di Marcello Foa
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I Panama Papers di clamore ne hanno suscitato. Indignazione, anche, com’è inevitabile quando vengono rivelati i conti milionari di centinaia di personalità di caratura mondiale. Ma siamo sicuri che si tratti di giornalismo? La risposta non è affatto scontata. Certo, sarebbe molto facile e comodo unirsi al coro di indignazione e di condanna per le rivelazioni. La stampa internazionale tende ad essere conformista e se un pool di prestigiose testate pubblica i risultati di quella che viene presentata come una straordinaria inchiesta giornalistica la “verità” trasmessa al mondo diventa univoca e incontestabile.
I dubbi, in realtà, sono doverosi: ciò a cui assistiamo in queste ore non ha per nulla le stigmate del giornalismo di inchiesta, semmai di qualcos’altro ben più ambiguo e poco onorevole. Di certo rappresenta il bis di un altro scandalo esplodo esattamente tre anni fa. Ricordate? Nell’aprile del 2013 l’International Consortium of Investigative Journalism – lo stesso che oggi propizia i Panama Papers – diffuse i nomi di 130’000 conti nei paradisi fiscali e delle fiduciarie di tutto il mondo che avevano aiutato i loro prestigiosi clienti ad aprirli; uno scandalo che lambì anche la Svizzera e naturalmente anche il Ticino con la diffusione dei nomi di alcuni studi. Lo schema mediatico di allora è identico a quello che emerge ora: una fonte passa al Consorzio di giornalismo una quantità enorme di documenti segreti, talmente colossale da indurlo a coinvolgere un certo numero di testate giornalistiche nella lettura e nella selezione di migliaia di documenti, la cui autenticità, però, è assicurata. Da chi? Ma dalla fonte stessa, che però non viene rivelata alle testate. Garantisce il direttore dell’International Consortium of Investigative Journalism.
E questo è il punto: giornalismo di inchiesta presuppone un lavoro faticoso, duro, talvolta rischioso, in cui i giornalisti seguono una prima traccia, trovano riscontri, cercano più testimoni incrociando le prove. E’ un esercizio ben diverso sia dall’Offshore leaks che dai Panama Papers, in cui ai giornalisti è stato semplicemente chiesto di setacciare montagne di carte, senza indagare, senza approfondire, senza incrociare, svolgendo una mansione più che da reporter da reporter investigativo, da speleologo dell’informazione.
Pochi commentatori, sia allora sia oggi, si sono posti la domanda fondamentale: com’è possibile che una sola fonte abbia potuto avere accesso a segreti custoditi gelosamente da studi professionali iperprotetti, trafugando dossier di dimensioni tali da non poter essere sottratti da un solo impiegato infedele? Parliamo di 11 milioni di documenti, che riguardano 200mila società in un arco di tempo lunghissimo, 40 anni! Chi e per quale ragione ha potuto compiere un’operazione così ampia, così sofisticata e così strumentale nei bersagli finali?
Non abbiamo una risposta certa ma sappiamo che le guerre moderne si combattono non solo con la forza militare, bensì anche – e talvolta soprattutto – con strumenti asimmetrici come la pirateria informatica, dunque con il trafugamento di informazioni sensibili. E avendo letto attentamente e con angoscia le rivelazioni di Edward Snowden, l’ex analista dei servizi segreti americani, non ci stupiamo più di nulla. Nessun archivio è davvero al sicuro, nulla di quanto scriviamo su un computer è davvero soltanto nostro. C’è chi ha accesso alla vita digitale di ogni uomo e di ogni società, in qualunque parte del mondo e può disporne a piacimento. Anche a Panama, un tranquillo lunedì di aprile, usando i media come straordinario, compiacente e compiaciuto detonatore.
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5 commenti su “L’altra verità sui Panama Papers. E non fa onore alla stampa – di Marcello Foa”
Ho letto l’articolo con attenzione, manon ho proprio capito dovr vuole arrivare, quali sono le conclusioni. Che non è vero niennte?
E una manovra per rendere la gente schiava delle Banche, concedere agli stati poteri esecutivi, ripetere di continuo fino alla nausea la parola “GLOBALE”, Sion vuole far capire a Putin e la Russia, che, anche se contraria alla globalizzazione, c’è chi agisce a suo nome come “prestanome”. Fossero veri! La Russia allora ha impedito Israele e gli USA di far precipitare il mondo nel caos finanziario, perchè, non ci sono nomi nordamericani, si vuole colpire solo l’oligarchia russa del riscatto di Cipro, si perseguitano alcuni per lasciare impuniti gli altri, si fugano notizie per proteggere l’1% dei multimilionari petroliferi occultando , da parte del bufet di avvocati panamensi, la ricchezza, per poi diffondere risultati di inchieste fatte solo da…
Perfetto Silvia, sono d’accordo anch’io sui fini ultimi di questo enorme, pilotato leak. Il succo che ho potuto verificare in siti “non ufficiali” è:
– Obbiettivo primario sono i Paesi emergenti (BRICS, Islanda, Argentina) o non allineati all’America, nelle persone dei loro Capi di Stato e di governo.
– Obbiettivo indiretto sono i Presidenti di Russia e Cina, non nominati direttamente, ma col coinvolgimento di loro fiduciari.
– USA, Germania e Israele, rispettivamente potere mondiale, potere europeo e “grandi vecchi” che hanno voluto e governano la globalizzazione, ne escono completamente puliti (naturalmente).
– Dietro a tutto c’è un’agenzia informativa legata all’ebreo finanziere Soros, una delle menti responsabili dell’attuale crisi sociale ed economica.
– L’agenzia panamense si chiama Mossack Fonseca. I servizi segreti israeliani, Mossad. Detto tutto.
Stanno accadendo cose ben al di là della comprensione di noi semplici cittadini. E’ diventato difficile, per non dire sconsigliabile, credere a quanto ci raccontano giornali, tv e in genere tutti i quanti i media tradizionali che, in un modo o nell’altro, sono collegati alla centrale unica del pensiero unico. Difficile non cogliere il dispiegarsi di un’offensiva mediatica di potere, volta a divulgare informazioni che, sempre più’ spesso, sono autentici depistaggi. Dai fatti di Ukraina a quelli di Siria, Libya, Pakistan e Yemen (di cui nessuno parla), passando per Francia e Belgio (quest’ultimo con i suoi lati oscuri e ambigui) ed ora con i Panama Papers (con il sapore di bufala che traspare da ogni parte) e senza dimenticare le enormi masse di emigranti verso un’Europa sotto ricatto, occorre grande sforzo per non credere che sia già in atto una guerra di servizi segreti per il controllo mondiale. Al momento il bersaglio sembra coincidere con l’accerchiamento della Russia di Putin.
Signora Maria Elena, cosa c’entra Israele?