L’ANGOLO DI GILBERT K. CHESTERTON – La schiavitù del mondo – Rubrica quindicinale di Fabio Trevisan

 

LA SCHIAVITÙ DEL MONDO

“Il libero amore è il nemico diretto della libertà, è la più ovvia di tutte le esche che la schiavitù può offrire”.

 

Nel libro Fancies versus Fads del 1923, G.K. Chesterton si occupò di quello che denominava “il sentimentalismo del divorzio”, proseguendo nella condanna di quello che nel 1920 aveva titolato nel saggio: “La superstizione del divorzio”. Lo scrittore inglese aveva intuito quanto sarebbe stato sconvolgente il venir meno del voto, ossia di quel legame naturale e morale che corroborava il tessuto sociale della nazione.

Aveva mostrato, sulla scorta dello “stato servile” di Hilaire Belloc (1870-1953), quanto la viltà e la licenza avrebbero occultato la natura dell’autentica libertà: “Nelle società servili può aversi nella pratica, e perfino nella teoria, una gran quantità di lassismo sessuale…di tutte le esche che l’antica schiavitù pagana può offrire, lussi e lassismo sono le più forti e non nego che i poteri che desiderano degradare la dignità umana hanno scelto bene i loro strumenti”.

Chesterton aveva compreso quanto il servilismo dello Stato moderno avesse prodotto diabolicamente (dall’etimo: “colui che divide”)la solitudine ontologica prima ancora che etica: “La società ha isolato i suoi membri per governarli meglio e li ha divisi allo scopo di indebolirli”. Ecco cosa rivelava esserci sotto il divorzio, fosse esso sentimentalismo o superstizione: “I signori della plutocrazia moderna sanno il fatto loro. Un istinto assai profondo ed esatto gli ha permesso di individuare nella famiglia l’ostacolo principale al loro progresso disumano. Senza la famiglia siamo impotenti di fronte allo Stato, che nella nostra situazione moderna coincide con lo Stato Servile”.

A coloro che sostenevano la “qualità della vita” fondata sul lusso irresponsabile e sul lassismo anarchico, magari scambiandoli malignamente per “libertà”, Chesterton opponeva l’esatta concezione di “sacralità della vita domestica”, non solo ponendo a modello la Sacra Famiglia ma recuperando l’antico concetto di “tempo sacro”, holiday in inglese: “Il giorno reso vacanza è un giorno reso sacro”. In una società servile impazzita come quella moderna, Chesterton richiamava un secolo fa al compito essenziale, come scrisse nell’Illustrated London News il 3 maggio 1919: “Non torneremo mai a una società sana di mente finché non inizieremo dall’inizio. Dobbiamo cominciare da dove comincia tutta la storia, con un uomo, una donna e un bambino e con la provincia della libertà e della proprietà di cui hanno bisogno per la loro piena umanità”.

Parole chiare e incisive che, a distanza di un secolo, appaiono ancora tremendamente attuali. Parole davvero libere poiché collegate a quella verità a cui Chesterton aveva scelto di voler vivere dopo essersi convertito alla Chiesa Cattolica, il “luogo dove tutte le verità si danno appuntamento” come aveva scritto in Perché sono cattolico. Quale era la caratteristica distruttiva del servilismo, ora come allora? Penso che possa essere sintetizzata in una frase di Chesterton: “La gente è inondata, accecata, resa sorda e mentalmente paralizzata da un’alluvione di volgare e insipida esteriorità, che non lascia tempo per lo svago, il pensiero e la creazione dall’interno di sé”. Inutile sottolineare quanto siamo inondati dalla trivialità e dalla banale esteriorità, che ci rendono incapaci di pensare e di dedicare tempo all’edificazione morale, spirituale e culturale. Il moderno schiavo pagano idolatra ciò che lo rende servile, il sentimentalismo del divorzio, il lassismo anarchico, il diabolico disegno di chi ci rende sottomessi al principe del mondo e che ha ridotto a pezzi la verità: “Un uomo che crede in una religione non crede in frammenti di quella religione. Se qualcosa è vivo e organico, non può essere diviso senza che arrivi la morte…qualunque cosa che abbia in sé una scintilla di vita e una circolazione di forze non può essere tagliata in pezzi”.

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