di Cristiano Lugli
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È molto diffusa la convinzione che l’albero di Natale sia un simbolo pagano, che ben si adatterebbe quindi al moderno “spirito del Natale”.
Non è così. L’albero, in moltissime civiltà, è un simbolo ricco di vari significati da millenni e quindi non è del tutto errato dire che si pone nelle proprie case una rappresentazione con derivazioni pagane, ma questo ragionamento allora varrebbe per buona parte dei simboli che compongono la cristianità, dal momento che è stata proprio quest’ultima, con il sigillo della Verità portato da Cristo, a riassumere nova et vetera dando nuovo valore alle vecchie e decadute tradizioni. La ricchezza della Santa Romana Chiesa ha convogliato all’interno dei simboli e della liturgia gran parte di ciò che era rimasto nella Roma pagana.
Joseph Ratzinger ne parlò nel 1978:
«Quasi tutte le usanze prenatalizie hanno la loro radice in parole della Sacra Scrittura. Il popolo dei credenti ha, per così dire, tradotto la Scrittura in qualcosa di visibile… Gli alberi adorni del tempo di Natale non sono altro che il tentativo di tradurre in atto queste parole: il Signore è presente, così sapevano e credevano i nostri antenati; perciò gli alberi gli devono andare incontro, inchinarsi davanti a lui, diventare una lode per il loro Signore».
Non è tuttavia questa la sede per trattare un argomento così complesso, nonostante l’indubbio fascino, poiché la riflessione vorrebbe fermarsi solo sull’oggetto dell’albero, il quale – in particolare l’abete usato per Natale – non può che richiamare all’immortalità del “sempreverde”, che con le sue forti radici fissate al suolo collega la terra al Cielo e viceversa.
La tradizione vuole che nella notte in cui nacque Nostro Signore tutte le piante fiorirono nonostante il gelo che avvolgeva il creato; da qui abbiamo il primo collegamento degli alberi con la Santa Notte.
Nel basso Medioevo sorse poi un’altra usanza natalizia: si allestiva un albero davanti al portale delle cattedrali, raffigurante la storia del peccato originale nel paradiso terrestre: è infatti a seguito della felix culpa dei progenitori Adamo ed Eva che viene inviato il Redentore dell’umanità, perciò risulta comprensibile che nei sagrati o nelle cattedrali venisse eretto un albero in rappresentanza dell’ albero del Paradiso, con tanto di mele appese. L’albero diventava così un simbolo dell’espiazione del peccato dell’uomo, possibile con l’ingresso di Cristo nel mondo. A testimonianza di questo esiste una miniatura (vedi la prima immagine in calce), originaria di Salisburgo e datata 1489, che rappresenta un albero, la cui chioma è folta di mele e ostie, che ha appeso sulla sinistra un crocifisso e sulla destra un teschio; sotto il primo Maria coglie le ostie, mentre dall’altra parte Eva distribuisce le mele.
E ancora ad accomunare la figura di Cristo con l’albero vi è il fatto che sarà proprio un “albero” a diventare il simbolo della Passione, rammentando che come Adamo rapportandosi con il legno dell’albero ci condanna, Cristo per mezzo di un legno ci salva, riscattandoci dalla colpa di origine. Nel Medioevo si riteneva che fra l’abete natalizio e il crocifisso potesse esservi un certo grado di comunanza simbolica.
Una tradizione germanica molto antica lega invece l’albero di Natale a San Bonifacio, il Santo nato in Inghilterra intorno al 680, evangelizzatore proprio delle popolazioni germaniche. Si narra che Bonifacio affrontò i pagani riuniti presso la cosiddetta “Sacra Quercia del Tuono di Geismar” per adorare il dio pagano Thor. Il Santo Vescovo, con un gruppo di discepoli, arrivò nella radura dov’era la “Sacra Quercia” e, mentre si stava per compiere un rito sacrificale umano, gridò: «Questa è la vostra Quercia del Tuono e questa è la Croce di Cristo che spezzerà il martello del falso dio Thor». Presa una scure (vedi la seconda immagine in calce) cominciò a colpire l’albero “sacro”. Fu in quel preciso istante che un forte vento si levò all’improvviso facendo cadere l’albero, che cadde e si spezzò in quattro parti, così da far scorgere, dietro l’imponente sua circonferenza, un giovane abete verde.
San Bonifacio si rivolse allora nuovamente ai pagani dicendo:
«Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà il vostro sacro albero questa notte. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo bambino; riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà».
Bonifacio riuscì ad ottenere la conversione di quei pagani, compreso il capo del villaggio che subito mise un abete nella sua casa, ponendo sopra ai rami di esso delle candele accese a rappresentare il Lumen Christi.
Ma oltre a questo sappiamo anche che nella Sacra Scrittura è sviluppata una ricchissima simbologia dell’albero, prefigurazione di Cristo, a partire dal secondo capitolo della Genesi in cui è menzionato il riferimento ai due alberi presenti nell’Eden: l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male (simbolo della tentazione dell’uomo di sostituirsi a Dio, ricercando in sé stesso, invece che nella legge di Dio, il fondamento di ciò che è Bene e di ciò che è Male) e l’Albero della Vita (simbolo della possibilità di Vita immortale che Dio offre all’uomo disposto a compiere la Sua volontà), cui l’albero di Natale più verosimilmente si richiama.
Passando ai vari Libri dei Profeti, L’ “albero” viene esplicitamente indicato come il Messia che ha da venire, il Salvatore prossimo a liberare il popolo di Israele.
Nel Libro di Isaia, ad esempio, è presente quel passo in cui il germoglio che sgorga dal tronco di Iesse rappresenta Gesù Cristo: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici”.
In Osea 14,6, il riferimento all’albero è palese: “Israele fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano”, confermando ciò che poco più avanti Dio stesso definisce di Se stesso, definendosi come il “sempreverde”:
“(…) Io sono come un cipresso sempre verde; grazie a me tu porti frutto” (Os. 14,9).
Il Giusto per eccellenza viene indicato dall’Antico Testamento come un forte arbusto, secondo quanto detto nel Libro dei Proverbi (11, 30): “Il frutto del giusto è un albero di vita”, o altresì come Sapienza di Dio che sorregge il Giusto: “E’ un albero di vita per chi ad essa [la Sapienza ndr] si attiene”.
Chi pensasse che i riferimenti simbolici circa l’albero assimilato a Cristo scompaiano nel Nuovo Testamento sbaglierebbe, giacché è proprio con la Nascita e venuta di Cristo che l’accostamento con la Croce diviene maggiormente evidente, specie con San Giovanni Evangelista, nel libro dell’Apocalisse, il quale alludendo al costato trafitto di Cristo, da cui sgorgò “sangue e acqua” (Gv 19, 34), descrive questa visione: “In mezzo alla piazza della città [santa] e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (Ap 22, 2). L’Albero della Vita è allegoria della Croce, e le sue foglie diventano simbolo dell’universalità della Salvezza, recata da Cristo a tutti i popoli con la Sua perpetua e divina immolazione sul legno dell’ignominia.
Anche nei Vangeli è attribuito all’albero un ruolo importante, seppur forse meno evidente; tuttavia se ci si ferma a riflettere sulla parabola del granello di Senapa, nel Vangelo di San Matteo, si scorgerà come la più piccola parte di questo albero è paragonata al Regno dei Cieli: “Il regno dei cieli si può paragonare ad un granellino di senape, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo si annidano tra i suoi rami”.
Riassumendo e concludendo possiamo dire che non si può definire questo ornamento natalizio come qualcosa di prettamente pagano, o rifacentesi a tradizione estranee al Cristianesimo. È piuttosto vero il contrario, ossia che, come in tutto ciò che viene prima di Cristo, se si vuole comprendere il vero significato che anche le antiche tradizioni tentavano di dare tramite il linguaggio simbolico, il simbolo va guardato alla luce della venuta del Messia. Egli, “Asse del mondo”, viene rappresentato tramite l’albero di Natale in forza della verticalità di quest’ultimo, tramite lo slancio che presuppone la linea verticale della Croce, quella che, elevandosi da terra fino al Cielo, “purifica anche l’aria” come insegna San Tommaso.
Gli addobbi dell’albero – in origine frutti – sono appunto la messe che scaturisce dalla maestà di Cristo, da cui sgorgano i Beni celesti, gli attributi divini e le virtù di santità.
Oltre al Santo Presepe possiamo allora allestire sereni il nostro albero di Natale, certi che anche in esso si cela un significato ben più profondo di quanto la società paganeggiante possa credere.
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La miniatura di Salisburgo (1489)
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San Bonifacio abbatte la “Quercia del tuono”
2 commenti su “L’albero di Natale: un simbolo cristiano – di Cristiano Lugli”
Grazie a Cristiano Lugli di questa sintetica ma esauriente analisi, molto interessante anche per alcuni contributi che ignoravo. Mentre leggevo questo articolo la mente andava, non so perché, alle raffigurazioni delle Exterstein, nella foresta di Teutoburgo, in Germania. Luogo in cui Arminio inflisse una spietata sconfitta alle legioni di Roma, dove vigeva il culto dell’albero sacro e dell’Irminsul e dove Carlo Magno piegherà definitivamente i Sassoni ancora pagani. Quello che non riuscì mai a fare la Roma pagana riuscì alla Roma cristiana. Neanche il neopaganesimo nazionalsocialista riuscì a raddrizzare l’Irminsul, l’albero sacro dei pagani, piegato da Cristo Gesù.
Suggerisco anche http://vigiliaealexandrinae.blogspot.it/2016/12/poiche-dio-non-fara-perche-non-dovra-e.html
Buon Natale