I DISTRUTTORI DEL VOTO
“Cominciò col divorzio di un re; sta finendo ora in divorzi per un intero regno”
Nel saggio: “La superstizione del divorzio”, Chesterton analizzò quel processo di secolarizzazione che aveva portato l’Inghilterra a separarsi dalla fede cattolica: “La civiltà dei voti fu dissolta quando Enrico VIII infranse la propria promessa matrimoniale”.
Il fatto di votarsi, di legarsi reciprocamente, nel matrimonio o nella vita religiosa, era per il grande scrittore londinese elemento essenziale della civiltà e dell’intera umanità: “C’è una verità immutabile nel fatto che due persone libere si leghino deliberatamente a un tronco d’albero incidendovi i loro nomi intrecciati ed è l’idea di legare se stessi a qualcosa che attraversa tutta questa antica allegoria amorosa come uno schema di vincoli o catene”. Era imprescindibile l’esigenza del vincolo, del giuramento (alcuni critici hanno valutato in tal senso il sano medievalismo chestertoniano) dalla costituzione di una società cristiana.
Paradossalmente egli auspicava e argomentava in favore dei sani e naturali vincoli sociali e familiari come espressioni vitali di libertà. L’uomo che non si vincolava non poteva, per Chesterton, rimanere fedele a se stesso, a Dio, alla Patria, alla Famiglia (esattamente all’opposto del pessimo “pensiero” espresso recentemente, volgarmente e vilmente, da Monica Cirinnà). Con una frase molto bella e profonda: “L’uomo è uno schiavo padrone di se stesso ed è un re antenato di se stesso” egli ricordava l’ancestrale e perenne eredità delle creature dinanzi al Creatore, poste nella missione regale di redenzione.
Chesterton fece una battaglia accesa e vigorosa contro i distruttori del voto fin dalle sue prime opere perché intendeva salvaguardare la vera libertà per il bene, per la famiglia, per il matrimonio monogamico, come ad esempio scriveva in “Fancies versus Fads”: “Quando la società sarà infestata dalla farfalla che volteggia di fiore in fiore, la poesia sarà ancora lì a descrivere il desiderio che la falena prova per la stella; e sarà una stella fissa”. Era consapevole che con la Rivoluzione protestante di Enrico VIII la concezione erronea divorzista sarebbe dilagata, dentro e fuori dal matrimonio: “La civiltà dei voti fu dissolta da un nuovo cinismo delle potenze dominanti d’Europa. I monasteri, che erano stati costruiti attraverso voti, furono distrutti. Le corporazioni, che erano state reggimenti di volontari, furono disperse. La natura sacramentale del matrimonio fu negata. Il progresso di questa specie di emancipazione avanzò di pari passo con il progresso di quell’ascendente aristocratico che ha fatto la storia dell’Inghilterra moderna, con tutta la sua simpatia per la libertà personale e tutta la sua totale mancanza di simpatia per la vita popolare”.
Che cosa sopravviveva a questa furia distruttiva dei voti? Quale “libertà” poteva essere tollerata? Ecco come rispondeva Chesterton:“C’è una sola forma di libertà che viene tollerata ed è quel tipo di libertà sessuale che è nascosto dietro la finzione legale del divorzio. Se ci chiediamo perché questa “libertà” sia l’unica sopravvissuta, mentre così tante libertà sono andate perdute…è perché stanno cercando di infrangere il voto del cavaliere come già infransero il voto del monaco. Il matrimonio crea un piccolo stato all’interno dello Stato, che resiste a tutta questa irreggimentazione”.
Circa cento anni fa ancora scriveva con lungimiranza contro gli eversori, i dissacratori, i distruttori del voto: “Essi desiderano che la democrazia sia sessualmente fluida”. Ai nostri tempi infatti si trova sbandierata la cosiddetta “fluidità di genere”. Il 2 luglio 1910 Chesterton scriveva nell’Illustrated London Newsun pezzo sin dal titolo molto eloquente: “The bonds of love”in cui chiariva e puntualizzava l’importanza del legame e la libertà di vincolarsi in modo sano e naturale: “Il fatto sorprendente ma solidissimo è che i giovani sono particolarmente impetuosi nel produrre catene e legami definitivi proprio nel momento in cui ritengono che non siano necessari”.
Tutto aveva a che fare con la legge naturale e con la legge eterna e divina e tutto ciò era quello che i distruttori del voto volevano spazzare via.
1 commento su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – I distruttori del voto – Rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Anche l’assalto agli ordini religiosi più rigorosi, là dove le vocazioni sono molto numerose e la così poco velata irrisione delle scelte di vita claustrale, quasi che la contemplazione e la preghiera fossero manifestazione di un’indole poco propensa ai rapporti umani, non costituiscono forse una forma di dissacrazione del voto, al pari del divorzio? Da mille sfumature e da pesanti fatti concreti avvenuti in questi tristissimi ultimi anni proprio per merito di chi il voto dovrebbe strenuamente difenderlo,si può senza dubbio affermare con Chesterton: “Cominciò col divorzio di un re; sta finendo ora in divorzi per un intero regno”. Nel caso, divorzi dal Regno di Dio.