L’alternanza scuola-lavoro è una delle trovate più efficaci in seno al piano di demolizione della scuola italiana e quindi dei suoi scolari. Serve a coattivamente sottrarre tempo ed energie allo studio e alla elaborazione critica, alla lettura, allo sport, alla vacanza, all’ozio (che sa essere anch’esso fecondo), magari pure al lavoro (quello vero, nel senso di libero e remunerato), in sostanza a tutto ciò che impegni uno scolaro in una fase decisiva della sua formazione culturale e umana. È un tempo che, per chi desideri sfruttarlo per raccogliere vivande e alimentare il suo futuro, non torna più.
Vero è che tutto si può recuperare, anche più avanti, ma quel terreno, con quelle caratteristiche, appartiene a una stagione determinata e a una determinata, potente, età della vita. Sicché l’obbligo di spenderlo, quel tempo, da un lato ad ascoltare le lezioncine degradanti sulle pratiche previdenziali o sui protocolli di sicurezza (al posto delle lezioni sulle materie che contano, che educano, che restano), dall’altro a prestare servizio gratuito di manovalanza presso qualche datore di lavoro che, più o meno mal disposto, ti prenda a bottega, ha – già solo per il fatto di essere un obbligo – un senso intrinsecamente bacato. Che svela la ratio dell’invenzione, del tutto coerente con i lavori di smantellamento, della scuola e dei cervelli, in corso di accelerata esecuzione.
Bene. Ora a questa invenzione è stato cambiato il nome, com’è d’uso quando ci si rende conto che quello dato alla nascita sull’onda dell’entusiasmo magari non era troppo azzeccato. Oggi la fu-alternanza si chiama “Percorso per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”, per gli amici PCTO. È stato tolto quel riferimento al lavoro, che non ci stava tanto bene perché poteva magari evocare la dimensione vagamente scorretta dello sfruttamento minorile; specie piazzato lì, a contendersi lo spazio con la scuola, che dovrebbe essere un diritto fondamentale per le giovani generazioni. E poi c’è da dire che la sigla (nel senso di acronimo) ha sempre il suo fascino fonetico e burocratico, si porta bene in tutti gli ambienti. Insomma, nella sua enigmatica brevità, ha classe.
Ma, oltre al ribattezzo per motivi d’immagine, a quella creatura capace di regalare così tante soddisfazioni è stato conferito un ulteriore importante riconoscimento: le è stata assegnata una parte, decisiva, nientemeno che all’esame di maturità, sì, quello stesso in cui è stata di fatto eliminata la prova scritta di italiano. Cioè, una bella fetta della prova di maturità deve essere dedicata, per legge, a ripercorrere il “percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento”. Così forse, avranno pensato, percorrendo e ripercorrendo il percorso uno impara la strada, e in ogni caso vale sempre il vecchio motto repetita iuvant.
E poi, in effetti, vien da chiedersi: come può la maturità di un liceale non misurarsi sul “percorso delle competenze trasversali e per l’orientamento”? Come è mai potuto accadere che, fino a ieri, a nessuno fosse venuto in mente di valutare la maturità di uno studente facendosi raccontare, in lingua originale, meglio se tramite slides o emoticon, la propria esperienza di manovalanza fuori dalle mura scolastiche, tipo, chessò, come si fanno delle fotocopie o come si scarica del materiale, col computer o con la carriola? Quale modo migliore per comprendere l’attitudine speculativa, il livello di apprendimento, il senso critico, le capacità di collegamento, l’abilità dialettica, eccetera eccetera, a coronamento di cinque anni di liceo? Uno come Gentile, per esempio, non ci era mica arrivato, ma incredibilmente nemmeno la Gelmini: ci voleva proprio uno bravo bravo.
Ma talmente tante sono le sue potenzialità, che la carriera trionfale del PCTO non è finita nemmeno con la promozione a materia d’esame. I geni di stanza permanente al ministero dell’istruzione (MIUR per gli amici) hanno pensato infatti che, ad avere tra le mani un simile portento, valeva la pena di spremerlo fino in fondo. Ed ecco, allora, che hanno trovato il modo di implementare, anche attraverso quello straordinario canale, lo sforzo corale e concentrico profuso universalmente per la campagna promozionale del vaccino presso i più giovani, laddove magari poteva persistere qualche sacca di sovversione a causa del famoso rapporto rischi-benefici, non proprio favorevole.
Sono riusciti, così, i geni ministeriali, a ulteriormente valorizzare l’eclettico strumento del PCTO, stavolta a scopi umanitari. Con un vero colpo d’ala: facendo entrare dalla finestra quello che, per la regola aurea della digestione graduale o delle piccole dosi o della rana bollita, per il momento era stato lasciato fuori dalla porta. Gli studenti pre-universitari sono stati esentati in blocco dall’obbligo di possesso ed esibizione della certificazione verde, ovvero è previsto che la scuola si possa frequentare anche senza la tessera, per far finta di rispettare il dettato costituzionale (diritto allo studio, principio di non discriminazione, ecc.)? Ecco. Mentre con una mano si elargisce questa concessione, con l’altra la si svuota. E quindi: siccome gli studenti del triennio delle superiori devono svolgere il PTCO, che è requisito essenziale per l’esame di stato e per la conquista del diploma finale, e siccome l’accesso nei luoghi di lavoro richiede la certificazione verde senza eccezioni, ergo, gli studenti su cui pure, a parole, non grava l’obbligo, nei fatti devono munirsi del passaporto verde. Il che significa: o sottoporsi a un tampone, a pagamento, ogni quarantotto ore; oppure vaccinarsi. Che alla fine sarà: oppure vaccinarsi.
Come artificio e raggiro non è male. L’aggravante, che lo rende ancor più pornografico, è lo strumento attraverso il quale esso viene tecnicamente realizzato: una FAQ, fonte del diritto di chiara fama nella storia del diritto costituzionale italiano e con un posto di riguardo nella mens dei padri costituenti. Per i giuridicamente ignoranti, FAQ – nella lingua attualmente in vigore nella ex culla del diritto – sta per Frequently Asked Questions, una sorta di “il ministero risponde”, o “la posta del cuore di Patrizio”. Cioè, rendiamoci conto: con una letterina di risposta a una domanda di circostanza, redatta dall’usciere ministeriale in nome e per conto del titolare del dicastero, lo Stato, ormai calato definitivamente nella pelle del leviatano redivivo, fa strame delle libertà fondamentali e dei diritti costituzionali. Di soggetti minori di età. Dei nostri figli.
La furfanteria al potere. Cos’altro, sennò?
2 commenti su “L’alternanza scuola-lavoro nella strategia del potere vaccinista”
Tempi anticristici, Elisabetta!
Bruno PD
Oltre al PCTO ricordiamo l’educazione civica interdisciplinare. Anche un docente di greco o di matematica deve inventarsi un argomento che riguardi la Costituzione, lo sviluppo sostenibile (la famigerata Agenda 2030) o la cittadinanza digitale. In un corso di formazione per gli insegnanti appena immessi in ruolo è stato detto che devono scardinare dall’interno la didattica disciplinare per insegnare agli alunni le competenze trasversali attraverso i compiti di realtà (per esempio un’insegnante di matematica entra in classe chiedendo ai ragazzi di aiutarla a scegliere una nuova macchina). Posso testimoniare che i docenti sono stritolati da questo sistema che li ha ridotti a burocrati che devono certificare le competenze, le esperienze fatte nel PCTO e nell’educazione civica (che spesso gravita intorno agli stereotipi di genere).