15 giugno 2017
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SUL TEMPO LIBERO
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di Fabio Trevisan
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“Gran parte del disordine moderno nasce dalla confusione e contraddizione che riguarda l’espressione “tempo libero”
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Nel 1927 Chesterton pubblicava sull’ Illustrated London News un articolo, ancor oggi molto attuale, sul significato del “tempo libero”. Sin dal titolo scelto: “Il tempo libero nella nostra cultura” il grande scrittore inglese intendeva riflettere non solo sulla confusione del concetto ma anzitutto sul fraintendimento della libertà: “Tanto per cominciare l’espressione “tempo libero” non andrebbe mai confusa con la parola “libertà”. Avvicinandosi l’estate e le tante agognate ferie, ho pensato che alcune considerazioni chestertoniane potessero valere anche per tutti coloro che reputassero pericolose alcune conclusioni osservate acutamente dal pensatore londinese: “Uno schiavo può avere molte ore di tempo libero se il suo guardiano è andato a dormire…Se un uomo è praticamente costretto, per una certa pressione sociale, a correre nel parco la mattina, giocare a golf nel pomeriggio, andare a una cena di gala la sera, per poi finire la giornata in un club notturno, noi descriveremo tutte queste ore come tempo libero. Ma non sono affatto ore di svago, nel senso che, per esempio, possiamo immaginare che questa persona ami passare del tempo con se stesso, che voglia intraprendere un hobby solitario o persino asociale, che gli piaccia poltrire o, in un’ipotesi più remota, addirittura pensare”.
Quotidianamente capita anche a me di vedere oggigiorno i “forzati del tempo libero” correre per le strade, magari con un cane al guinzaglio e fare simili cose a quelle descritte da Chesterton ai suoi tempi. Sappiamo che egli temeva, prima ancora della questione etica, la questione intellettuale, ossia l’incapacità di pensare, di riflettere oggettivamente sul reale. La preoccupazione di Chesterton non era quantitativa ma qualitativa e poneva il dilemma se davvero si sapesse il significato di “tempo libero”: “E’ nella natura della statistica occuparsi della quantità e non della qualità e soprattutto nessuno si è occupato in modo adeguato degli effetti del sistema sociale sulla qualità del tempo libero”.
Nell’approssimarsi delle ferie, cogliendo lo spunto chestertoniano, dovremmo preoccuparci di valorizzare il nostro tempo libero anziché enumerare i giorni di vacanza. Credo che la provocazione di Chesterton sia tuttora stimolante, anche per verificare se siamo davvero liberi (per il bene), com’egli sottolineava: “Sto solo evidenziando che la struttura sociale determina la natura del tempo libero dell’uomo, tanto quanto la natura del suo lavoro”. Lungi dall’equivocarlo alla stregua di uno strutturalista o determinista, Chesterton voleva brillantemente argomentare sulla sostanziale libertà e sull’utilizzo ragionevole del tempo libero, rilevando il lato paradossale dell’intera faccenda: “Da quando la scuola ha permesso più giochi, ha forse diminuito il divertimento e di sicuro limitato la libertà”. Per una maggiore comprensione del paradosso egli invitava a considerare tre significati di “tempo libero” completamente differenti: “Il primo è la possibilità di fare qualcosa. Il secondo è la possibilità di fare qualsiasi cosa. Il terzo (forse il più raro e prezioso) è la possibilità di non fare alcunché”.
Chesterton chiamava quest’ultima “la nobile arte del dolce far niente” e si contrapponeva ai forzati dell’attivismo, agli ideologi del corpo da ostentare, alle persone socialmente e culturalmente coatte, incapaci di pensare con la propria testa. Egli additava loro quel “tempo libero” che consola maggiormente, quello più puro e sacro, in definitiva quello più prezioso. Invitava a chiedersi: “Che tipo di vacanze il sistema sociale permette di fare?”. Credo che intendesse che il ritrovare se stessi, anima e corpo, fosse recuperabile nella possibilità di gustare la grande opera del creativo “dolce far niente”, anche nella dimensione contemplativa dello “stare a guardare”.
2 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Questa esperienza contemplativa dello stare a guardare è un’esperienza che neanche la chiesa porta più a considerare come possibile. Ora tutto deve essere animato dall’esterno. Anche la Messa NO è una cangiante animazione. Ognuno la dice a modo suo. Anzi più è creativo, più si sente di aver adempiuto il suo dovere. Nei fatti la spina non la si stacca mai.Spesso le vacanze hanno l’unico vantaggio di cambiar fatica. L’equilibrio nella vita è merce rara. Ora poi, scientemente, siamo tenuti in movimento continuo proprio per precluderci la possibilità, non dico di pensare, ma di alleggerirci del carico di parole, immagini, suoni, dai quali siamo sommersi ad ogni ora del giorno, tutti i giorni. Siamo talmente disabituati a questa ricreazione del pensare che, soli con noi stessi, scappiamo in qualche piazza, stadio, luogo di ritrovo affollato per sentirci in armonia con noi stessi e con il prossimo. Per stare al calduccio. I recenti fatti ci dicono che questi affollamenti da mandrie umane, in un attimo possono diventare ciechi, travolgenti, mortali ancor più che per la mandria…
…animale tutelata dall’istinto.