1°marzo 2018
I PROBLEMI DEL DIVORZIO
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di Fabio Trevisan
“ Tutti gli uomini sono uomini comuni; gli uomini straordinari sono quelli che si rendono conto di ciò”
Ciò che faceva davvero arrabbiare Chesterton erano le posizioni che ribaltavano il concetto tradizionale di “donna” e di “uomo comune”. Non solo egli si spese a favore dell’uomo comune, inteso nel significato profondo di “senso comune”, ossia in quella certezza originaria e sacra che appartiene ontologicamente ad ogni persona ma anche nel mantenere unito ciò che il mondo desiderava separare, dividere in sé.
Ecco perché si scagliò contro un libricino dell’epoca: “Modern Woman: Her Intentions” (“Donna Moderna: Le sue intenzioni”) scritto da Florence Beatrice Emery (1860-1917), che fu giornalista, cantante e scrittrice, oltre che attivista per i diritti delle donne. Trovava questa difesa della “donna moderna” disumana e scritta in uno stile banalmente ridicolo e inconsistente. Considerava questo progressismo moderno al pari di un rivoluzionario Robespierre: “Mostra la combinazione più snervante: l’unione del fanatismo oratorio con la freddezza d’animo”.
Questo moralismo senza umanità era lo stesso, accusava il grande scrittore londinese, che non tollerava che il sesso e la maternità fossero trattati scherzosamente. Al contrario Chesterton esprimeva il suo dissenso da questo moralismo progressista e contorto con frasi che non lasciavano adito ad alcuna ambiguità: “La persona che non riesce a ridere del sesso dovrebbe essere presa a calci”.
Chesterton sapeva a cosa avrebbe condotto questo distorto moralismo e lo annotava sin dal titolo dell’articolo: “I problemi del divorzio”. Sapeva pure quale fosse l’essenza del progressismo, che rinveniva terribilmente nell’aspirazione della donna moderna: “Ritengo che la caratteristica più bizzarra delle persone progressiste sia il fatto che, pur parlando sempre di tutto come fosse un problema, non hanno la minima idea di che cosa sia un problema reale”.
Il problema reale della condizione della donna e che molti già allora prendevano in considerazione invocando il divorzio non era quello che la vedeva come una “schiava domestica”, magari imprigionata con la forza bruta, gettata a terra e sottomessa. C’era da dire qualcosa di specifico e di essenziale riguardo alla donna e all’uomo, che egli mostrò in tanti suoi saggi, basti pensare al vero senso di una delle sue frasi più paradossali: “Se una cosa vale la pena farla, vale la pena di farla male”. Soltanto la donna, regina della vita domestica e madre poteva, fra le tante cose e faccende familiari, permettersi di non fare tutte le numerose attività perfettamente.
Chesterton volle rispondere agli interrogativi che quel libro sulla donna moderna poneva, primo fra tutti: “Il matrimonio indissolubile è un bene per l’umanità?”. Egli intravedeva, nello scardinare questo principio, l’introduzione dell’eccezione, dei casi limite: “Non sostengo che non dovrebbero esserci eccezioni, ma l’autrice non si è resa conto del problema spiacevole che si presenta se si ammettono”. Nella difesa dell’uomo comune Chesterton coglieva la possibilità di neutralizzare i cosiddetti spiriti liberi e orgogliosi, che pretendevano un trattamento riservato: “Coloro che sono convinti di essere superiori sono proprio quelli che sono inferiori; gli uomini che si considerano davvero straordinari sono i più banali cialtroni sulla faccia della terra”.
Se alla sua epoca si inneggiava alle posizioni superomistiche di Nietzsche, nella nostra epoca abbiamo potuto riscontrare l’insolenza e la superbia rivoluzionaria di un Pannella o di una Bonino: ad ogni epoca il triste suo tributo! I problemi ora, come allora, rimanevano i medesimi ed è per questo che le risposte di Chesterton sono ancora tremendamente attuali: “Se si sostiene che il matrimonio è per la gente comune, mentre il divorzio è per gli spiriti liberi e nobili, tutte le persone deboli ed egoiste si precipiteranno a chiedere il divorzio…il punto debole dell’asserzione secondo la quale il vincolo del matrimonio va bene per il gregge ma può essere profondamente infranto da speciali “sperimentatori” e pionieri, consiste nel fatto che non considera il male dell’orgoglio”.
Nella severità ed austerità del moralista, Chesterton lasciava scorgere il ghigno beffardo del maligno, colui che non sopportava l’uomo, soprattutto quello comune. Contro la pretesa eccezionalità di queste persone rivoluzionarie e del loro vaneggiamento arrogante egli ammoniva: “Se si cercano persone eccezionali si troveranno tutti i malumori, le fantasie malate e le ambizioni futili della terra”.
3 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton ––– Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Un’ottima presentazione del pensiero di GKC relativo non solo al divorzio ma all’uomo in quanto tale. Citando a memoria da Ortodossia “Ciò che è comune a tutti gli uomini è più importante di ciò che riguarda solo alcuni.” Il matrimonio indissolubile riguarda tutti, la rivoluzione sessuale ed il femminismo interessano solo alcuni. L’orgoglio di volersi mostrare parte delle minoranze rivoluzionarie e la propaganda fanno il resto per aumentare il consenso.
D’accordissimo con Rodbertus. Ha sintetizzato benissimo il pensiero di Chesterton anche con la corretta citazione da Ortodossia.
Consiglio, se non l’ha già fatto, di leggere la raccolta di saggi: “L’uomo comune”. Fabio
Come in ogni impegno umano se non c’è Dio, c’è solo rovina. La società l’ha dimostrato con dovizia di esempi. Quando la Chiesa sottolineava che con il sacramento del matrimonio gli sposi ricevono la grazia di vivere santamente e di educare cristianamente i figli, non fu ritenuto sufficiente perchè tralasciava tutto l’aum aum più appetibile. Vediamo oggi che l’aver messo in primo piano l’aum aum ha aperto la porta ad una gamma infinita di ‘mi sento, non mi sento’ per i quali non c’è più ‘mi sento’ che tenga; il matrimonio è diventato così solubile in ogni scapricciata stagionale. E’ diventato bordello domestico aperto agli scambi, all’aum aum collettivo, all’incesto; cioè, aperta la crepa, l’inondazione è seguita. Ancor prima del divorzio c’è, a mio parere, l’ingresso del proprio piacere che deve essere perseguito da entrambi, un diritto acquisito a vita. Tutta la parte spirituale, religiosa, culturale,il comune impegno educativo vengono messi all’angolo. Dio, Uno e Trino, viene messo all’angolo, alla porta. Il risultato è la rovina. Ieri, oggi, domani. Sempre.