L’anima oscura del neospiritualismo. A colloquio con un ex “maestro” convertito al cattolicesimo – di Cristiano Lugli

Alla base del sincretismo oggi tanto in voga c’è una corrente di pensiero creata ad hoc dalle forze anti-tradizionali. Sappiamo che, per la Simia Dei, la strategia migliore non è quella di eliminare la religione, ma di scimmiottarla capovolgendola. Se oggi assistiamo ad un rovesciamento e ad una vera e propria inversione della Chiesa, questo è dovuto all’infiltrarsi di queste forze oscure, esistenti dalla notte dei tempi. 

Il materialismo, svuotando l’uomo della spiritualità che gli era propria e sovvertendo la sua vocazione creaturale tesa verso Dio, ha lasciato il posto a un neo-spiritualismo privo di riferimenti. Da qui viene il dramma dell’uomo contemporaneo: l’improcrastinabile esigenza di trovare risposte alla propria esistenza non trova soddisfazione in un Occidente che non ha più nulla da dire in proposito. L’appiattimento della religione ha lasciato il posto alla predominanza della non-religione instauratasi con il movimento new age, una vera e propria antitesi della spiritualità vera che si fonda sul mescolamento delle religioni, in particolare quelle orientali.

Abbiamo voluto parlare di questo problema con Fabio Ricchetti che, prima della sua conversione al cattolicesimo, ha fatto parte di una corrente orientalista in qualità di “maestro”.

Dottor Ricchetti, quali sono gli ambienti che ha frequentato prima della sua conversione al cattolicesimo?

Il primo ambiente che ovviamente ha influenzato i miei orientamenti è stato quello della mia famiglia di origine, che si può definire decisamente atea, tipica della rossa Emilia. Nonostante questo, ho frequentato la parrocchia e ricevuto i Sacramenti fino alla Cresima, allontanandomi dalla Chiesa subito dopo, come accade a tanti oggi. Il primo contatto diretto con le discipline orientali è avvenuto all’età di quindici anni quando, nel tentativo di rispondere alle pressanti domande esistenziali, mi sono rifugiato nello studio del buddhismo e delle discipline orientali in genere (indiana e cinese). Contemporaneamente le mie letture spaziavano dalla psicologia alla filosofia, con grande predilezione per Platone, e allo studio delle religioni comparate. Questi studi mi hanno poi sempre accompagnato.

Il primo vero contatto con gli ambienti orientali è giunto all’età di 18 anni con la pratica delle arti marziali cinesi. A ventun’anni ho poi iniziato la pratica del Raja Yoga e lo studio di un certo “esoterismo”. L’ambiente nel quale si compivano queste pratiche si può forse definire di stampo tradizional-teosofico. Vi erano fondamentalmente due grandi correnti di ispirazione: prima di tutto gli insegnamenti di Alice A. Bailey, fondatrice della Lucis Trust e della Scuola Arcana; in secondo luogo la tradizione più ortodossa del Raja Yoga e dell’Advaita Vedanta. Vi erano poi anche altre aree di influenza e riferimento come il buddhismo e l’ermetismo. Si trattava comunque di un ambiente piuttosto a sè e non esattamente inquadrabile, che in ogni caso vantava un collegamento con la tradizione iniziatica e i maestri di saggezza che, da sempre, secondo quanto si insegnava, reggono le sorti del mondo. Nel corso dei miei quindici anni di frequentazione, sono poi entrato in contatto con la gran parte del vasto panorama di pratiche in un qualche modo ispirate alle discipline orientali e che oggi spopolano e sono di gran moda.

Dopo poco tempo è diventato “maestro” di alcune di queste “discipline”. Com’è avvenuta, diciamo così, l’escalation?

Le virgolette sono d’obbligo e io stesso, consapevole dei miei limiti, non mi sono mai considerato tale. Ad ogni modo, il mio percorso verso l’insegnamento è iniziato molto semplicemente, in seguito all’incoraggiamento del maestro dell’aśram, con l’organizzazione di corsi introduttivi per principianti. Questo circa dopo 3 anni di pratica. Era il 1998.

Nel 2006, insieme ad altri compagni di cammino e dopo un periodo di circa un anno di formazione mirata, abbiamo portato in diverse sedi d’Italia, la scuola triennale per terapeuti esoterici che io stesso avevo frequentato nella prima edizione del 1998 e che fino a quel momento aveva costituito il cuore dell’insegnamento all’interno del gruppo. Ho poi tenuto in quegli anni, per alcune edizioni, seminari di meditazione per psicologi, per l’utilizzo della meditazione in sede terapeutica. Tenevo poi anche incontri individuali per insegnare ai singoli come lavorare sui propri nodi irrisolti. Questo è durato fino al mio improvviso cambio di rotta.

Quelle di cui parla possiamo davvero chiamarle discipline?

Se parliamo delle discipline nella loro purezza direi di sì. Se invece parliamo di come vengono praticate in occidente, decisamente no.

Cosa spinge una persona ad entrare in questi ambienti?

Dal punto di vista della domanda, ritengo vi siano diverse livelli di motivazione che spingono le persone a rivolgersi alle discipline orientali. Si va dalla più superficiale ricerca di benessere e di gestione dello stress, fino a motivazioni più profonde di ricerca spirituale. Tutte sono comunque accumunate dalla ricerca di risposte dovuto ad un certo disagio esistenziale.

Dal punto di vista dell’offerta invece, ritengo che molto successo di queste discipline sia dovuto all’enorme pubblicità e all’immagine esotica ed attraente creata intenzionalmente e magistralmente dai promotori della rivoluzione del 68. Il che fa sì che oggi sia assolutamente trendy andare alla lezione di yoga, partecipare a meditazioni di gruppo e via dicendo.

Di pari passo e in senso inverso alla creazione di questo mito dell’Oriente, si è poi incentivata la distorsione e la destrutturazione, già peraltro in corso da secoli, del vero insegnamento della Chiesa Cattolica Romana, venendo così meno quello che era il nostro riferimento spirituale.

Quindi vuol dire che l’uomo, anche quello moderno, rimane attratto da un bisogno di spiritualità, ma il problema è che l’Occidente, e in particolare ciò che era la civiltà cristiana, non ha più niente da offrire. È così?

Credo che l’uomo mantenga per sua intima costituzione il richiamo alle proprie origini spirituali anche se non tutti lo percepiscono in eguale misura. Ma indipendentemente da questa diversa profondità nell’aspirazione umana, che è naturale, non credo che la civiltà cattolica non abbia più nulla da offrire, credo invece che questa aspirazione sia stata semplicemente re-indirizzata su altri obiettivi e che l’insegnamento cattolico, quello autentico, sia stato deliberatamente sostituito con un surrogato di spiritualità.

Nella mia progressiva ricerca mi sono stupito nel comprendere con quanta arte sia stata scritta, da Lutero in poi, una storia letteralmente diversa dalla realtà e con quanta malizia siano state inventate le cosiddette leggende nere, le quali fanno sì che oggi, agli occhi delle moltitudini, il cattolicesimo sia colpevole di nefandezze e crimini contro l’uomo.

Questo, oltre a minare alle radici le basi spirituali della nostra civiltà, ha privato le anime dell’insegnamento eterno dell’Ecclesia Mater et Magistra, insegnamento di quella Verità che non è soggetta ai mutamenti del tempo e delle mode. Una perdita di una gravità incalcolabile. Chi sia colui che ha tirato le fila di questo processo è testimoniato dai suoi frutti i quali non sono che materialismo nichilista, caos dilagante, schiavitù e capovolgimento dell’antropologia umana che sfocia oggi, nel suo ultimo stadio, nel trans-umano. Questi sono i raggiungimenti del “Progresso” che ci hanno imposto.

Quali sono i gravi pericoli presenti negli ambienti new age che lei ha frequentato, anche da un punto di vista di influenze demoniache?

Certamente non tutte le pratiche sono della stessa pericolosità, pur essendo tutte essenzialmente anticattoliche; ciò va ricordato (e questo già basterebbe a non praticarne alcuna). Come specificò Maharishi Mahesh Yogi, il celebre fondatore della Meditazione Trascendentale, che ha spopolato in Occidente a partire dagli anni ‘60, anche la pratica delle apparentemente banali posizioni di Hatha Yoga, non manca di produrre effetti profondi. È poi mia convinzione che, pur avendo queste discipline un’origine spirituale, sintomo del fatto che l’uomo da sempre ha cercato Dio, la maggior parte di queste oggi siano utilizzate dai vari guru, in modo più o meno consapevole, come strumento per incatenare le anime. Quindi il pericolo dell’essere esposto a influenze non esattamente luminose è grande anche se parliamo di pratiche apparentemente innocue.

Potremmo definirla “spiritualità a rovescio” allora?

Sì, nella maggioranza dei casi credo sia così.

Può spiegarci che cos’è e come si manifesta lo “spirito” new age?

Con la consapevolezza di oggi credo che lo spirito new age non sia che una manifestazione dello spirito rivoluzionario che da Lutero, passando per la Rivoluzione dei “Lumi” (mi si consentano le virgolette), per quella Bolscevica, fino ad arrivare al ’68, ha di fatto cancellato la struttura e la forma mentis della società tradizionale fondata sul realismo tomista. Questo è, come dicevo, uno spirito che si manifesta come liberatore ma che, di fatto, non fa che ottenebrare le anime dando loro l’impressione di libertà e spiritualità.

Sicuramente il teosofismo ha avuto un ruolo importante nella salita in cattedra della “maschera e del volto dello spiritualismo contemporaneo”, come lo chiamava Julius Evola. Ha toccato con mano questa cosa durante il suo periodo di adesione a questi gruppi?

Si, ho toccato questa cosa con mano, dal momento che il gruppo da cui provengo era decisamente influenzato dall’insegnamento teosofico. Oggi posso confermarle che davvero quegli insegnamenti hanno contribuito in modo determinante a formare il moderno “spirito new age”. Tra l’altro ho scoperto solo recentemente quanto un blocco di insegnamenti che credevo coerente e che vanta gli stessi ispiratori – mi riferisco agli insegnamenti di HP Blavatsky e quello successivo da Alice Bailey – sia invece decisamente antitetico in numerosi punti fondamentali e sia stato fonte di discordie e accuse reciproche di ciarlataneria tra le diverse correnti di pensiero. È una vera e propria “pseudo-religione”, come la chiamava Guénon.

Quanto poi queste idee influenzino tutt’ora la nostra società e quanto siano sostenute dalle lobbie di potere, appare chiaro, per esempio, dal fatto che la “Grande Invocazione” della stessa Bailey, una formula “mistica” divenuta il mantra della new age, è stata tradotta in 50 lingue ed ha ricevuto l’attenzione dei massimi esponenti delle Nazioni Unite, venendo recitata in diverse conferenze ufficiali, non ultima, durante le cerimonie di apertura del Summit di Rio del 1992. Di stessa ispirazione la creazione della meditation room presso il palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York, una stanza piramidale con il più grosso frammento di magnetite mai estratto e contenente diversi altri elementi occulti. 

I più sono propensi a credere che l’orientalismo sbarcato in Occidente corrisponda all’Oriente e alla spiritualità orientale. Questo corrisponde al vero secondo lei?

No, credo che quanto giunge a noi sia fondamentalmente una contraffazione. Innanzitutto perché lo spirito new age consiste in un fai da te dello spirito (il quale, per inciso, di spirito ha ben poco) che prende gli aspetti più gradevoli delle diverse religioni e tralascia quelli più scomodi. Per esempio, sia il brahamnesimo che il buddhismo si pongono come fine la realizzazione spirituale e comprendono una disciplina che, nel caso dello Yoga, inizia con Yama e Niyama, comandamenti e regole, che corrispondono indicativamente ai nostri 10 comandamenti e costituiscono la base morale indispensabile e imprescindibile per iniziare il cammino di “realizzazione spirituale”. Che poi questo sia possibile senza l’intervento di Gesù Cristo e la Sua Grazia, oggi non lo ritengo possibile. Credo però che queste discipline, siano nate da sinceri cercatori che sono arrivati fino al punto loro possibile nella ricerca di Dio.

Per inciso, e per dare un’idea di come in Occidente vengano presi certi aspetti e ne vengano tralasciati altri, menzionerei il fatto che, tra i comandamenti sopra citati, sia incluso anche quello della continenza sessuale (brahmacharya) il quale non è certamente amato (e men che meno praticato) in questi ambienti decisamente di stampo liberal.

Va inoltre sottolineato che utilizzare certe pratiche tipicamente moderne per il rilassamento e per la riduzione dello stress risulta, nel migliore dei casi, inutile ed illusorio e nei peggiori può portare a disturbi psichici o a una vera e propria possessione. Mi riferisco in particolare alle pratiche tantriche, a quelle che utilizzano certi tipi di respirazione senza nessuna direzione, o a quelle che pensano che il fine della meditazione sia creare il vuoto mentale. Non è possibile ora scendere in dettagli ulteriori, ma, in modo diverso, attraverso queste pratiche lasciate al caso si apre la propria coscienza agli influssi più infausti, dei quali non si può aver alcun controllo e dei quali si diventa, di fatto, schiavi.

Pur sollevando tutte le critiche teologiche del caso, crede dunque che vi sia una differenza fra la vita, ad esempio, di un monaco tibetano, e quella di un “maestro” orientalista in Occidente, quanto meno nella coerenza e nella prassi?

Sì. Come dicevo, le discipline orientali implicano pratiche ascetiche che comportano, nei casi più estremi, la rinuncia totale a sé ed al mondo fino a condurre una vita completamente eremitica. Al contrario, in Occidente, nella quasi totalità dei casi, si prendono semplicemente gli aspetti più comodi tralasciando completamente quelli scomodi, come l’esempio che citavo prima della continenza. Si rimane con le proprie comodità, e soprattutto con i propri vizi, dando però, a se stessi e agli altri, un immagine spirituale.

Ci terrei però a precisare una cosa importante: ritengo che questa distorsione occidentale sia in un qualche modo favorita dall’immanentismo latente delle discipline orientali, le quali si prestano bene a tramutarsi in ateismo e nell’odierno culto della natura. In particolare il buddhismo, il quale viene presentata come non-religione e si caratterizza con l’attributo di anatma. In questo modo esso nega l’esistenza di un centro unificatore spirituale come l’anima ed esclude quindi qualsiasi rapporto personale con il divino e qualsiasi trascendenza. Ciò esclude anche il concetto di peccato. Se si porta questo ragionamento all’estremo delle sue conclusioni si arriva fino a giustificare il male e renderlo addirittura una via salvifica.

Altra cosa che ritengo importante, che discende da queste ultime considerazioni e che risponde anche alla domanda precedente su cosa abbia ancora da offrire la civiltà cattolica, riguarda le opposte rappresentazioni di Buddha e di Gesù Cristo. Come fece notare padre Joseph Marie Verlinde, un famoso convertito, Buddha è ricurvo su sé stesso, impegnato nella propria “illuminazione” personale (come se questo fosse possibile); Cristo è crocifisso sul monte con le braccia spalancate verso l’umanità. Tutta la differenza sta in una parola: Sacrificio. Una parola che nel mondo “rivoluzionato” di oggi non è molto gradita ma che non può non costituire la roccia sulla quale si costruisce una società sana. Questa roccia è Cristo e la via è quella da lui mostrata: la Croce.

Vuole dirci com’è avvenuto il suo ritorno all’ovile della Chiesa Cattolica secondo la tradizione ed il Magistero di sempre?

Certo. Semplicemente, a un certo punto, mi sono trovato ad avere dubbi sulla differenza tra ciò che veniva predicato e la sua traduzione pratica. Pur praticando in una delle rare scuole che prevedeva un lavoro interiore, esso diventava però “soggettivo”, nella misura in cui si diceva che, “se non puoi trasmutare un desiderio, lo devi vivere”. Ciò diventava ovviamente la scusa per giustificare le proprie tendenze non esattamente virtuose. Infatti ho decisamente sperimentato che l’alimentare un desiderio è lungi dal “consumarlo”, ma non fa che amplificarlo generando nuovi desideri, in una catena che non ha fine. Questo, invece di liberarti, ti rende schiavo. 

Quindi, dopo una travagliata crisi interiore ho deciso di cambiare rotta dopo 15 anni di frequentazione. Avendo in precedenza lasciato anche il mio lavoro per dedicarmi alla missione dell’insegnamento, mi sono trovato ad un tratto senza lavoro, e senza amici, dal momento che le mie uniche frequentazioni erano all’interno del gruppo. Avrei certamente potuto pensare di “mettermi in proprio” o cercare un’altra scuola, ma l’osservare come certi principi venivano messi in pratica mi ha fatto dubitare, non solo di quell’ambiente specifico, ma della sanità dei fondamenti di ciò che avevo fatto fino a quel momento, la qual cosa mi impediva di andare ad insegnare alcunché ad alcuno.

Ho fatto quindi decisamente un punto zero con tutta la mia vita. A questo punto, una volta chiusa questa porta, è intervenuta la Provvidenza di Dio. Ho conosciuto “casualmente” quella che oggi è mia moglie. Lei era cattolica ma, come tanti oggi, non conosceva la propria fede se non superficialmente. Abbiamo avuto intensi scambi e discussioni in merito. Lei non era convinta dalle mie tesi. Io invece la “accusavo” di superficialità dal momento che non praticava la preghiera e la meditazione. Attraverso questo processo di “sfida” reciproca ci siamo interrogati e ci siamo incamminati alla scoperta delle radici della fede cattolica. Abbiamo scoperto quel patrimonio di conoscenze e spiritualità che purtroppo oggi non viene più insegnato, ma anzi osteggiato apertamente. San Tommaso d’Aquino, San Giovanni della Croce, San Francesco di Sales, Santa Teresa d’Avila, solo per citarne alcuni. Per me è stato un lento processo di sradicamento di tutto quello che di erroneo avevo seminato in passato. Particolarmente difficile è stato superare certi aspetti, come ad esempio quello di reincarnazione e di perfezionamento progressivo dell’anima, indubbiamente molto seducente e che la mia mente trovava molto logico.

Va detto che questo processo verso le radici ha portato me e mia moglie verso una Chiesa che oggi sembra non esserci più. Intendo quella della Santa Messa Tridentina che porta con sè una teologia diametralmente opposta da quella oggi in auge, secondo il detto: lex orandi, lex credendi. In relazione a questo, posso affermare con certezza che con la Chiesa di oggi non mi sarei certamente convertito. E forse non mi sarebbe stato nemmeno richiesto.

4 commenti su “L’anima oscura del neospiritualismo. A colloquio con un ex “maestro” convertito al cattolicesimo – di Cristiano Lugli”

      1. Probabile Grog, io non credo di poter sopportare, oltre alle terribili prediche anti Salvini, anche la propaganda vegetale. Urlata da finti preti panciuti che alla faccia nostra si sfondano di vino e cibo.
        Staremo zitti anche stavolta?

  1. Bellissima intervista. Andrebbe fatta leggere a tutti, soprattutto ai cosiddetti cattolici adulti.
    Anabasi e catabasi di un uomo che tocca il fondo dello spiritualismo ateo tanto in voga oggi e poi approda ad una Fede matura illuminata principalmente da San Tommaso d’Aquino (lo cita due volte) tanto odiato e disprezzato da molti preti moderni e da altri giganti della Fede come i mistici carmelitani e il maestro del vero laico cattolico San Francesco di Sales.
    Grazie per questa lettura edificante.

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