostri mali – che sono buoni, anche allora, piuttosto che vedere, crediamo alla loro benevolenza verso di noi, tutto ciò accade soltanto perché in noi è così grande la fede che, in maniera del tutto conseguente, pensiamo di vedere, se si può dire, con i suoi occhi ciò che crediamo. E dobbiamo appunto credere, proprio perché non possiamo vedere.
Se scomparirà la fede, finirà del tutto l’amicizia.
- 4. Se questa fede fosse eliminata dalle vicende umane, chi non si avvede di quanto scompiglio si determinerebbe in esse e di quale orrenda confusione ne seguirebbe? Se non devo credere a ciò che non vedo, chi infatti sarà riamato da un altro, dal momento che in se stesso l’amore è invisibile? Pertanto finirà del tutto l’amicizia, perché essa non consiste in altro che nell’amore reciproco. Quale amore infatti si potrà ricevere da un altro, se non si crede affatto che sia stato dato? Con la fine dell’amicizia poi non resteranno saldi nell’animo né i vincoli matrimoniali né quelli di consanguineità né quelli di parentela, poiché anche in essi vi è senz’altro un comune modo di sentire basato sull’amicizia. I coniugi dunque non potranno amarsi a vicenda, quando, non potendo vedere l’amore come tale, l’uno non crederà di essere amato dall’altro. Essi non desidereranno avere figli, poiché non credono che saranno da essi ricambiati. E costoro, se nascono e crescono, ameranno molto di meno i loro genitori, non vedendo nel loro cuore l’amore verso di sé, dato che è invisibile; naturalmente, però, qualora il credere le cose che non si vedono è segno di colpevole impudenza e non di lodevole fede. Che dire poi degli altri vincoli familiari – tra fratelli, tra sorelle, tra generi e suoceri, tra congiunti di qualsivoglia grado di consanguineità e affinità – se l’amore è incerto e la volontà è sospetta, tanto da parte dei genitori verso i figli quanto da parte dei figli verso i genitori, e quindi finché la dovuta benevolenza non è ricambiata, perché non la si ritiene dovuta quando, non vedendola, non si crede che vi sia nell’altro? D’altra parte, se non è ingenua, è quanto meno odiosa questa cautela per la quale noi non crediamo di essere amati per il fatto che non vediamo l’amore di chi ci ama, e pertanto non ricambiamo a nostra volta coloro che non ci riteniamo in dovere di ricambiare.
Fino a tal punto perciò le cose umane sono sconvolte, non credendo ciò che non vediamo, da essere distrutte fino alle fondamenta, se non crediamo a nessuna volontà d’uomo, che di certo non possiamo vedere. Tralascio di dire quante cose della pubblica opinione, della storia ovvero di luoghi in cui non sono mai stati credano coloro che ci riprendono per il fatto che crediamo ciò che non vediamo, e come essi non dicano “ non crediamo perché non abbiamo visto ”. Se dicessero ciò, infatti, sarebbero costretti a confessare di non avere alcuna certezza sull’identità dei loro genitori, poiché, anche in questo caso, hanno creduto a quanto altri gli raccontavano, senza peraltro essere capaci di mostrarglielo perché era ormai passato; e, pur non conservando alcun ricordo del tempo della loro nascita, tuttavia hanno dato il pieno consenso a coloro che in seguito gliene hanno parlato. Se così non fosse, inevitabilmente si incorrerebbe in un’irriguardosa mancanza di rispetto nei confronti dei genitori, nel momento stesso in cui si cerca di evitare la temerità di credere in quelle cose che non possiamo vedere.
La presenza di indizi chiari ci sprona a credere.
- 4. Se, dunque, con il non credere ciò che non possiamo vedere crollerà la stessa umana società, perché verrebbe a mancare la concordia, quanto più è necessario prestare fede alle realtà divine, sebbene siano realtà che non si vedono? Se non si prestasse loro fede, non l’amicizia di un uomo qualsiasi ma la stessa suprema religione sarebbe violata, in modo che ne consegue la somma infelicità.
- 5. Ma, tu dirai, la benevolenza di un amico nei miei confronti, malgrado non possa vederla, tuttavia la posso ricercare attraverso molti indizi; voi, invece, non potete mostrare con nessun indizio le cose che volete che crediamo pur senza averle viste. Intanto, non è di poco conto che tu concedi che si debbano credere alcune cose, anche se non si vedono, quando si è in presenza di chiari indizi; già questo, infatti, è sufficiente per concludere che non ogni cosa che non si vede non deve essere creduta. Ed è così completamente screditato quel presupposto per cui si dice che non dobbiamo credere le cose che non vediamo. Però sbagliano di molto quelli che ritengono che noi crediamo in Cristo senza nessun indizio su di Lui. Quali indizi, infatti, sono più chiari delle cose che ora constatiamo che sono state predette e si sono realizzate?. Voi, dunque, che escludete l’esistenza di indizi perché dobbiate credere, relativamente a Cristo, quelle cose che non avete viste, considerate quelle che vedete. La Chiesa stessa, con parole di materno amore, vi conforta: “ Io, che vedete con meraviglia fruttificare e crescere per tutto il mondo, un tempo non fui quale ora mi ravvisate”. Ma, nel tuo seme saranno benedette tutte le genti. Quando Dio benediceva Abramo, prometteva me: io infatti mi diffondo fra tutte le genti nella benedizione di Cristo. Che Cristo è il seme di Abramo lo attesta l’ordine di successione delle generazioni. Per riassumere in breve, Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò dodici figli, dai quali è scaturito il popolo di Israele. Giacobbe stesso, anzi, ebbe il nome di Israele. Tra questi dodici figli generò Giuda, da cui è derivato il nome dei Giudei, fra i quali è nata la Vergine Maria, che partorì il Cristo. Ed ecco, in Cristo, cioè nel seme di Abramo, vedete che sono benedette tutte le genti e ne restate stupiti; eppure esitate ancora a credere in lui, nel quale piuttosto avreste dovuto temere di non credere. Mettete in dubbio o rifiutate di credere che una vergine abbia partorito, quando piuttosto dovreste credere che così si addiceva a Dio di nascere come uomo? Sappiate, infatti, che anche questo fu predetto mediante il profeta: Ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiameranno Emmanuele, che vuol dire “ Dio è con noi ”.
Non metterete, dunque, più in dubbio che una vergine possa partorire, se volete credere in un Dio che nasce e, senza abbandonare il governo del mondo, viene tra gli uomini nella carne, e che possa concedere alla madre la fecondità, senza toglierle l’integrità verginale. Così bisognava che nascesse come uomo, pur restando sempre Dio, perché nascendo sarebbe divenuto per noi Dio. Per questo il Profeta dice di nuovo di Lui: Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro di rettitudine lo scettro del tuo regno! Tu hai amato la giustizia e hai detestato l’iniquità; per questo Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali. Questa è l’unzione spirituale con la quale Dio unse Dio, cioè il Padre il Figlio: donde sappiamo che Cristo prende il nome da crisma, che significa unzione. Io sono la Chiesa, della quale si parla in quel medesimo salmo, preannunziando come già avvenuto ciò che doveva avvenire: Stette la regina alla tua destra, in abiti d’oro, ornata di vari colori, cioè nel segno della sapienza, adornata dalla varietà delle lingue. Ivi mi si dice: Ascolta, o figlia, e guarda, porgi l’orecchio, e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, perché al re piacque la tua bellezza; poiché Egli è il Signore Dio tuo. A Lui si prostreranno dinanzi le figlie di Tiro con doni, tutti i ricchi del popolo supplicheranno il tuo volto. Tutta la gloria della figlia del re è all’interno; la avvolge un vestito dalle frange d’oro dai vari colori. Le vergini, al suo seguito, saranno condotte al re; a te saranno condotte le sue compagne; saranno condotte in gioia ed esultanza, saranno condotte nel tempio del re. Al posto dei tuoi padri ti sono nati i figli, li farai capi di tutta la terra. Si ricorderanno del tuo nome, di generazione in generazione. Perciò i popoli ti renderanno lode in eterno, nei secoli dei secoli.