1° febbraio 2018
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UN UOMO VIVO
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di Fabio Trevisan
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“Gilbert Keith Chesterton è stato un dono fatto alla cattolicità ( e all’umanità intera ) direttamente da Dio”.
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Con questa frase l’allora arcivescovo di Bologna – il cardinale Giacomo Biffi – introdusse il libro Perché sono cattolico del grande scrittore inglese convertitosi dall’anglicanesimo al cattolicesimo.
In Chesterton paradosso ed adesione alla verità del senso comune, allegoria e ortodossia sono nodi inscindibili, legati da una mutua verità.
Nell’introduzione ad uno dei suoi capolavori, Ortodossia, del 1908, egli scrisse: “Confesso qui liberamente tutte le stupide velleità della fine del secolo XIX. Come tutti i ragazzi che si rispettano, ho voluto essere in anticipo sulla mia età. Come loro, ho voluto essere qualche decina di minuti in anticipo sulla verità. La conclusione è stata che mi sono trovato in ritardo di diciotto secoli. […] Sono io che ho scoperto con inaudito coraggio quel che era stato scoperto prima. […] Quando faticavo di stare in piedi da solo, mi trovavo in questa ridicola posizione: che mi appoggiavo, senza saperlo, a tutto il Cristianesimo. Ho tentato di fondare una eresia; e quando stavo per darle gli ultimi tocchi, ho capito che non era altro che l’ortodossia”.
Difesa dell’ortodossia, quindi, quale “buona battaglia” da spendere nella vita e uso del paradosso rivolto a risvegliare le menti, a provocare sorprese per ammaestrare, per indurre gli uomini a vedere ciò che non avevano visto prima. Come ebbe ben compreso il suo amico scrittore cattolico Hilaire Belloc (1870-1953): “Le tesi di Chesterton erano illuminate dal confronto fra una verità ignota e una già nota; erano quindi manifestate per mezzo di una contrapposizione inaspettata”.
Il parallelismo fra conosciuto e sconosciuto è rappresentato icasticamente da Chesterton, oltre che nei personaggi, anche in emblemi-simbolo contrapposti, come per esempio la sfera e la croce, l’albero e il lampione, il diamante e il vetro.
La sfera è il simbolo della ragione e della pazzia, mentre la “follia” della croce è quella del mistero e della salute. La croce,infatti, ha nel proprio centro una collisione e una contraddizione, una coincidenza di opposti (orizzontalità e verticalità, umanità e soprannaturalità). Inoltre la croce può stendere le sue quattro estremità all’infinito senza alterare la sua forma e aprire le sue braccia ai quattro venti quale segnale indicatore per pellegrini in libertà. La sfera, al contrario, ritorna su se stessa ed è chiusa.
Era la parabola conclusiva dei razionalisti, degli scettici, come la definì lo stesso Chesterton: “Cominciate con lo spezzare la croce; ma finite col distruggere il mondo abitabile. Dite che nessuno deve entrare nella Chiesa contro la sua volontà e un minuto dopo dite che nessuno ha volontà di entrarvi”.
Nel breve saggio su San Tommaso Moro, Chesterton paragonò “L’intelligenza di Thomas More a un diamante che un tiranno gettò nel fossato poiché non riusciva a spezzarlo”. La chiarezza cristallina del diamante e la sua preziosità viene collegata alla tenace volontà del santo quale esatto opposto di“un vetro offuscato e fragile contenente solo sogni e miraggi opalescenti”.
Autore di saggi sui santi, Chesterton ha dedicato a San Francesco d’Assisi una deliziosa biografia nella quale stupisce per le similitudini che evoca: “La differenza fra Cristo e S.Francesco fu la differenza fra il creatore e la creatura; e di certo nessuna creatura fu mai consapevole di quel colossale contrasto quanto S.Francesco. […] S.Francesco è uno splendido e misericordioso Specchio di Cristo. Ora, in verità, mentre è apparso naturale spiegare S.Francesco alla luce di Cristo, nessuno ha mai pensato di spiegare Cristo alla luce di S.Francesco. S.Francesco è lo specchio di Cristo quasi come la luna è lo specchio del sole. La luna è ben più piccola del sole, ma è anche molto più vicina a noi; ed essendo meno splendente è anche più visibile”.
Un personaggio-testimone, di nome e di fatto, dell’ortodossia e del paradosso chestertoniano è stato Innocent Smith nell’ Uomo vivo.
Smith – cognome tipico del mondo anglosassone – rappresenta l’uomo comune. Innocent simboleggia la condizione dell’innocenza quale sola vera e gloriosa avventura sulla terra. Innocent Smith viene trasportato allegoricamente nel racconto da un vento impetuoso: “Egli potrà essere veramente felice, perché innocente e ilare come un bambino, perché buono e fedele ai Comandamenti, perché davvero uomo e davvero vivo”.
2 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Mi colpisce molto questa frase: “La luna è ben più piccola del sole, ma è anche molto più vicina a noi; ed essendo meno splendente è anche più visibile”. Non abbiamo bisogno di manifestazioni strabilianti per comprendere la verità del cristianesimo, né tanto meno possedere una intelligenza superiore, altrimenti Cristo sarebbe stato solo per privilegiati; ma abbiamo bisogno di un un cuore puro come quello di un bambino e di uno sguardo limpido su ciò che ci circonda per sollevarci verso vette sublimi, altrimenti inaccessibili. Una condizione che dona beatitudine già qui sulla terra.
‘Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”…
Non solo nel regno dei Cieli.
Conosco, leggo e amo Chesterton del 1956. Credo di aver letto tutto ciò che di Chesterton è stato tradotto in italiano. Mi restano tuttavia ostiche due posizioni di Chesterton. La prima è il suo apprezzamento per la rivoluzione francese. La seconda è la sua proposta economico-politica del “distribuzionismo”: bella, ma già inattuabile ai suoi giorni, davanti al travolgente avanzare di una economia purtroppo ben diversa, percepipbili quindi non come proposta operativa ma come speranza o nostalgia. Potreste dirmi qualcosa in proposito ?
Marco Zanini