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2 maggio 2016
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Il mondo di San Francesco d’Assisi = = = = = = = = =
di Fabio Trevisan
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“La dura realtà è che i popoli che venerano la salute non riescono a rimanere sani”.
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Nel secondo capitolo, “Il mondo in cui si è trovato San Francesco”, tratto dal saggio del 1923: “San Francesco d’Assisi”, Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) desiderava portare il lettore nell’atmosfera spirituale, sociale e culturale dell’epoca del Santo per dissipare ogni dubbio sulle ingiuste versioni mondanizzate. Nel capitolo precedente (“Il problema di San Francesco”) Chesterton aveva posto in rilievo gli ironici contrasti che suscitavano gli esegeti del Santo: “L’approccio ci dia almeno una pallida idea del perché questo poeta che rendeva grazie al sole suo Signore si nascondesse spesso in una buia caverna, e del perché il santo che era tanto gentile con Frate Lupo fosse tanto duro con Frate Asino (soprannome che dava a se stesso), o del perché il trovatore che diceva che l’amore gli metteva il fuoco in cuore si tenesse lontano dalle donne, o del perché il cantore che godeva della forza e della gaiezza del fuoco, scegliesse di rotolarsi nella neve…”. La collocazione storica di San Francesco, che era stato sia soldato sia santo, richiedeva secondo Chesterton una comprensione più vasta: “La gente non capisce perché si rifiuta di capire. Dovrei esprimere questo concetto dicendo che non è abbastanza cattolica per essere Cattolica”.
Questa riduzione dell’essere cattolico (con la c minuscola), come sottolineava Chesterton, rispetto a quello che dovrebbe essere, portava ad un’imprecisa diminuzione della gigantesca figura del Santo: “La gioia di San Francesco e dei suoi Giullari di Dio non è stata solo un risveglio…è stata la fine di una penitenza o, se preferite, di una purificazione”. In questo straordinario saggio, lo scrittore londinese aveva scorto nel Santo d’Assisi la purificazione da un mondo ancora troppo paganizzante: “San Francesco ha segnato il momento in cui si era definitivamente compiuta una certa espiazione spirituale …attraverso un periodo ascetico, che era l’unica cura possibile. Il cristianesimo era entrato nel mondo per risanarlo, e l’aveva risanato nell’unico modo possibile”. Qual era l’errore che San Francesco aveva sanato? Perché quel mondo aveva bisogno del cristianesimo per essere redento? Chesterton rimarcava due sostanziali errori che ancora oggi sono presenti nella nostra epoca (ed anche in questo dovrebbe porsi l’attualità del Santo): “Per brevità lo si potrebbe chiamare l’errore di venerare la natura. Lo si potrebbe chiamare altrettanto chiaramente l’errore di comportarsi secondo natura. L’altro errore è che i popoli che venerano la salute non riescono a rimanere sani”.
Qualche lettore sarà sobbalzato sulla sedia nel sentir Chesterton richiamare l’errore di comportarsi secondo natura; è ovvio che egli non alludesse affatto alla legge morale naturale, ma al pervertimento della natura causato dall’oblio della natura umana segnata dal peccato originale: “Gli uomini più saggi del mondo cominciarono secondo natura, facendo la cosa più innaturale del mondo. L’effetto immediato di venerare il sole è stata una perversione che si è diffusa come una pestilenza…ed è stato il cristianesimo a correggere quello squilibrio. Questa è una cosa che farà sorridere molti, ma è profondamente vero che la lieta novella portata dai vangeli è la cognizione del peccato originale”. Era quella che Chesterton chiamava ripetutamente la Tradizione della Caduta e nella quale San Francesco d’Assisi si inseriva prepotentemente denunciando la venerazione della natura e della salute fisica. Egli era consapevole che quando la natura era considerata madre diventava matrigna e per questo il Santo, come tutto il creato, la chiamava sorella.
Anche ai nostri giorni si dovrebbe correggere il tiro nell’interpretazione del Santo, come auspicava Chesterton, tentando invece di perfezionare la nostra filosofia cristiana per non cadere negli stessi errori: “Troviamo che il culto della natura produce inevitabilmente delle reazioni contro natura e trasforma le passioni naturali in passioni contro natura”. Solamente il dogma del peccato originale poteva impedire questa deriva naturalistica.
5 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Quale distanza dalla venerazione del creato contenuta nella lunghissima (e farraginosa) enciclica di quell’altro Francesco, che dal primo ha rubato la citazione nel titolo, e del primo continuamente travisa il messaggio! Grazie a GKC per questo lascito enorme, ammonimento per tutti i credenti futuri che vogliano veramente dirsi Cattolici (con la C maiuscola).
Un vero genio !
Straordinaria, caro Fabio, la scelta fatta stavolta
e quanto mai attuale, sia riguardo alle interpretazioni della figura di San Francesco, sia al modo di considerare la natura e in particolare la terra che in questo ultimi tempi va di pari passo con lo stravolgimento generale dell’ordine delle cose: per l”appunto, quell”ordine morale che viene sostituito da un ordine puramente materiale in cui la natura ritorna ad essere una divinità pagana da propiziarsi con il dovuto rispetto, ma con lo sguardo rigorosamente a terra e mai più verso il Cielo. Così pure come avviene per San Francesco che chiama sì ogni cosa del creato fratello e sorella, ma lo fa perché tutti usciti, secondo un preciso ordine, dalla mano di Dio; tranne però “sora morte” che pur non venendo da Dio, divenne sorella del nostro peccato. Ci vorrebbe l’ascesi di un altro San Francesco oggi, che guardando alla natura e a ogni cosa del mondo indicasse il rimando a Dio da cui tutto nasce e tutto dipende.
Aggiungo che proprio in quel sublime “de Te, Altissimo, porta significatione” sta tutta l’ascesi di san Francesco e di conseguenza la sua perfetta letizia che egli raggiunge comprendendo e penetrando l’immensa bontà e generosità di Dio.
Il salmo 18 che si legge nella messa di oggi così meravigliosamente recita:
I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
Aggiungo che proprio in quel sublime “de Te, Altissimo, porta significatione” sta tutta l’ascesi di san Francesco e di conseguenza la sua perfetta letizia che egli raggiunge comprendendo e penetrando l’immensa bontà e generosità di Dio.
Il salmo 18 che si legge nella messa di oggi così meravigliosamente recita:
I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.