16 dicembre 2017
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IN DIFESA DEI VOTI IMPRUDENTI
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di Fabio Trevisan
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“L’anima della Decadenza è questa orribile favola dell’uomo che si trasforma senza sosta in altri uomini”
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Nel primo saggio che Chesterton dette alle stampe, “The defendant” del 1901, tradotto in italiano con il titolo “L’imputato. Il bello del brutto” o anche con “L’imputato. In difesa di ciò che c’è di bello nel brutto del mondo”, lo scrittore inglese perorò la causa di ciò che sembrava indifendibile, come ad esempio lo slancio dei voti precipitosi. Egli volle riconsiderare e rendere omaggio a quella qualità coraggiosa dell’uomo di essere se stesso fino in fondo, tenendo fede all’impegno assunto, sia che questo fosse il matrimonio con la persona amata sia che questo fosse un debito morale con altri uomini o con la propria patria: “L’uomo che fa un voto prende un impegno con se stesso in un tempo o luogo remoto. Il pericolo della cosa è che lui stesso non rispetti l’appuntamento”.
L’essenza della modernità, come paventava Chesterton, consisteva invece nella decadenza dell’uomo che non riusciva più ad essere se stesso, mutandosi vilmente in altro da sé, fuggendo dal proprio impegno e dalla propria responsabilità: “Questa è la condizione del decadente, dell’esteta, di colui che sostiene e pratica l’amore libero”. Risulta davvero incredibile che Chesterton scrivesse e ammonisse contro quello spirito rivoluzionario che sfociò inesorabilmente nella cosiddetta “liberazione sessuale” del ’68 e che lo facesse agli albori del XX secolo! Osava chiamare questa fraintesa libertà che tanto abbiamo pagato e che ancora stiamo pagando come una “tirannia decadente”. Egli non si limitò soltanto a recriminare contro il simbolo della decadenza dell’amore libero, ma volle incensare gli uomini fondamentalmente sani di mente che sapevano tener fede all’impegno dato, al vincolo assunto: “L’uomo che fa un voto, per quanto azzardato, esprime in maniera sana e naturale la grandezza di un grande momento…per quanto possa essere stato breve l’attimo della sua risoluzione, come tutti i grandi momenti è stato un attimo di immortalità, e l’unico sentimento che avrebbe soddisfatto lo spirito di quest’uomo era il desiderio di poter dire: exegi monumentum oere perennius”. Quest’ultima citazione in latino l’aveva ripresa dalle Odi di Orazio e significava “Ho eretto un monumento più durevole del bronzo”.
Contro questo sentimento forte e vincolante che qualificava l’uomo in quanto uomo, Chesterton intravedeva il disegno decadente e desolante che sfociava nella sola fragile emotività o nell’opportunità misera dell’esteta. Egli vedeva questa pericolosa tendenza che dissolveva i legami più forti e più sacri: “Ai nostri giorni la rivolta contro i voti è arrivata a comprendere quella contro il voto tipico del matrimonio ed è assai divertente ascoltare cosa hanno da dire gli oppositori del vincolo matrimoniale”. Chi reputava il giogo matrimoniale come un laccio imposto all’umanità non aveva compreso, affermava il saggista londinese, la natura di questo vincolo sacro, come non aveva capito l’essenza del vero amore: “L’amore vincola se stesso per sua natura e l’istituto del matrimonio ha solo fatto all’uomo comune la cortesia di prenderlo in parola”. Ecco perché, dinanzi alla religiosità del matrimonio affrontava quella che, in un altro libro, chiamò “la superstizione del divorzio”. Al contrario, la decadenza mondana offriva tutte le possibilità di rompere quell’impegno sacro, come giustamente rilevava Chesterton: “All’amante i saggi moderni offrono le più grandi libertà e la più completa irresponsabilità, sfoggiando un sorriso smagliante dal sapore cattivo”.
Ed ecco le grandi considerazioni finali ancor oggi straordinariamente attuali: “I saggi moderni non rispettano l’uomo come faceva la vecchia Chiesa; non scrivono il suo giuramento nei cieli, a testimonianza del suo momento più alto…è proprio questa porta secondaria, la sensazione di avere una via di fuga alle spalle, che costituisce lo spirito paralizzante del piacere moderno”.
3 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Stamattina dal parrucchiere una madre avanti con gli anni, ma agghindata come una ventenne (come siamo patetici e ridicoli quando non ci arrendiamo al tempo che passa…), si doleva del fallimento del matrimonio di sua figlia con queste. parole: “Mia figlia ha fatto tutto di fretta: s’è sposata, ha avuto un figlio e s’è lasciata. Ma dico io, non è più come una volta… c’è tanto bene la convivenza, almeno si sarebbero conosciuti meglio!”…
Povere tutte e due queste donne: l’una ancora impregnata dello spirito sessantottino, l’altra cresciuta male per essere figlia di cotanta madre.
E la sacralità di quel giuramento scritto nei cieli? Probabilmente mai contemplata nella loro casa.
Sì, quando si dice, che gli errori dei genitori ricadranno sui figli, si fanno spallucce. Medievali, oscurantisti. Se guardo attentamente il mio albero genealogico certe attitudini le ritrovo fin dove la storia almeno un po’ la conosco. Ci vogliono secoli per purificare una famiglia, ma basta una pecora pazza per lasciare conseguenze su generazioni avvenire.
Scusatemi, qualcuno di voi conosce il blog cattolico “Il tuo volto Signore io cerco”? è di un certi Tiziano (non ne conosco il cognome), ma non riesco a collegarmici. Potreste aiutarmi? grazie.