L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan

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1° agosto 2017

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INTERVISTA A G. K. CHESTERTON

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di Fabio Trevisan

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Qualcuno mi ha chiesto qualche consiglio di lettura riguardo l’opera di Gilbert Keith Chesterton. Premettendo che in italiano non è stata ancora tradotta almeno la metà dei suoi scritti (più di un centinaio di volumi tra saggi, romanzi, poemi oltre a migliaia di articoli in qualità di giornalista) e sperando di fare cosa gradita, suggerisco la lettura di alcune sue significative opere attraverso un’intervista immaginaria.

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Mr. Chesterton, lei ha scritto un saggio (Ortodossia, appunto) che è in realtà un sensazionale libro di sana dottrina cattolica. Potrebbe chiarire  che cosa intende per “ortodossia”?

La parola ortodossia vuol dire il Credo degli Apostoli, nel senso in cui è inteso da chiunque si chiami cristiano. Mi scusi se sorrido, ma non posso dimenticare le mie difficoltose avventure alla caccia dell’evidenza. Sono io che ho scoperto con inaudito coraggio quel che era stato scoperto prima. Quando fantasticavo di stare in piedi da solo, mi appoggiavo, senza saperlo, a tutto il cristianesimo.

Può precisare che cos’è per lei la fede?

Vorrei chiarire come la mia fede risponda ad un duplice bisogno spirituale, il bisogno di cose familiari e di cose stravaganti, quello che il cristianesimo ha chiamato romanzo. Romanzo ha in sé il mistero e l’antico significato di Roma. Questo è il sensazionale romanzo dell’ortodossia, della sana dottrina cattolica. Non c’è niente di così pericoloso ed eccitante come l’ortodossia. Mi creda, l’ortodossia è la saggezza e l’essere saggi è più drammatico che l’esser pazzi; è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli – eretici – che corrono a precipizio. Ecco perché le dottrine, i dogmi devono essere definiti rigorosamente.

Perché, se mi consente di interromperla?

Perché l’uomo possa godere delle libertà umane. La Chiesa deve avere tutte le cure se si vuole che il mondo possa esser senza cura! Mi creda, è facile essere eretici, modernisti, magari un po’ snob. Come ho già scritto, è sempre facile lasciare che un’epoca, come la nostra, si metta alla testa di qualche cosa; difficile è conservare la propria testa e, con la propria testa, la fede.

Mr. Chesterton, nella nostra epoca dove non solo non si riconosce la regalità di Cristo, ma si calpestano le radici cristiane tradizionali fino a voler bandire il crocifisso da tutti i luoghi, mi ha fatto ricordare quel brano tratto dal serratissimo confronto tra il Professor Lucifero e il monaco Michele…

 Allude quindi alla Sfera e la Croce

Certo! A quell’apologo in cui il monaco si scontra con il professor Lucifero.

Si comincia con lo spezzare la croce e si finisce col distruggere il mondo abitabile. Si comincia a dire che nessuno deve entrare in chiesa contro la sua volontà e si finisce col dire che nessuno ha la volontà di entrarvi. La fede non è soltanto la madre di tutte le energie del mondo, ma i suoi nemici sono i padri di tutta la confusione nel mondo. I padri, i laicisti, non soltanto vogliono mettere da parte le questioni divine, ma distruggere, come i titani o i giganti, il mondo abitabile.

Lei ha scritto che il cristiano è il superstite di un naufragio, proprio come Robinson Crusoe: che cosa intendeva dire?

Robinson Crusoe è un uomo sopra un piccolo scoglio con poca roba strappata al mare: io ho sempre detto che la parte più bella del libro è la lista degli oggetti salvati dal naufragio. Ogni uomo è come fosse stato salvato da un naufragio: è sfuggito miracolosamente ad una triste sorte come quegli infanti che non vedono la luce. Un ottimo esercizio spirituale sarebbe quello di rammentare – come fa Padre Brown – che tutti gli uomini siano sfuggiti per poco, per un capello alla perdizione! Potremmo non esserci e invece ci siamo: non è meraviglioso?

Nella sua Autobiografia lei ha scritto che ciò che è meraviglioso nella fanciullezza è che in essa tutto è meraviglia e che il mondo non è semplicemente un mondo pieno di miracoli, ma un mondo miracoloso. Lei non ha mai dimenticato la sua fanciullezza?

Le confido che non ho mai tralasciato di giocare, e avrei voluto che ci fosse stato più tempo per giocare.

In un’altra opera, The Defendant (tradotta in italiano con il titolo: “Il bello del brutto”) lei ha parlato della necessità di un difensore…

Esattamente! Un difensore è particolarmente necessario nel momento in cui i terrestri disprezzano la terra, la terra dei loro padri e non ne comprendano le radici, come nella nostra vecchia Europa cristiana.

Anche Innocent Smith, il protagonista del romanzo: “Le avventure di un uomo vivo”, inseguiva lo scientista Dr. Warner cercando di riporgli sulla testa il cappello che un vento bizzarro aveva sollevato e fatto impigliare sui rami di un albero. “Ogni uomo è un re ed ogni cappello è una corona” diceva quell’uomo vivo…

Proprio così! Bisognava indurre gli uomini, persino il detestabile Dr. Warner, a comprendere la meraviglia e lo splendore di essere vivi. Il fine della vita dovrebbe essere l’apprezzamento, non lo svilimento. Non c’è senso nel non valutare le cose e nemmeno nell’averne tante, se si stimano poco. Questo nostro mondo ha uno scopo, e se c’è uno scopo c’è una persona. C’è Dio. Ho sempre inteso la vita come una storia: e se c’è una storia ci deve essere chi la racconta.

Qual è il motivo per cui vi siete unito alla Chiesa cattolica?

Soprattutto per liberarmi dai miei peccati. Non c’è nessun altro sistema religioso che dichiari veramente di liberare la gente dai peccati. La Chiesa ribadisce che il peccato confessato e pianto adeguatamente, vien di fatto abolito. Il peccatore inizia di nuovo a vivere come se non avesse mai peccato. Nel Sacramento della Penitenza Dio rifà il peccatore veramente a Sua immagine e, dopo la Confessione, l’uomo ritorna ad essere un esperimento del Creatore. Questa grazia viene fatta ad un prezzo ed è condizionata appunto dalla confessione dei peccati. In altre parole, il nome del prezzo è Verità, che può essere chiamata anche Realtà.

Anche il monaco Michele nella Sfera e la croce sembra assaporare quella gioia del confessionale ….

Il monaco sentì tutta l’intensità di quella gioia che gli orgogliosi non conoscono, perché nasce dall’umiltà. Coloro che per un miracolo sono sfuggiti alla morte, proprio come il monaco, coloro che si vedono perdonati i loro peccati; coloro che, inaspettatamente, si vedono riamati dalla persona amata: tutti costoro conoscono e sentono una simile gioia.

Mr. Chesterton, lei ha spesso attinto frasi dai Vangeli e dall’Antico Testamento, come ad esempio questo riferimento al Libro dei Proverbi: “La Sapienza grida per le vie, sulle pubbliche piazze leva la voce”. Ha voluto mettere in rilievo la dimensione pubblica della fede?

Certo! Ho sempre coltivato l’idea che la santità non si identificasse con la segretezza, anche se spesso il Santo si confonde con l’ordinarietà. Per questo motivo tutti i Santi assurgono a modelli di vita per il quotidiano: i Santi hanno testimoniato la possibilità di vivere il Vangelo giorno dopo giorno. Noi dovremmo imparare dai Santi: per me, San Francesco d’Assisi, San Tommaso d’Aquino e San Tommaso Moro sono stati estremamente preziosi e, quindi … (sorridendo) mi sono permesso di derubarli (scoppiando in una fragorosa risata).

Mi ha fatto improvvisamente ricordare il confronto tra Innocent Smith e il curato nelle Avventure di un uomo vivo, in cui fa dire loro: “Bisognerebbe rubare ai Santi e ai saggi, anziché rubacchiare le piccole cose del mondo” …

Il coraggio, talvolta fino al martirio, l’ardente carità e le nobili passioni che sono il patrimonio dei Santi dovrebbero essere rese pubbliche per poter essere messe a disposizione di tutti per il saccheggio. La funzione dei Santi, il loro modello eroico di virtù umane e cristiane, dovrebbero essere maggiormente conosciute per poter indicare come il cristianesimo possa essere effettivamente vissuto. I martiri cristiani erano ben più che dimostrazioni: fungevano da vera e propria propaganda dell’amore di Dio.

Lei ha parlato pure esplicitamente, nel San Tommaso d’Aquino, del paradosso dei Santi. Potrebbe spiegarne il significato?

Certamente il paradosso di cui faceva riferimento è una tendenza di ogni epoca a cercare di fare a meno dell’apporto salvifico dei Santi per ritrovarsi, paradossalmente, ad averne urgente bisogno.

Anche nel saggio su San Francesco d’Assisi ha rilevato quegli aspetti paradossali del poverello. Potrebbe illustrarli?

San Francesco ha manifestato degli atteggiamenti che avrebbero potuto apparire oscuri e incomprensibili per il loro ironico contrasto. Ho cercato di far vedere queste apparenti contraddizioni del Santo: “Perché Messer Sole si nascondeva sovente in un’oscura spelonca? Perché il Santo, così cortese con Frate Lupo, fu tanto severo con Frate Asino (così chiamava il suo corpo)? Perché il trovatore che diceva l’amore fiamma del suo cuore, si tenne lontano dalle donne? Perché il cantore, che gioiva della vitalità del fuoco, si rotolava deliberatamente nella neve?”. Questo è il paradosso umoristico dei Santi, che sfugge al mondo moderno.

Mr. Chesterton, cosa potremmo fare per difendere la famiglia e proteggere la vita? Lei ne ha parlato nei saggi: “La superstizione del divorzio” e “Eugenetica e altri mali”. In un’epoca, come la nostra, contrassegnata appunto dall’aborto, dal divorzio, dalla confusione sull’identità di genere, dalle convivenze e dalle unioni di fatto, che cos’è il matrimonio?

Non posso che ripetere quanto ho già scritto in difesa dell’indissolubilità del matrimonio: “E’ la nebulosa vecchia idea dello scapolo, l’idea che l’unità del matrimonio, l’essere una sola carne, abbia qualcosa a che vedere con l’essere completamente felici, o essere completamente buoni, o anche completamente e continuamente innamorati! Ve lo dico io: un uomo di sani principi è parte di sua moglie anche quando non vorrebbe esserlo. Ve lo dico io: una donna di sani principi è parte di suo marito anche quando vorrebbe vederlo in fondo al mare. Ve lo dico io: siano i coniugi in armonia oppure in collera, felici o infelici, la Cosa continua a marciare”.

 La Cosa?

Certo, la grande Cosa a quattro zampe, il quadrupede della casa, la famiglia! I coniugi sono una società, sono una sola carne! Nulla c’è di più grande di questo vincolo sacro ed a nulla valgono quelle unioni che lo indeboliscono.

C’è poi il problema dell’educazione, come lei ne ha parlato in “Ciò che non va nel mondo”.

L’educazione è tradizione ed è una parola come “trasmissione” o “ereditarietà”. Con essa si intende la trasmissione di certe idee ai nuovi nati. Può trattarsi anche di cose banali, ma se tuttavia sono tramandate da una generazione all’altra si chiamano educazione. Un insegnante si deve porre in continuità con il ruolo fondamentale educativo dei genitori e ciò che li accomuna è il condiviso concetto di autorità.

Non ci si può quindi sbarazzare dell’autorità nel campo educativo e formativo.

L’educatore deve trovare un credo e insegnarlo. In poche parole, deve essere ortodosso, dogmatico. Vi sono delle persone che vorrebbero separare i dogmi dall’educazione, ma i dogmi sono l’unica cosa che non può essere disgiunta dall’educazione.

Perché?

Perché i dogmi sono l’educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna.

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